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Articoli 18/01/2019

di Siegfried Stohr*
A proposito di E45
Il ricordo di quella mattina all’alba sulla superstrada più martoriata d’Italia in uno scenario di guerra

Il mese scorso, alle sei del mattino, correvo in auto verso Roma sulla strada ancora buia mentre iniziava ad albeggiare. Andavo un po’ più piano del solito perché ero in anticipo, perché il termometro segnava -6° e perché sulla E 45 ci sono i controlli con l’autovelox.
Ma correvo comunque.
Improvvisamente in un curvone a sinistra prima di Perugia, mentre mi accingo a superare un camion costeggiando il jersey e ho quindi la visuale coperta, vedo i suoi stop accendersi: non faccio nemmeno tempo a chiedermi perché che mi trovo davanti un’auto nera, di traverso, distrutta, nel buio e senza fanali. Freno disperatamente e sento vibrare il pedale per il gran lavoro dell’ABS, poi la evito sulla destra e proseguo ancora per cento metri prima di fermarmi: infatti in queste situazioni ho sempre il terrore di scendere e essere investito da altri veicoli.

Posteggio, accendo le quattro frecce, scendo di corsa prendendo con affanno il giubbino catarifrangente e mentre cammino sento delle urla di donna. Allora mi metto a correre nel buio verso le grida preparandomi mentalmente a uno spettacolo di sangue. Mentre corro cerco di indossare il giubbino catarifrangente per farmi vedere, ma mi accorgo che il giubbino ha un altro involucro di cellophane, lo rompo maldestramente imprecando, cerco di indossarlo correndo ma non ci riesco e allora lo sventolo come una bandiera verso le auto che sopraggiungono.
Fortunatamente il camion al mio fianco si è fermato a fianco dell’auto distrutta bloccando il traffico e così io mi sento più sicuro e arrivo vicino alle urla. Dietro l’auto distrutta trovo una donna stesa per terra che mi chiede di liberarle il cappotto che è finito sotto una ruota e le impedisce i movimenti: sembra illesa. Evidentemente era senza cinture ed è stata sbalzata fuori dall’auto.
Arriva anche il camionista e mi aiuta: solleviamo la donna che non ha nulla. A questo punto mi rendo conto che ci sono sulla strada altre tre auto distrutte e rottami dappertutto: nel buio illuminato dai fari delle auto ferme mi appare una scena spettrale. Siamo in un punto dove il jersey si interrompe per venti metri ed evidentemente una delle auto scontratesi ha invaso l’altra corsia ed è stata a sua volta investita dalle auto che provenivano in senso contrario. Le lamiere sono lì a testimoniare la violenza degli urti.

Un ragazzo vicino a una Punto devastata cammina tremando e si tiene un braccio. Mi sembra a posto. Allora volgo lo sguardo verso l’auto più lontana e vedo un’ombra al volante di una auto scura col muso distrutto e fumante. Mi avvicino e con sorpresa riesco ad aprire lo sportello nonostante la deformazione delle lamiere: un uomo di colore mi guarda immobile e non risponde alle mie domande. Dapprima mi chiedo se capisce l’italiano poi capisco che è evidentemente sotto shock: allora gli dico di stare calmo e richiudo lo sportello per non fargli prendere freddo. Torno dalle donne e nel frattempo sento uno schianto, un forte rumore di lamiere e di vetri rotti: c’è stato un tamponamento a poche decine di metri! Mi rendo del pericolo e faccio spostare tutti. Il ragazzo che tremava ora mi sembra messo male: lo faccio sdraiare in auto e torno dallo straniero. Stavolta mi parla a monosillabi, dice che ha male al collo allora gli spiego della botta e dell’airbag che lo ha salvato e noto che non indossa la cintura; lo sgrido per questo, mi arrabbio e lui mi guarda stupito.
Intanto, dopo mezz’ora arriva un’ambulanza che avevo chiamato come prima cosa.

Mentre intervengono mi rilasso e guardo la scena davanti a me: quattro auto distrutte e penso che nessuno aveva la cintura di sicurezza. Cretini! Ma guardo anche il varco nel jersey e penso: “Ma come si fa a posizionarlo dopo una curva e su un dosso? Non era meglio metterlo in un rettilineo? Ci vorrà un esperto per questo?”
Come sempre noto che di sicurezza si parla spesso ma chi se ne dovrebbe occupare a volte non ne ha la minima idea. Ma chi ha posizionato quel varco in quel punto si rende conto che una banale toccatina fra due auto in sorpasso grazie ad esso si è trasformata in un paio di frontali? Le autostrade hanno annunciato un piano per chiudere questi varchi con appositi rail mobili: sulle superstrade forse il problema non esiste? Dovremo pagare un pedaggio per avere più sicurezza?
Ma non preoccupatevi: nelle statistiche questo incidente sarà catalogato come errore umano dei guidatori.
La colpa non è certo della strada.
Torno verso l’auto e mi sembra di essere uscito da uno scenario di guerra.

* Ex pilota di Formula 1 e istruttore di guida sicura


 

La testimonianza di Siegfried Stohr responsabile di GuidarePilotare di Misano (già pilota di Formula1) di un’alba in uno scenario di incidenti sulla E45. (ASAPS)

Venerdì, 18 Gennaio 2019
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