Giovedì 18 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 30/03/2017

di Lorenzo Borselli*
Italia, paese ostaggio dei delinquenti?
I fatti di Alatri accrescono il senso di impotenza nei confronti dei criminali

Frame del film “Arancia Meccanica”, di Stanley Kubrick

 

(ASAPS), Forlì. 30 marzo 2017 - Se ci fermiamo un attimo a riflettere su cosa succede in questo nostro malandato Paese (pensiamo ai fatti di Alatri solo per agganciarci alla cronaca delle ultime ore), ci viene voglia di appendere tutto al chiodo e andarcene.
Vorremmo fare come lo sceriffo Little Bill Daggett, uno dei protagonisti de “Gli Spietati”, di Clint Eastwood, che in quel capolavoro cinematografico impersonava lo spietato pistolero William Munny.
“Little Bill”, interpretato da Gene Hackman, voleva starsene tranquillo nel suo malandato portico, a fumarsi la pipa e a guardare il tramonto, mentre Will cercava di fuggire al canovaccio già scritto della sua vita: finirono con lo spararsi a vicenda nel saloon di Big Whiskey, desolata cittadina del Wyoming, alla fine del 1880.
Entrambi volevano una vita diversa come l’avevano vissuta, ma alla fine non poterono far altro che assecondare il destino.

A leggere della notte di Alatri, vengono in mente lo sperduto villaggio americano, l’irruzione nel saloon, i corpi derisi dagli avversari, la violenza inusitata sulle loro carni ormai morte.
Emanuele Morganti se ne stava tranquillo in un locale, quando un branco l’ha preso di mira e lo ha massacrato di botte: qualcuno lo ha ucciso finendolo con una chiave a tubo – di quelle che si usano per svitare i bulloni delle ruote – e poi ne ha deriso il corpo ormai esanime, sputandoci sopra.

La violenza usata ricorda quella delle periferie messicane o brasiliane, le punizioni della mafia russa o albanese, la repressione di certi dittatori africani, palesandosi in modi per nulla diversi anche dalle sanguinose esecuzioni dei soldati dell’Isis.
Come in un romanzo distopico, il quadro che emerge è quello di una società spaventosa, indifferente e soprattutto impotente.
Uno dei fermati per la morte di Emanuele era appena stato scarcerato: lo avevano arrestato per droga e il GIP, dopo la convalida, lo aveva rimesso in libertà. Intendiamoci: la colpa non è certo del giudice, ma ci sono responsabilità?
È un fatto tutto italiano che i delinquenti tornino sempre liberi, spesso a tempo record, o è un luogo comune, tipo “piove, governo ladro?”.
No. Qualche problema la nostra distopica società contemporanea ce l’ha.

Il primo è che perfino nel dibattito non ci sono mezze misure: se vuoi che la legge sanzioni comportamenti criminali, che le condanne si scontino e se parli esplicitamente di fatti delinquenziali associandoli a certe categorie di persone, sei, se ti va bene, un giustizialista, un giacobino o, se ti va peggio, un fascista; se invece pretendi che a tutti sia data la possibilità di dirimersi, di rieducarsi, di reinserirsi nella società civile o, se preferite, di riabilitarsi e se dici che non esiste una “questione Rom” o un “problema stranieri”, allora sei, se ti va bene, un ipocrita, un debosciato o, se ti va peggio, un comunista.
Lungi dall’autore di questa riflessione l’erigersi a paladino dell’una o dell’altra parte, ma esiste, a suo parere, una via di mezzo: quella del buonsenso e del rifiuto, a priori, dell’ipocrisia o del populismo, condizioni queste che possono essere escluse solo con l’affermazione della verità.
È ancora accettabile la tesi che solo con un cammino culturale si possano evitare comportamenti criminali?
È vero che se al terzo reato il reo andasse chiuso in gabbia, buttando via la chiave, avremmo risolto il problema delinquenti?
Chi delinque in Italia?

Per primi, mettiamo gli italiani, che hanno dato lezioni di criminalità a tutto il mondo, esportando i tentacoli dell’Onorata Società praticamente ovunque, e che oggi, nella classifica planetaria della corruzione, è al 60esimo posto, terzultima in Europa seguita solo da Grecia e Bulgaria.
Ci sono poi gli stranieri, che nel Belpaese arrivano certamente per lavorare e per fuggire a guerra e fame, ma che quando decidono di delinquere lo fanno senza freni: scorazzano, rapinano, uccidono e, ultimamente, quando qualcuno riesce a farli star dentro, evadono.
Ci sono infine gli apolidi, molti dei quali sono i cosiddetti “rom”, o se preferite “zingari”.
Nonostante le ipocrite mediazioni culturali, restano volutamente e provocatoriamente ai margini della società, spesso depredandola in tutti i modi possibili. I bambini non li rubano, come sostengono certe idiote credenze, ma costituisce purtroppo certezza il senso della medesima frase trasformando il complemento oggetto in soggetto.

Provate a far mendicare vostro figlio di 6 anni o mandare a rubare quello di 10, e vedere quanto tempo passerà prima che vengano a togliervelo.
Per tutti coloro che in Italia scelgono la professione delinquenziale, la strada è piena di scorciatoie, perché le vie di fatto non prevedono percorsi burocratici; chi sceglie la retta via, scopre invece con un frustrante senso di impotenza e di disgusto, che di “retto”, in quel cammino, c’è solo il senso ontologico dell’aggettivo.
È più difficile rispettare la legge che trasgedirla.
La soluzione sarebbe semplice: spogliarsi di ogni ipocrisia e mettere al sicuro la parte di società più sana, accogliendo chi lo merita e dimostri di meritarlo, punendo chi delinque e rimpatriando immediatamente gli immigrati autori di reati, subordinando invece a chi debba soldi allo Stato il pagamento di quanto dovuto al momento del rinnovo del soggiorno.
Perché concedere loro di beneficiare di una Costituzione come la nostra, merita almeno la pretesa di farla onorare: l’italiano criminale ce lo dobbiamo tenere, ma lo straniero, scusateci tanto, no.
Infine riabilitando chi, dalle esperienze detentive, risulti idoneo al proprio reinserimento, e prestando ogni forma d’aiuto possibile a chi intenda ricavarsi, onestamente, un posto nella società.
Si, ma come?
Per noi del mestiere, le frustrazioni cominciano prima.
Ognuno di noi potrebbe farvi decine di nomi di delinquenti seriali, italiani, stranieri, minori: arrestati in flagranza, catturati con ordinanze di custodia cautelare, denunciati a piede libero per reati che saranno discussi, se va bene, dopo quattro, cinque, sei anni. Anche dieci.
Ecco, finiamo sempre lì: piove, governo ladro. (ASAPS)

(*) Responsabile Nazionale della comunicazione di ASAPS
 

 

 


 

Un articolo del nostro Lorenzo Borselli (consigliere nazionale ASAPS) dopo i fatti di Alatri. Una lucida analisi che fa riflettere sulla condizione di insicurezza trasversale nel Paese. (ASAPS)

Giovedì, 30 Marzo 2017
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK