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Investe un pedone e si allontana dopo il diverbio: è omissione di soccorso

Foto di repertorio dalla rete

Un uomo, alla guida di un veicolo, investiva un pedone che stava attraversando la strada sulle strisce pedonali. Il pedone cadeva a terra, ma riusciva a rialzarsi ed aveva un diverbio con l’imputato, al termine del quale quest’ultimo si allontanava. La Corte d’appello lo condannava alla pena ritenuta di giustizia per i reati di cui all’art. 189 (Comportamento in caso di incidente), commi 1 e 6, e 189, commi 1 e 7, del codice stradale. L'imputato ricorreva in Cassazione.

Non basta la sosta momentanea se l’incidente è idoneo a provocare danni alle persone. Gli Ermellini (Cassazione, sentenza 43624/15) hanno prima di tutto chiarito che secondo la giurisprudenza di legittimità risponde del reato previsto dall’art. 189, comma 6, cds – in relazione al comma 1 -, colui che, rimasto coinvolto in un sinistro stradale con danni alle persone, si limita ad effettuare una sosta momentanea, non sufficiente a garantire l’adempimento degli obblighi di fermarsi e di fornire le proprie generalità ai fini del risarcimento, pur essendo consapevole di aver causato un incidente idoneo a provocare danno alle persone; solo in un secondo momento avrà rilievo il definitivo accertamento delle obiettive conseguenze del sinistro.

In relazione alla consapevolezza di aver cagionato un incidente idoneo a provocare danno alle persone, secondo i Giudici di Piazza Cavour il ricorrente confonde «la conoscenza dell’esistenza di un danno» con «la consapevolezza della possibilità di un danno quale effetto del cagionato sinistro». È assolutamente evidente, infatti, secondo il Supremo Collegio, anche solo a fronte dell’impatto tra veicolo e pedone, che l’incidente in cui è rimasto coinvolto l’imputato era suscettibile di provocare danni alla persona – danni che l’imputato di certo non poteva escludere solamente perché il pedone si era alzato dal suolo.

Quanto al reato di omissione di soccorso, proseguono poi dal Palazzaccio, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente necessita di soccorso può assumere la forma del dolo eventuale, che si configura solitamente in relazione all’elemento volitivo, ma può riguardare anche l’elemento intellettivo, qualora l’agente, consapevolmente, «rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza». Nel caso di specie, concludono gli Ermellini, è proprio al dolo eventuale che ha fatto riferimento la Corte di merito, specificando gli elementi in forza dei quali l’imputato aveva sicuramente avuto consapevolezza dell’attitudine del sinistro a cagionare danni al pedone, di talché, allontanandosi senza prestarle soccorso, aveva accettato l’eventualità della necessità di un soccorso. Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte ha quindi rigettato il ricorso dell’imputato.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

da lastampa.it

Mercoledì, 04 Novembre 2015
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