L’automobile,
è assodato, ai fini della legge penale è equiparata ad
un luogo di privata dimora. Salvo che, per tutto quello che essa lascia
vedere o intravedere del suo interno, essa non possa (o non debba) essere
considerata anche luogo aperto o esposto al pubblico.
Quindi, come luogo di privata dimora, è liberamente fruibile
ai fini della propria vita sessuale. Ma con opportuni accorgimenti,
per non rischiare l’incriminazione per atti osceni (art. 527 cp) o atti
contrari alla pubblica decenza (art. 726 cp). Vedere (o intravedere,
o intuire) cosa succede dentro la macchina, fra due (o più) persone,
o da parte di una sola persona, non sempre è agevole, immediato,
scontato.
Bisogna considerare una casistica varia, e non è facile identificare
criteri di massima per ritenere gli elementi costitutivi di questi due
reati (in particolare, per quanto concerne l’elemento oggettivo, l’esposizione
al pubblico). La giurisprudenza ha detto che costituisce luogo esposto
al pubblico un’automobile stazionante sulla pubblica via, qualora non
abbia le tendine abbassate e anche se gli atti all’interno compiuti
avvengano di notte, essendo infatti sempre concretamente possibile che
i fari di altri veicoli consentano a chiunque di vedere nell’abitacolo
(Cass. 2277/1976). Questa sentenza, comunque, è chiaramente datata.
Oggi è molto difficile trovare auto con le "tendine"
interne (tipo pullman, o treno). Meglio parlare quindi, genericamente,
di "accorgimenti", come recita un’altra sentenza (pure assai
remota) della Suprema Corte, per la quale gli atti osceni in automobile
possono ricorrere "in relazione alla possibilità in concreto
di vedere dall’esterno attraverso i vetri ciò che avviene all’interno",
per cui il reato "esula soltanto quando, per gli accorgimenti usati
dagli occupanti, sia escluso, non aprendo gli sportelli, ogni pericolo
di visibilità, anche fugace, dell’atto osceno" (Cass. 1121/1971,
negli stessi termini sostanziali si era già espressa Cass. 1833/1969).
Quindi, anche l’uso di cartoni o fogli di giornale, al posto delle tendine,
è efficace, anzi auspicabile. Attenzione, però ad aprire
lo sportello, anche solo per un fugace attimo (magari per gettare via
un mozzicone, o altro), perché ciò che può imprimersi,
in quell’attimo, nella mente di un occasionale passante è fonte
di turbamento (attraverso il ricordo ossessivo o l’elaborazione fantastica
o quant’altro che a questi possa poi derivare). Ma per quanto riguarda
queste ipotesi così restrittive, possono però sorgere
interrogativi sull’elemento soggettivo del reato. E cioè, ad
esempio, ricorre il dolo o la semplice colpa (che, ai sensi dell’art.
527 c. 2 cpp, costituisce fattispecie non penale) quando gli occupanti,
magari, pensavano di essere "protetti" da un acquazzone violento
in atto, che impediva una visuale chiara, oppure dalla neve alta, che
rendeva assai improbabile che qualcuno si avvicinasse ad una distanza
tale da percepire visivamente cosa "accadeva" dentro l’auto?
Ma poi, altre ipotesi. Chi per caso vedesse una vecchia "carretta"
con le tendine opportunamente abbassate, ma in preda a un movimento
ritmico di tipo ondulatorio-sussultorio, magari anche cigolante, ne
resterebbe turbato? Sembra, però, che ultimamente la giurisprudenza
sul punto sia divenuta meno rigorosa. Con la sentenza n. 7786 dell’8.8.1996
la Corte di Cassazione ha affermato che il delitto di atti osceni è
ravvisabile nel fatto di chi si espone in auto "in un luogo pubblico,
in posizione visibile ed illuminata da lampioni e con transito fitto
di auto e persone". Non è più sufficiente, quindi,
la lontana possibilità del viandante isolato e sperduto che si
avventura per calli e per fratte, ma occorre il luogo tipicamente frequentato
dal pubblico, ossia da una massa assidua di persone (ossia il luogo
che per tutti, indistintamente e consapevolmente, sia vissuto come soggetto
ad un afflusso consuetudinario di persone), nel quale, poi, esista una
illuminazione tale che, senza incertezze né dubbi, sia tale da
consentire una buona visibilità dentro le auto in sosta o transitanti.
Ossia, luogo pubblico inteso come pubblicamente congegnato e organizzato
in modo tale da consentire una chiara esposizione a una massa abitudinaria
di gente. Sembra questo un segno dell’evoluzione della giurisprudenza
in conseguenza della morale (e del moralismo) imperante nel tempo e
del concetto giuridico-sociale di buon costume. L’ipotesi di atti osceni
in auto, inoltre, consente di ipotizzare anche l’esposizione al pubblico
in movimento. Ha detto infatti la Cassazione che, "ai fini della
configurabilità del reato di atti osceni, è luogo esposto
al pubblico anche un’auto in movimento. Deve perciò rispondere
del delitto contestato il guidatore di un’autovettura che, mostrando
i propri genitali, si affianchi anche per un breve tratto di strada
a una donna che procede in bicicletta stringendola sul ciglio della
strada" (Cass. 3855/1997). Viene qui alla mente un film di Carlo
Verdone, dove il protagonista, il borgataro coatto amante delle macchine
e della velocità, mentre è alla guida della sua spider,
dice alla sua compagna: "O’ voio fà a ducento…".
I due si accoppiano sull’auto lanciata a piena velocità e vengono
ripresi dall’autovelox. La foto mostra due glutei femminili che, momentaneamente,
ostruiscono il posto guida.
Qui ci sarebbe stata anche la prova documentale, con tanti saluti alle
problematiche su fotografia e riservatezza. Ma chi è in grado
di rendersi conto, a occhio nudo, di cosa esattamente gli è sfrecciato
davanti a duecento all’ora?
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G.I.P. presso il Tribunale di Forlì