Venerdì 19 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 24/01/2018

di Lorenzo Borselli*
Morti sulla strada, in attesa dei dati non ci resta che la pelle d’oca
Una cosa è certa: l’Europa non centrerà l’obiettivo di dimezzare la mortalità entro il 2020

Un grave incidente stradale in Norvegia

(ASAPS) Forlì,  gennaio 2018 – Ad ogni inizio di anno, noi dell’ASAPS amiamo fare i conti e per tenere fede alla nostra tradizionale passione, abbiamo spulciato i siti web specialistici di tutto il mondo alla ricerca dei segnali della strada. L’impressione è che il trend non sarà dei migliori, complici probabilmente due fattori: il primo, non trascurabile, è stato senz’altro il fattore meteo, mentre riteniamo abbia pesato, e molto, anche una sostanziale fase di stanca, originata a nostro parere sia da un inatteso abbassamento della guardia, sia da una fisiologica battuta d’arresto nel law enforcement, ricomprendendo in questo campo tutto il fattibile in materia di sicurezza stradale: attenzione tecnica, attenzione politica e attenzione di polizia.

Sul piano meteorologico, il 2017 è stato il secondo anno più caldo mai registrato nel mondo dal 1880 (l’altro è stato il 2016, nel quale però ha imperversato il Niño) ed uno dei più secchi: ciò ha comportato un aumento della mobilità anche in quei paesi dove l’inverno normalmente limita le uscite ed ha esposto le categorie deboli (motociclisti, ciclisti e pedoni) a rischi maggiori in proporzione al maggior tempo trascorso in strada; sul piano delle azioni, invece, è innegabile che, Italia in testa, la guardia si sia abbassata un po’ ovunque: c’è chi ha già iniziato a correre ai ripari, e parliamo dei paesi più attenti di noi a elaborare le statistiche stradali ed a recepirne il messaggio, e c‘è chi invece, qui noi siamo i campioni, pensa più alle campagne elettorali ed ai consensi, incuranti dell’allarme rosso che suona da mesi sulle strade. In questo, il nostro paese sembra molto vicino all’Est Europa, dove però i problemi sono ben altri.

Comunque, da un punto di vista generale, le strade europee restano le più sicure al mondo: in attesa dei bollettini del 2017, ricordiamo che il 2016 si era chiuso con un bilancio tutto sommato confortante, con un calo del 2% della mortalità: i morti accertati nel 2016 sono stati 25.670, 530 in meno rispetto al 2015 (anno questo in cui le vittime erano state 26.200) e 6.000 in meno rispetto al 2010, stabilendo al 19% il decremento a 4 anni dal termine del progetto decennale comunitario di dimezzare il numero di vittime entro il 2020.
L’ETSC ha monitorato lo stato dell’arte in 32 paesi (Programma PIN): tra questi, nel 2016, “solo” 15 paesi hanno registrato un calo del numero di vittime della strada, con alcune sorprese: in Lituania si è registrata una riduzione del 22%, a Cipro il 19%, in Repubblica Ceca il 17%, in Lettonia il 16% e la Svizzera con il 15%; in altri 15 Stati sono stati registrati aumenti – Malta (100%) 7, Danimarca (19%), Irlanda (16%) e Norvegia (15%) – mentre i numeri stagnano nei restanti due.

Ma centrare l’obiettivo suggerito dall’UE è ancora possibile?
Negli ultimi tre anni i progressi fatti sulla strada hanno registrato un notevole rallentamento: la riduzione del 2% del 2016 era seguita all’aumento dell’1% del 2015 ed alla sostanziale stagnazione del 2014 e di conseguenza il numero di vittime della strada è diminuito solo dell’1% dal 2013.
Tre anni persi?
La sfida pare estrema, a questo punto, e per vincerla c’è bisogno di strategie nuove: le analisi rilevano che i tassi di mortalità più alti sono endemici nei paesi con reti stradali nazionali più povere e non molto sviluppate, come Romania, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Polonia, repubbliche Baltiche e Grecia, mentre ad ovest, dove i reticoli metropolitani sono più estesi, la velocità si è ormai abbassata drasticamente e con essa la mortalità, che tuttavia mostra segni di ripresa anche nei paesi più virtuosi: segno, questo, che esattamente come in medicina, i farmaci necessitano di continui aggiustamenti, in posologia e dosaggio.
Tuttavia, casi come la Lituania, la Lettonia e la Repubblica Ceca dimostrano che ogni malato ha bisogno della sua cura personalizzata.

Prendiamo il caso della Spagna, nella quale il bollettino provvisorio del 2017 ha evidenziato una crescita del 3% degli incidenti letali. I numeri sono questi, anche se non ancora definitivi, e provengono al momento dalle strade extraurbane e dei decessi avvenuti nelle 24 ore successive all’evento, come precisato dal direttore della DGT Gregorio Serrano, a margine di una conferenza stampa tenutasi a Madrid negli scorsi giorni: 1.067 incidenti mortali, 1.200 vittime e 4.387 feriti ospedalizzati (-6%). La cifra, destinata dunque ad aumentare ulteriormente, dovrà essere rimodulata quando l’ufficio statistico della Direzione Generale del Traffico disporrà di tutti i numeri della sinistrosità, compresi quelli delle vittime decedute entro il 30esimo giorno dall’incidente. Gli esperti, pur non sottovalutando la ripresa della mortalità, gettano acqua sul fuoco, ribadendo che il dato resta inferiore al 1960, anno in cui sono iniziate le rilevazioni, nel quale le vittime accertate furono 1.300, con uno scenario di mobilità attualmente diverso: il parco veicolare di allora non superava il milione di veicoli, mentre al dicembre 2017 si sfiorano i 33 milioni di mezzi immatricolati. “La Spagna rimane uno dei paesi più sicuri sulla strada – ha precisato Gregorio Serrano - sia nel mondo (8°) che in Europa (5°), ma nonostante ciò dobbiamo continuare a fare grandi sforzi per ridurre le cifre degli incidenti. Sono sicuro – ha aggiunto – che con la nuova legge sulla sicurezza stradale e con le crescenti misure di controllo, istruzione, formazione, comunicazione e ricerca, saremo in grado di ridurre il numero di morti sulle nostre strade insieme. Nessuna misura è efficace se non vede la partecipazione diretta dei conducenti e dell’insieme della pubblica amministrazione”.

In Spagna è stato infatti recentemente approvato un piano strategico composto da 15 punti (già realizzato al 90%, capace di far arrossire di vergogna tutti i partner europei. Vediamolo nel dettaglio: la specialità della polizia stradale (Agrupaciòn Trafico Guardia Civil), ha potuto acquistare 300 nuove moto (BMW RT1200) e 156 nuovi uffici mobili attrezzati esclusivamente per il contrasto delle ebbrezze, con 746 nuovi etilometri e 500 apparecchiature per i narcotest, anche alla luce di una rivisitazione del codice stradale proprio in materia di guida sotto l’effetto di stupefacenti; sono state inoltre riviste tutte le normative nazionali in materia di trasporto merci (presto ve ne daremo conto con un articolo ad hoc) ed è stato definito ed approvato il piano base di educazione stradale, destinato alle scuole e già adottato dalle commissioni provinciali; infine, nel 2017 sono stati creati 52 gruppi di lavoro nell’ambito del Consiglio superiore per la sicurezza stradale (ma vi rendete conto????) con l’incarico di discutere delle modifiche e dei miglioramenti da apportare alle leggi spagnole, con una proposta legislativa da presentare al ministero entro il marzo 2018, con la messa a bilancio di 1 miliardo di euro da destinare al solo studio delle azioni da intraprendere.

In Francia, la linea strategica è la stessa, i miliardi già stanziati sono 5 (praticamente il costo sociale della sola letalità stradale italiana). A Parigi i dati del 2017 non sono ancora pronti, ma la sensazione è che il barometro della sicurezza stradale sia ancora sulla tempesta: del resto nel 2016 le vittime erano state 3.477, 16 in più rispetto al 2015, con tutti gli altri indicatori in rialzo e le cose non andavano bene fin dal 2014, dopo 12 anni di ininterrotto miglioramento. In Francia, come nel resto dei paesi occidentali, l’incidente stradale rappresenta  la principale causa di morte violenta, con 9 morti e 65 feriti gravi al giorno nel 2016: in testa, tra le cause, c’era la velocità (31%), seguita da alcol (19%) e narcotici (9%). Secondo le primissime anticipazioni, il 2017 conferma questa tendenza: molti dei mesi si sono infatti chiusi con il segno positivo su tutti gli indicatori. Novembre 2017, ad esempio, ha chiuso con 281 persone uccise, l’8,9% in più rispetto allo stesso periodo del 2016, quando il bollettino si era fermato a 259 (le 23 vittime in più sono soprattutto motociclisti). Così, lo scorso 9 gennaio, il primo ministro Édouard Philippe ha riunito il Comitato interministeriale della Sicurezza Stradale, alla presenza di 10 ministri (ma vi rendete conto???), per fare il punto della politica di sicurezza stradale in atto, che fa riferimento a 18 misure ad alto impatto tra cui la riduzione della velocità massima su strade a doppio senso, una maggiore severità per comportamenti di dipendenza, sull’uso dei telefoni cellulari durante la guida e su una maggiore protezione dei pedoni. In pieno svolgimento, i lavori presso la Commissione Europea per arrivare alla contestazione differita delle violazioni a tutti i veicoli comunitari e la mappatura di nuovi “punti neri”, su cui predisporre radar e telecamere.

Le cose non vanno meglio nel Regno Unito, dove, in attesa dei dati del 2017, gli esperti non sembrano troppo ottimisti: nel corso del 2016, infatti, si era toccato il massimo delle vittime dal 2011, con 1.792 persone uccise (+4%) e 24.101 feriti gravi (+8,9%), ma la doccia fredda arrivò all’indomani del varo di un nuovo sistema di rilevazione dei dati, armonizzato per tutte le forze di polizia, il quale – è stato detto da più parti – avrebbe fornito dati più alti perché più preciso rispetto al passato. Ovvio che il report delle “roads fatalities” 2017 sarà una prova del nove.

In Irlanda l’aumento della mortalità è allarmante: +16% (188 morti nel 2016, contro i 162 del 2015): per tutta risposta, il governo sta lavorando a un disegno di legge (Road Traffic Act) per omologare nuovi test antidroga e per approvare l’istituzione di zone urbane limitate a 20 km/h, oltre a un accordo di reciprocità col Regno Unito per notificare e sanzionare vicendevolmente anche con pene accessorie i conducenti dei due paesi.
Dovremo attendere maggio per il rapporto completo dall’Olanda, paese che dal 1973 al 2015 aveva vissuto la violenza stradale come un fenomeno in continuo e ininterrotto calo che aveva toccato il suo dato più basso nel 2013 con 570 vittime, numero replicato nel 2014; nel 2015 il bollettino nero si era impennato a 621 vittime, cresciute ancora nel 2016, quando ne sono state registrate 629.
Secondo l’Institute for Road Safety Research (SWOV), ripreso dall’ETSC, l'obiettivo scendere sotto la soglia delle 500 vittime entro il 2020 è ora fuori portata: secondo gli esperti (tra cui magistrati e poliziotti), è necessario rivedere la normativa sulle ebbrezze, migliorare le infrastrutture (in particolare per i ciclisti), estendere le aree con limiti di 30 km/h e intervenire sulla distrazione. Il costo sociale per gli incidenti stradali è valutato in circa 14 miliardi di euro all’anno.

Nessuna buona novità nemmeno da Vienna, in Austria, dove il rapporto 2017 è atteso con grande fermento, visti i dati contraddittori del 2016, annualità nella quale il netto calo della mortalità (-9,8%) registrato nel 2016 era seguito a un 2015 d’inferno: parliamo di 432 vittime nel 2016, di 479 nel 2015 e di 430 nel 2014. Purtroppo, tutti gli altri indicatori avevano evidenziato un preoccupante rialzo: nel 2016, il numero di incidenti stradali con lesioni personali era aumentato di circa 500 casi (+ 1,3%) così come il numero di persone ferite (+2,2%).
Nel 2016, 135 persone sono morte in 128 incidenti mortali sulle strade della Norvegia, mentre i feriti gravi sono risultati in tutto 656: il trend della mortalità è risultato in aumento del 15,4%, con 17 vittime in più rispetto al 2015, quando la conta si era fermata a 117, mentre quello dei feriti ha fatto segnare una diminuzione del 5,3% rispetto all’anno prima, quando le ospedalizzazioni erano state 37 in più (in totale furono 693). Per avere un’idea di cosa sia successo in Norvegia nel 2017, bisognerà attendere febbraio, mentre a marzo sarà pubblicato il resoconto della Svezia, che nel 2016 aveva registrato un aumento della mortalità del 4% (270 vittime contro le 259 dell’anno precedente) e una diminuzione dei feriti gravi del 4% (2.347 i ricoveri del 2016, 2.445 nel 2015).

Ormai imminente anche il rapporto 2017 della Finlandia, atteso – secondo le indiscrezioni di Statistics Finland – in ulteriore diminuzione: nel 2016, lo ricordiamo, le vittime ed i feriti accertati secondo i dati elaborati a Helsinki sono stati rispettivamente 258 e 460. Il decremento della mortalità, vale il 7,4% in meno.
Lo scrittore statunitense James Stewart-Gordon scrisse che “…la Danimarca, possiede una grandiosa, impalpabile risorsa naturale: l'estate. L'estate viene in Danimarca come un caldo abbraccio…”. Fin troppo, diremmo oggi del regno più antico del mondo, dove nel 2016 le morti per incidente stradale sono aumentate del 19% (dalle 178 vittime del 2015 alle 211 del 2016). In aumento anche il numero di incidenti stradali gravi (+1%, dalle 1.780 collisioni del 2015 alle 1.797 del 2016) e quello dei feriti gravi.

Sperano invece per il meglio in Belgio, nelle stanze dell’istituto VIAS (che a settembre 2017 ha  assunto il nuovo nome mandando in pensione l’IBSR, Institut Belge pour la Sécurité Routière), forti dell’ultimo bollettino disponibile, quello dei primi 9 mesi dello scorso anno, dal quale si poteva evincere un calo dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2016 (363 morti sul posto anziché 407). Anche il numero di feriti diminuisce – da 38.165 a 35.735 (-6%) – così come il numero di incidenti complessivi – da 29.681 a 27.966 (-6%).
Nel 2017, il numero di vittime di incidenti stradali in Germania dovrebbe raggiungere il livello più basso nella storia della Repubblica Federale. Secondo le stime dell'Ufficio federale di statistica (Destatis) sulla base dei dati disponibili per il periodo gennaio-settembre 2017, il numero di incidenti stradali mortali dovrebbe diminuire dell’1%, a circa 3.170. Il numero di persone ferite nel 2017 dovrebbe diminuire del 2% rispetto all'anno precedente, attestandosi a circa a 390.000 ricoveri.

Nel 2016 il numero di vittime era sceso del 7% rispetto al 2015 (da 3.459 a 3.214), ma i due anni precedenti avevano fatto segnare aumenti.
In Svizzera bisognerà attendere marzo, ma il paese più virtuoso del 2016 (secondo le rilevazioni dell’ETSC, che ha tenuto conto dei progressi nel lungo termine) ha purtroppo chiuso al rialzo nel primo semestre del 2017: dopo il minimo storico di 89 morti toccato a metà 2016, il numero di vittime è infatti salito 109 morti tra gennaio e giugno dell’anno passato, facendo comunque segnare valori più bassi agli anni antecedenti.
Nel 2016 le persone che complessivamente avevano perso la vita erano state 216, 37 in meno rispetto al 2015. In calo anche il numero di feriti gravi: 3785, pari a un -1%. Mentre scende anche il numero di motociclisti e di pedoni coinvolti, rimane alto quello dei ciclisti, sia con bici elettriche che tradizionali.
In Italia, tra qualche mese, dovremmo poter sapere – almeno a grandi linee – quanta gente ha lasciato le penne sulla strada, ma gli indicatori in nostro possesso (gli osservatori sulla sinistrosità dell’ASAPS) parlano chiaro: abbiamo la pelle d’oca.
“Brividi” dunque: destinati ad aumentare ogni volta che ci soffermiamo a pensare quali azioni di contrasto siano in fase di studio nel nostro Paese. (ASAPS)



 


Inchiesta. La sinistrosità in Europa torna a su cifre col segno più in molti paesi.
Ma leggete come reagiscono subito in Spagna e Francia con uomini mezzi e finanziamenti di miliardi di euro per la sicurezza sulle strade.
E l’Italia? Dati preoccupanti. E finanziamenti per progetti legati alla sicurezza praticamente a zero. E la politica? Non ne parla neppure. (ASAPS)

Mercoledì, 24 Gennaio 2018
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK