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Notizie brevi 15/10/2004

Incidenti 2003 - VIOLENZA STRADALE, LA PAURA CORRE IN CITTÀ: È DOVE CI SENTIAMO PIÙ SICURI CHE SI MUORE DI PIÙ. L’ANALISI DELL’ASAPS. Muoiono ogni giorno ancora 16 persone, mentre 874 restano ferite. Nei centri il 75% degli incidenti e il 40% dei morti. Migliorata sensibilmente la sinistrosità autostradale.

Incidenti 2003

VIOLENZA STRADALE, LA PAURA CORRE IN CITTÀ: È DOVE CI SENTIAMO PIÙ SICURI CHE SI MUORE DI PIÙ. L’ANALISI DELL’ASAPS.

Muoiono ogni giorno ancora 16 persone, mentre 874 restano ferite.

Nei centri il 75% degli incidenti e il 40% dei morti. Migliorata sensibilmente la sinistrosità autostradale.

 

(ASAPS) RIMINI – “Tre incidenti su quattro avvengono in città”: è questo il dato tragico – già noto ai tecnici – che trova conferma nei lavori del Salone Internazionale della Sicurezza Stradale, giunto alla sue seconda edizione, appena conclusosi a Rimini. La constatazione giunge dall’analisi dei dati ISTAT, e se anche   la sinistrosità complessiva sembra diminuire, successivamente all’entrata in vigore della patente a punti, continua a preoccupare tecnici ed esperti, alle prese con la necessità di interpretare le cifre nude che arrivano dai rilevamenti di Polizia Stradale, Polizia Municipale e Carabinieri, per capire se l’ambizioso programma europeo di ridurre la mortalità sulle strade entro il 2010 sia effettivamente perseguibile o se sia destinato a restare uno sterile proclama. “L’obiettivo europeo di dimezzare morti e feriti – ha detto ai lavori il Direttore Centrale delle Specialità della Polizia di Stato, Prefetto Pasquale Piscitelliè ambizioso, ma non irraggiungibile. Il 2004 ha fornito dati positivi, che mostrano la non assuefazione alla patente a punti da parte degli italiani”. Merito della severità delle sanzioni, forse, o della maggior incisiva presenza di delle forze di polizia, che a partire dal secondo semestre dello scorso anno risultano aver intensificato del +5,6% il numero delle pattuglie dedicate alla sicurezza stradale. Secondo il prefetto Piscitelli, l’effetto immediato di questo immane sforzo è stato quello di vedere entrare nell’uso generalizzato casco e cinture di sicurezza, mentre resta più problematico l’intervento preventivo e repressivo circa il contrasto della velocità eccessiva e della guida in stato di ebbrezza, sia sul fronte degli alcolici che degli stupefacenti. Il computo delle cifre resta comunque impressionante e il 2003 ha fornito uno spaccato del nostro paese ancora ben lungi dal potersi definire sicuro: sulle strade della repubblica, infatti, muoiono ogni giorno 16 persone, mentre 874 restano ferite: il tutto in 617 incidenti stradali giornalieri. Sul numero dei sinistri e dei feriti, però, sembra che debbano proseguire ancora le discussioni e le polemiche, in quanto alla sinistrosità complessiva ed a quella parziale relativa al numero di feriti, si contrapporrebbero i dati ANIA, estremamente meno ottimisti: l’Associazione tra le Imprese Assicurative, infatti, riceve il rapporto effettivo di tutti i sinistri tra parti assicurate – la stragrande maggioranza – che molto più spesso di quanto si creda ricorre alla constatazione amichevole anche in caso di incidenti con lesioni, per evitare  così l’intervento di forze di polizia e la relativa contestazione di sanzioni amministrative con decurtazioni di punti. Polizia Stradale, Municipale e Carabinieri, nel 2003, hanno comunque rilevato 225.141 incidenti, il 5,9% in meno rispetto all’anno precedente, quando furono 237.812. In questi eventi, hanno trovato la morte 6.015 persone, il 10,7% in meno del 2002, quando sul fronte d’asfalto sono caduti in 6.736, mentre 318.961 persone sono rimaste ferite: nel 2002 i referti sanitari furono 337.878 e dunque il beneficio stimato, su questo fronte, è del -6,6%.

Con questi numeri, gli ideatori della patente a punti gridano una vittoria che almeno nei primi sei mesi dal 1 luglio 2003, data in cui la decurtazione del punteggio è divenuta operativa, ha portato risultati molto positivi. Aveva infatti fatto segnare una diminuzione complessiva della sinistrosità pari al 12%, con la mortalità scesa del 20%, ed il numero dei feriti assottigliato del 14%. È poi intervenuta una sorta di stabilizzazione, che mostra – a parere dell’Asaps – come sia necessario intervenire continuamente con manovre correttive, esattamente come avviene in Francia. Il dato interessante, come non ha mancato di sottolineare il presidente dell’Aci Franco Lucchesi, giunge dalla graditissima e sensibile contrazione di eventi registrati sulle autostrade e sulla grande viabilità. Secondo il numero uno dell’Automobil Club, il fenomeno trova spiegazione nella diversità degli elementi in cui i veicoli si trovano a circolare: lì, dove i veicoli viaggiano più speditamente, le condizioni di sicurezza sono maggiormente elevate, e la tipologia di conducenti mostra solitamente un’attenzione più elevata. C’è da dire, però, che sulle arterie maggiori il livello di vigilanza è elevato, e tutti – aggiungiamo noi – vanno nella medesima direzione. Diversamente, invece, la situazione urbana, dove gli incroci sono sempre pericolosissimi, e dove la situazione infrastrutturale offre poche vie di fuga. Proprio nei centri urbani, secondo il rapporto ISTAT, si sono verificati 168.572 incidenti, il 74,9% del totale, a seguito dei quali hanno perso la vita  2.421 persone, il 40,2%, (nel 2002 erano però quasi il 43%) e ben 227.357, il 71,3%, sono rimaste – in vario modo – ferite.

Anche sui punti neri della viabilità urbana, in ogni caso, il numero degli eventi è in diminuzione dell’8,8%: ma sulle arterie veloci qualcosa è cambiato davvero, se accettiamo il dato ISTAT – che meno risentirebbe in questo caso del mancato ricorso al rilievo delle forze di polizia, che sulla viabilità importante è praticamente certo – di una riduzione del 18,6% della sinistrosità sulle strade extraurbane, del 16,8% sulle traverse in centri minori di strade statali e provinciali, e del 15,9% sulle autostrade.

L’ISTAT e l’Aci – secondo un rapporto pubblicato dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore – hanno inoltre calcolato che la sinistrosità stradale è costata al Paese, nel 2003,  qualcosa come 35.464 milioni di euro, spicciolo più, spicciolo meno, pari al 2,7% del Prodotto Interno Lordo. Nel 2002 lo Stato aveva speso – per oneri ospedalieri e sanitari in genere, per risarcimenti in ordine a danni biologici e morali, ma soprattutto per mancata produttività di vittime venute a mancare o rimaste lontano dai propri posti di lavoro – 36.363 milioni di euro, 900 milioni in più. Sotto accusa, ancora una volta, l’eccesso di velocità, il mancato rispetto delle distanze di sicurezza e le distrazioni, ma anche la guida in stato di ebbrezza: in questo caso i conducenti alterati dall’assunzione di alcol o droghe imputati di aver provocato sinistri sono stati 7.524, mentre 1.970 sono stati innescati da malori o colpi di sonno, cifre ancora molto lontane dal dato reale per la difficoltà di accertarle. Il dato sinistro della statistica, però, è quello relativo al comportamento generalmente scorretto di chi provoca incidenti. Nel 95,5% dei casi, infatti, il sinistro stradale trova origine nell’atteggiamento trasgressivo di chi sta al volante, mentre sotto accusa finisce ancora una volta lo stato delle infrastrutture.

L’analisi dei dati ha anche permesso di individuare ancora una volta i giorni neri della circolazione: giugno si rivela il mese killer, mentre il temutissimo agosto –  parte dell’anno dedicata solitamente alle migrazioni oceaniche di turisti – ha dimostrato di essere il più pacifico. Il venerdì è invece il giorno più sanguinoso, specialmente nel tardo pomeriggio, mentre gli impatti più disastrosi sono di notte, tra le 22 e le 6 del mattino, quando il tasso di mortalità aumenta di molto.

Ma nell’abitacolo, le cose come vanno? La peggio, secondo l’annuario statistico, tocca sempre ai conducenti, che da soli rappresentano il 65,3% dei morti e il 68,8% dei feriti. Di seguito tocca – manco a dirlo – ai passeggeri, che (22,1% dei morti e 25,8% dei feriti), mentre alla voce pedoni si scopre che la consueta preponderanza dei feriti rispetto ai morti – che vale per conducenti e passeggeri – si ribalta: sulle strisce i morti sono il 12,7% delle vittime complessive, mentre i feriti appena – si fa per dire - il 5,4%. I pedoni vittime di sinistri sono, nella maggior parte dei casi, anziani, che quando superano gli 80 anni rappresentano la fascia d’età preponderante nella mortalità, mentre tra i feriti a farla da padrona sono gli anziani over 70 e under 74.

Al volante, invece, muoiono purtroppo  numerosi ragazzi tra i 25 e i 29 anni.

Sempre la Lombardia, al primo posto nella classifica nera, seguita a passo di trotto da Lazio ed Emilia Romagna, mentre in Valle d’Aosta e Basilicata è ancora più pericoloso mangiare i funghi. Beati loro.


 

 


 

 

 

 

Venerdì, 15 Ottobre 2004
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