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Notizie brevi 03/08/2004

Storie di centauri raccontate da un collega in divisa Sarà il vento sulla faccia, sarà il rumore o il gusto di una piega… Il fascino della moto, le regole, le trasgressioni, gli incidenti.

 

Storie di centauri raccontate da un collega in divisa
Sarà il vento sulla faccia, sarà il rumore o il gusto di una piega…
Il fascino della moto, le regole, le trasgressioni, gli incidenti.

La lunga serie di incidenti che ci vede coinvolti deve pur insegnarci qualcosa. Noi uomini, sulla moto, ci facciamo sempre più male. Ci ammazziamo scontrandoci con auto, altre moto, alberi, pali o guardrail. Ci fermiamo, guardiamo il sangue sull’asfalto, il giorno dopo un fiore, poi un finto oblio. Ma non dimenticheremo mai quel punto esatto, un ciuffo d’erba insanguinato, un’incisione sull’asfalto o il faro ancora acceso del cavallo d’acciaio, che si spegne piano, che muore con la batteria di una moto insieme al suo padrone. Ci arrabbiamo con la provincia, per le solite lame di guardrail messe come capita, con il comune per una curva non segnalata e tutte le buche scavate dai camion in sovraccarico, dove l’avantreno della moto sbatte anche a 50 all’ora e ti attira verso il basso. Ci arrabbiamo per l’automobilista della domenica che andava piano, troppo piano, e che dopo la curva ci troviamo davanti. Troppo tardi, e tamponiamo. Domenica mattina, dopo tanto tempo, siamo tornati in pattuglia sui passi appenninici. Giornata torrida, ma alle dieci i tornanti della Futa sono già pieni. Qualche ragazzino si è appostato nei dintorni de "Il Sergente", per vedere agognati CBR o R1 piegare ginocchio in terra, frastuonare con i poderosi scarichi che vomitano fumi e rumori nel silenzio delle faggete nella prima domenica d’agosto. Ci mettiamo con le nostre BMW sotto una quercia a Montecarelli, dove il tornante è davvero invitante. Il primo ci guarda stupiti. Arriva basso che quasi non ci vede. È giallo, come Biaggi. La sua Ducati spazzola la curva e quando mettiamo la paletta è troppo tardi. È andato oltre di almeno cinquanta metri quando giro la testa per prendere la targa. Ma non si legge è troppo alta. Non capisco nemmeno se è del tipo nuovo. Sembra più una tettoia. Dopo lui passano tutti piano, a differenza delle parole, così tutti sanno che ci siamo o dove. Immagino le risate, il giorno dopo, quando gli sarà passata la strizza di essere beccato. Sfotterà quei due "puffi", con il casco in testa collegato alla moto per via del filo interfonico, con quelle belle BMW da turista messe sul cavalletto centrale. E racconterà anche di quegli autovelox che hanno scattato il diaframma invano verso di lui che fugge da tutto e da tutti, su quelle salite. Un ragazzo di Prato, qualche mese fa, aveva preso l’abitudine di andarsi a sfogare sulle curve delle Croci di Calenzano, fino al Cornocchio. Ogni tardo pomeriggio lo sentivo arrivare con quegli scarichi Harrows marchiati Superbikes. Avevo anche notato gomme pistaiole, lucide e calde. Da lì ne passano tanti, ma lui mi era rimasto impresso, perché aveva un bel giubbotto tecnico che stonava con la tuta da operaio che portava sotto e con le scarpe antinfortunistiche, che impacciate scandivano il tempo dell’arrabbiato bicilindrico scalciando la leva del cambio e quella del freno, incappando ogni tanto in qualche sonora e non voluta sfollata, metallica come il suono della frizione a secco. Quel ragazzo, un giorno, non è tornato più giù. Ha lasciato di sé uno sbiadito ricordo con il frastuono del motore nella vallata che si è spento all’improvviso, una scarpa antinfortunistica scalzata sull’asfalto e una foto all’autovelox di Pontenuovo, rimasta chissà quanto sul tavolo della vigilessa che aveva il compito di istruire il verbale di contestazione e che aveva invece redatto i rilievi e chiesto al Procuratore il permesso di rimuoverne la salma. Che saranno queste? Storie di pattuglia, riflessioni di uno stradalino con la fissa della moto o l’opinione di un ragazzo di trent’anni poco più che non riesce a scendere dalla sella, nonostante le decine di chiodi rimediati quasi sempre (chi è senza peccato scagli la prima pietra) per colpe altrui? Fate un po’ voi. Ma c’è poco da ridere.

L.B.

Martedì, 03 Agosto 2004
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