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Condannati azienda di trasporti e Comune di Milano per discriminazione verso un disabile
da Altalex

(Tribunale, Milano, sez. I civile, ordinanza 20/11/2014)

Il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 20 novembre 2014, ha condannato l’azienda di trasporti milanese (ATM) e il Comune per comportamento discriminatorio indiretto ai sensi della legge n. 67/2006.

Il ricorrente, persona disabile costretta su una carrozzina elettrica, era stato protagonista di numerosi eventi in cui, a causa di ostacoli o barriere architettoniche, non era riuscito a salire o scendere dal mezzo di trasporto pubblico.

In particolare lamentava: la mancata attivazione del macchinista del convoglio della metropolitana per far spostare i passeggeri che occupavano lo spazio riservato alle carrozzine, con il risultato che non era potuto salire a bordo del treno; il mancato funzionamento della pedana di sollevamento delle carrozzine per disabili che gli aveva impedito di accedere all’autobus; il mancato funzionamento del servo scala che consente di risalire in superficie dalla metropolitana.

Faceva rilevare inoltre che in una fermata della metropolitana l’eccessivo spazio e dislivello tra la banchina e la vettura, gli aveva impedito l’accesso al treno e nel tentativo di salire era rimasto bloccato con danneggiamento delle pedane poggiapiedi della carrozzina.

Ai sensi dell’art. 2 della legge 67/2006 si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in una situazione analoga. 

Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone. 

Sono inoltre considerati come discriminazioni le molestie o i comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, o creano un clima d’intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti .

La legge ha lo scopo di promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, nei confronti delle persone con disabilità al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.

L’ATM si era difesa nel giudizio sostenendo di aver investito notevoli risorse economiche per l’adeguamento delle proprie strutture alle persone con disabilità e che in alcuni casi si era trattato di guasti momentanei. Inoltre, secondo l’azienda convenuta, il concetto di discriminazione deve essere contemperato con il principio di ragionevolezza e con il cd. concetto di “accomodamento ragionevole”.

Anche il Comune di Milano sosteneva che gli interventi sugli impianti o l’acquisto di nuovi veicoli sono progressivi e limitati alle disponibilità finanziarie. L’onere richiesto alle amministrazioni non deve essere sproporzionato ma rappresentare un accomodamento ragionevole.

La decisione del Tribunale di Milano tiene conto, oltre che della citata legge 67/2006 anche dei principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18, che ha lo scopo di promuovere, proteggere e garantire il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità. La Convenzione chiede agli Stati di adottare tutte le misure necessarie ad attuare questo diritto e a eliminare la discriminazione.

L’articolo 5 della Convenzione, in particolare, dichiara che al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati Parti devono emanare provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti “accomodamenti ragionevoli”, ossia adattamenti necessari e opportuni che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo.

Secondo il tribunale milanese il diritto di muoversi autonomamente utilizzando i mezzi di trasporto pubblico costituisce espressione della dignità come persona e deve essere garantito ai disabili al pari dei soggetti normodotati. La presenza di ostacoli o barriere architettoniche, che impediscano al disabile di salire o scendere dal mezzo di trasporto pubblico, costituisce discriminazione indiretta, ai sensi dell’art. 2, L. 67 del 2006 in quanto pone il disabile in una posizione di svantaggio rispetto alle persone normodotate.

Il Comune di Milano avrebbe potuto realizzare un semplice intervento temporaneo quale una rampa in corrispondenza delle porte del tram, di facile ed economica realizzazione, che certamente non avrebbe importato oneri sproporzionati o eccessivi e che avrebbe garantito al ricorrente l’esercizio del proprio diritto di muoversi autonomamente.

Per garantire al disabile la salita (o la discesa) in sicurezza sul treno della metropolitana, nell’ambito di un ragionevole accomodamento, l’ATM avrebbe potuto prevedere l’assistenza al disabile da parte di un addetto ATM in banchina, che non rappresenta un onere eccessivo e avrebbe consentito al disabile di esercitare il proprio diritto di utilizzare il mezzo pubblico.

In conclusione, accertato il comportamento discriminatorio, il Tribunale ha ordinato ai convenuti Comune di Milano e ATM di predisporre le misure ritenute idonee nelle specifiche fermate dell’autobus o della metropolitana che impedivano la mobilità alla persona disabile, condannandole altresì al risarcimento dei danni non patrimoniali nella misura di euro 4.000.

(Nota di Giuseppina Vassallo)


Tribunale di Milano

Sezione I Civile

Ordinanza 20 novembre 2014

(est. Orietta Miccichè)

 

Con ricorso depositato il 14 febbraio 2013 EE ha lamentato comportamenti discriminatori posti in essere ai suoi propri danni da parte del Comune di Milano e dell’Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. Di questi ultimi ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni, nonché alla rimozione degli effetti delle condotte discriminatorie, con ordine di pubblicazione del provvedimento.

In particolare il ricorrente ha affermato di essere portatore di handicap motorio che lo ha colpito ai quattro arti e lo costringe all’utilizzo di carrozzina elettrica per muoversi. Ha rappresentato di incontrare ostacoli nell’utilizzo dei mezzi pubblici urbani e ha in particolare riferito i seguenti episodi: l’1 dicembre 2011 il macchinista del convoglio della metropolitana (M3), nonostante le richieste del ricorrente, non si era attivato per far spostare i passeggeri che occupavano lo spazio riservato alle carrozzine, con il risultato che non aveva potuto salire a bordo del treno; il 5 gennaio 2012 non gli era stato possibile accedere all’autobus (linea 73X) in quanto il conducente non era munito della chiave che attivava il meccanismo della pedana di sollevamento delle carrozzine per disabili; il 27 marzo 2012 alla fermata stazione centrale era rimasto bloccato per circa mezz’ora sul servo scala che consente di risalire in superficie; il 7 aprile 2012, dovendo scendere dal tram (linea 4) alla fermata Castello/Beltrami, era stato informato dal conducente che non era possibile attivare la pedana per la discesa in quanto la fermata in questione non era idonea per l’operazione e aveva dovuto attendere circa 25 minuti per scendere dal tram dopo che la centrale operativa aveva autorizzato l’attivazione della pedana e l’unità di pronto intervento era giunta sul posto; situazione analoga si era verificata il 19 dicembre 2012 alla medesima fermata Castello/Beltrami; il 15 marzo 2012 alla fermata della metropolitana MM Bonola non era riuscito ad accedere al treno a causa dell’eccessivo spazio e del dislivello tra banchina e vettura e quando aveva tentato di farlo era rimasto bloccato con danneggiamento delle pedane poggiapiedi della carrozzina; l’8 gennaio 2013 il conducente dell’autobus (linea 70) aveva fatto cadere violentemente a terra la pedana sfiorando i piedi del ricorrente.

Ha sostenuto che tali episodi, che determinarono situazioni di grave disagio o addirittura l’impossibilità di salire sul mezzo, fossero conseguenza di comportamenti discriminatori di Comune di Milano e dell’Azienda Trasporti Milanese Servizi.

Ha, altresì, evidenziato che, nonostante fosse già stato stigmatizzato il comportamento discriminatorio di ATM da un provvedimento giudiziale emesso dal Tribunale di Milano - all’esito di un giudizio promosso dal medesimo EE -, la resistente aveva continuato a tenere la medesima condotta, omettendo di porre in essere gli interventi necessari per un trattamento paritario del passeggero disabile rispetto al normodotato.

Si è costituita Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso contestando che si versasse in ipotesi di atteggiamenti discriminatori e ha in particolare escluso che gli episodi descritti dal ricorrente potessero considerarsi discriminatori, sottolineando come il concetto di discriminazione debba trovare un necessario contemperamento nel principio di ragionevolezza e nel cd. concetto di accomodamento ragionevole. Ha eccepito la carenza di legittimazione attiva di EE.

Nel merito ATM ha negato che nelle modalità di esecuzione del servizio di trasporto pubblico locale di ATM si possano ravvisare comportamenti discriminatori, in quanto la resistente ha addirittura migliorato gli standards imposti nella gara d’appalto per l’assegnazione del servizio. Con riferimento agli episodi narrati dal ricorrente ha affermato: che il primo dicembre 2011 il ricorrente non era riuscito a salire sul vagone solo perché lo stesso era a pieno carico e, nonostante le richieste del macchinista ai passeggeri, nessuno era sceso dal convoglio per far spazio alla carrozzina; che le infrastrutture, quale il servo scala, del quale il ricorrente ha lamentato il guasto del 27 marzo 2012, sono di competenza della Stazione appaltante e che ogni mattina l’operatore di stazione ne verifica il funzionamento e segnala gli eventuali guasti al fine di una celere riparazione degli stessi; che nessun atteggiamento discriminatorio poteva leggersi nel guasto occorso e comunque risolto in tempi molto rapidi; che, quanto alle difficoltà di discesa al capolinea del tram linea 4, il vettore non aveva alcun potere di intervento su marciapiedi e sulla via pubblica e che comunque ATM aveva presentato al competente Comitato tecnico della Mobilità un progetto volto a modificare la conformazione strutturale del capolinea che era stato respinto; che i manovratori del tram linea 4 non avevano consentito la discesa del ricorrente per tutelarne l’incolumità; che con riferimento al divario tra banchina e vagone le stazioni della metropolitana milanese rispettano la normativa tecnica di settore. Ha comunque eccepito la propria carenza di legittimazione su tale ultima problematica.

Ha sottolineato che gli interventi sugli impianti o l’acquisto di nuovi veicoli sono progressivi e limitati alle disponibilità finanziarie e che il Gruppo ATM ha investito risorse nell’implementazione dei servizi ai disabili rendendo accessibili la maggior parte dei mezzi.

Ha dunque chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile, che fosse dichiarata la carenza di legittimazione passiva di Azienda Trasporti Milanese Servizi quanto alle doglianze su infrastrutture e comunque che il ricorso fosse respinto nel merito.

Si è costituito il Comune di Milano che, contestando le deduzioni avversarie, ha evidenziato i molteplici interventi volti all’abbattimento delle barriere architettoniche effettuati nel corso degli ultimi anni, nonché l’impegno a sostegno delle persone disabili, concretizzatosi anche nell’erogazione di sussidi a sostegno della mobilità. Ha affermato che tutte le fermate della linea 4 del tram sono fruibili dai disabili con la sola eccezione della fermata di Castello/Cairoli, che sarà sistemata nell’ambito dei lavori di riqualificazione dell’area in stato di avanzata progettazione. Ha osservato che gli altri episodi riguardavano problematiche di competenza di Azienda Trasporti Milanese Servizi e che comunque l’onere richiesto alle amministrazioni non deve essere sproporzionato ma rappresentare un accomodamento ragionevole.

Ha chiesto il rigetto del ricorso.

2. Come è noto la finalità della L. 67/2006 è quella di promuovere, ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità. In tal senso l’art. 2 dispone che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità e definisce due differenti categorie di discriminazione: diretta o indiretta, “Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone”.

In materia di diritti delle persone con disabilità vanno, altresì, richiamati i principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 - ratificata con Legge 3 marzo 2009, n. 18 – che: riconosce “l'importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale”, definisce discriminazione fondata sulla disabilità “qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l'effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole” (art. 2); fissa tra gli altri i principi generali del rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l'indipendenza delle persone, nonchè della piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società (art. 3); prevede che “Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, all'informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali.” (art. 9).

Sin dal 1992 il legislatore nazionale con la L. 104/92 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) ha, inoltre, regolamentato e previsto interventi finalizzati a consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati (art. 26).

I principi e le previsioni normative appena richiamate rispondono evidentemente all'esigenza di offrire una generale salvaguardia della personalità e dei diritti dei disabili, che trova la propria base costituzionale nella tutela della dignità della persona e nella garanzia nel principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Costituzione.

La nozione di discriminazione, così come chiaramente delineata dall’art. 2 L. 67/06, prescinde sia dall’astratta conformità a leggi o regolamenti del comportamento o dell’atto discriminatorio, sia dalla concreta intenzione discriminatoria. Ciò che rileva è che “per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga” (discriminazione diretta) ovvero che, “una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone” (discriminazione indiretta).

Il diritto di muoversi autonomamente utilizzando i mezzi di trasporto pubblico costituisce, all’evidenza, per ognuno esplicazione della dignità come persona e deve essere garantito ai disabili al pari dei soggetti normodotati. In tal senso la presenza di ostacoli o barriere architettoniche, che impediscano al disabile di salire o scendere dal mezzo di trasporto pubblico, costituisce discriminazione indiretta, ai sensi dell’art. 2 L. 67 del 2006 in quanto pone il disabile in una posizione di svantaggio rispetto alle persone normodotate.

3. Va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del ricorrente sollevata da Azienda Trasporti Milanese Servizi. Risulta infatti del tutto evidente che EE abbia agito per la tutela del proprio diritto ad essere trattato allo stesso modo dei soggetti normoabili con riferimento a vicende che lo hanno riguardato personalmente.

4. Costituisce circostanza non contestata che EE sia colpito da disabilità ai quattro arti che lo costringe ad avvalersi di carrozzina per spostarsi.

Con particolare riferimento ai fatti lamentati come discriminatori da EE vanno distinte le situazioni che strutturalmente hanno costituito un ostacolo alla salita sui (o alla discesa dai) mezzi pubblici per il ricorrente, da quelle riconducibili a situazioni contingenti.

Al primo tipo di problematiche vanno ricondotti gli episodi del 27 marzo e il 19 dicembre 2012, nonché quello del 15 marzo 2012. EE ha lamentato l’inadeguatezza della fermata del tram (linea 4) Castello/Beltrami dove la pedana in dotazione al mezzo non può essere utilmente utilizzata a causa dell’eccessivo dislivello con la sede del marciapiede - situazione che il 27 marzo e il 19 dicembre 2012 ha bloccato il ricorrente sul tram sino a che non intervenne l’unità di pronto intervento -, nonché l’impossibilità di accedere al convoglio della metropolitana alla fermata MM Bonola a causa di un eccessivo spazio tra convoglio e banchina e di un altrettanto eccessivo dislivello tra banchina e vettura - situazione che il 15 marzo 2012 ha determinato che le ruote della carrozzina rimanessero incastrate nello spazio vuoto tra banchina e treno e solo l’intervento del conducente e di due passeggeri che alzarono di peso la carrozzina gli consentirono di salire sul mezzo -.

I fatti come narrati da EE non sono stati contestati dai resistenti ed evidenziano una palese inadeguatezza della fermata Castello/Beltrami e del sistema di incarrozzamento su convogli della metropolitana.

4.1. Quanto agli episodi occorsi alla fermata Castello/Beltrami i testimoni sentiti hanno non solo confermato le dichiarazioni del ricorrente, ma i due dipendenti ATM (… e ..) sentiti in corso di causa hanno esplicitamente affermato che la fermata è inidonea alla salita e discesa di disabili con carrozzina in quanto l’altezza del marciapiede è insufficiente per consentire alla pedana l’inclinazione corretta per la discesa e la salita in sicurezza.

Se ne deduce che, mentre i tram della linea 4 sono dotati di idonee pedane per la discesa e salita dei disabili, l’area della fermata – sulla quale gli interventi sono pacificamente di competenza del Comune di Milano – risulta inadeguata.

Che la questione fosse nota da tempo al Comune di Milano è confermato dalla missiva del 21 giugno 2013 di ATM (doc. 26 ATM) dalla quale si evince che il problema era già stato dibattuto, ma non risolto, sin dal 2010.

In tale contesto l’inerzia del Comune di Milano, che ha determinato - e determina tutt’ora - l’impossibilità per il disabile di accedere o scendere dal tram alla fermata, costituisce una condotta omissiva che pone EE in una posizione di svantaggio rispetto al passeggero normodotato, impedendogli di fatto la discesa dal (e la salita al) tram alla fermata Castello/Beltrami.

L’illiceità della condotta dell’Amministrazione non viene meno per il fatto che nel corso degli ultimi anni il Comune di Milano abbia effettuato numerosi interventi viabilistici a favore delle utenze deboli (ivi compresa la manutenzione di scale mobili e montascale) e che l’area di p.zza Castello sia interessata da un più ampio progetto di pedonalizzazione che avrà riflessi anche sulla messa a norma della fermata Castello/Beltrami, né tanto meno dal fatto che la linea tranviaria 4 sia completamente idonea alla salita e discesa delle carrozzine con la sola eccezione della fermata Castello/Beltrami.

Se per un verso appare evidente che l’Amministrazione comunale debba gestire con pianificazione unitaria e coerente gli interventi viabilistici – ciò al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e continui disagi per gli utenti –, è altresì evidente che il Comune di Milano ben avrebbe potuto realizzare un semplice intervento temporaneo quale una rampa in corrispondenza delle porte del tram, che avrebbe rappresentato un’opera di facile ed economica realizzazione, che certamente non avrebbe importato oneri sproporzionati o eccessivi per il Comune di Milano e che al contempo avrebbe garantito al ricorrente l’esercizio del proprio diritto di muoversi autonomamente.

A mente di quanto sopra osservato l’inerzia del Comune, con particolare riguardo al mancato adeguamento della fermata Castello/Beltrami, costituisce condotta discriminatoria ai danni di EE

4.2. Anche l’episodio occorso il 15 marzo 2012 non è stato contestato dalla resistente ATM che si è limitata a sottolineare come le distanze tra convogli della metropolitana e banchina siano conformi alle norme UNI e come i treni siano tutti omologati.

Come si è già avuto modo di evidenziare, l’astratta conformità di convogli e banchine alle norme tecniche non esclude la possibilità che si realizzi una situazione discriminatoria per il disabile, ove - come nel caso di specie - il dislivello (verticale) ovvero la distanza orizzontale tra banchina e convoglio siano tali da impedire concretamente alla carrozzina l’accesso sul treno. Tale situazione finisce, infatti, col rappresentare un ostacolo/barriera per il disabile.

EE ha narrato (e la circostanza non è stata contestata dai resistenti) che fu necessario l’intervento del conducente e di due passeggeri che sollevarono di peso lui e la carrozzina, per disincastrare la carrozzina e consentirgli di salire sul convoglio.

La mancata predisposizione da parte del vettore di sistemi che garantiscano al disabile la salita (o la discesa) in sicurezza sul treno della metropolitana costituisce discriminazione indiretta ai danni di quest’ultimo.

Anche con riferimento a tale problematica la questione la soluzione avrebbe potuto essere trovata nell’ambito di un ragionevole accomodamento, eventualmente prevedendo l’assistenza al disabile da parte di un addetto ATM in banchina. Anche in tal caso l’onere per ATM Servizi non sarebbe stato eccessivo e avrebbe consentito al disabile di esercitare il proprio diritto di utilizzare il mezzo pubblico.

Con riferimento a tale situazione va dunque affermata la condotta discriminatoria nei confronti di EE di Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. con particolare riguardo alla mancata adozione di misure che consentano al disabile in carrozzina l’accesso al vagone della metropolitana.

4.3. Va dunque affermata la condotta discriminatoria nei confronti di EEdel Comune di Milano con particolare riguardo al mancato adeguamento della fermata Castello/Beltrami e di ATM Servizi con particolare riguardo alla mancata previsione di misure utili all’incarrozzamento a bordo del vagone della metropolitana.

4.4. Il ricorrente ha affermato di non aver potuto salire – il 5 gennaio 2012 - sull’autobus della linea 73X in quanto il conducente non era munito della chiave che attivava il meccanismo di sollevamento della pedana di sollevamento delle carrozzine per disabili. La circostanza è stata confermata dal teste .. che ha affermato che si trovava con EE e non fu possibile salire sull’autobus “perché il conducente era sprovvisto della chiave necessaria per azionare la pedana. Fummo costretti ad attendere l’arrivo del successivo autobus sul quale fu possibile accedere. Abbiamo dovuto attendere circa 20 minuti”.

La situazione prospettata dal ricorrente - e confermata dal testimone – è di per sé indicativa di un trattamento deteriore del passeggero disabile. ATM Servizi, sulla quale gravava l’onere della prova liberatoria, non ha fornito alcun elemento volto a provare l’insussistenza della discriminazione, limitandosi a osservare che le pedane quale quella in dotazione all’autobus della linea 73X sono ad azione manuale e sono prive di chiavi. Va tuttavia osservato che, ove pure la pedana in questione non necessitasse di chiavi per il suo funzionamento, il ricorrente non fu messo nelle condizioni di salire sull’autobus come ad un qualunque passeggero normodotato e in relazione a tale condotta il vettore non ha offerto alcun chiarimento o giustificazione.

Anche con riferimento a tale episodio va dunque affermato il carattere discriminatorio della negligente condotta tenuta da ATM Servizi.

4.5. Non si ravvisano contenuti discriminatori negli ulteriori episodi descritti dal ricorrente.

Con particolare riguardo all’episodio occorso il 27 marzo 2012 - allorchè EE rimase bloccato per circa mezz’ora sul servo scala a causa di un guasto - la valutazione circa la responsabilità dei resistenti nell’illecito discriminatorio si incentra necessariamente sull’adeguatezza dei metodi di controllo della funzionalità del sistema di risalita, non potendosi escludere che un meccanismo si guasti e non potendosi, altresì, automaticamente riconnettere al guasto un atteggiamento discriminatorio da parte del soggetto tenuto al suo funzionamento (ATM Servizi).

L’istruttoria eseguita ha consentito di appurare che i servo scala sono soggetti a verifiche annuali e trimestrali e che vengono quotidianamente movimentati per verificarne l’efficienza e attivare la sala operativa in caso di guasto. In tal senso il teste … (responsabile di unità manutentive di ATM) ha confermato che il servo scala asservito alla fermata centrale fu oggetto delle verifiche periodiche e che “ogni giorno l’operatore di stazione deve obbligatoriamente movimentare i servo scala interni ed esterni almeno due volte al giorno sulla base di un comunicato prodotto da ATM sub 20 dell’8.4.2013. Anche prima dell’aprile del 2013 vi era una simile disposizione che prevedeva una sola corsa per gli impianti esterni. Nell’ipotesi in cui il montascale sia guasto l’operatore di stazione informa immediatamente la sala operativa che informa noi. Il reparto manutenzione dispone di propri operai che intervengono nell’immediatezza dal lunedì al venerdì dalle ore 08.00 alle ore 17.00. Nel fine settimana vi è un operaio reperibile che all’occorrenza può intervenire ed eventualmente risolvere il guasto se non troppo complesso. Vi è poi una squadra di emergenza a servizio della metropolitana che interviene per qualunque emergenza tra cui anche eventuali persone bloccate a bordo impianto.” Dal comunicato n. 4M/2013 dell’8 aprile 2013 si evince che l’Azienda ha previsto che entro le ore 7 siano eseguiti controlli dello stato di manutenzione e della funzionalità dei montascale e segnalati malfunzionamenti del meccanismo che dovrà essere tempestivamente riparato (doc. 20 ATM).

Sebbene sia auspicabile un miglioramento nei sistemi di mantenimento dell’efficienza dei montascale – il ricorrente ha segnalato di essersi trovato nuovamente bloccato il 12 ottobre 2013 sul montascale della fermata Monterosa della Metropolitana – i controlli attualmente previsti - annuali, trimestrali e giornalieri - appaiono sufficienti per un effettivo monitoraggio della funzionalità degli impianti montascale e per garantire in maniera accettabile l’utilizzabilità degli stessi da parte dei passeggeri con disabilità. In tale contesto il possibile guasto del meccanismo si pone evento accidentale non diversamente prevenibile e come tale non imputabile alla negligenza di ATM Servizi.

Non va dunque addebitata a condotta discriminatoria la pur incresciosa situazione in cui EE si è trovato il 27 marzo 2012.

4.6. Il ricorrente ha riferito che il primo dicembre 2011 non riuscì a salire sul vagone della metropolitana perché il macchinista del convoglio non si attivò per far spostare i passeggeri che occupavano lo spazio riservato alle carrozzine. La resistente ha contestato la circostanza affermando che il macchinista aveva chiesto ai passeggeri che lasciassero spazio per consentire a EE di salire sul vagone, senza tuttavia ottenere un risultato positivo. Il ricorrente non ha fornito elementi che consentano di ritenere provata la mancata assistenza da parte del dipendente ATM a cui sarebbe riconducibile l’atto discriminatorio.

In proposito non può essere addebitata ad ATM responsabilità alcuna per l’omessa conservazione delle immagini registrate presso la stazione della metropolitana, dalle quali il ricorrente ritiene si potesse evincere l’andamento dei fatti. Come correttamente osservato dalla resistente, il Garante della Privacy con provvedimento dell’8 aprile 2010 in materia di videosorveglianza, ha indicato che la durata dell'eventuale conservazione delle immagini deve essere limitata a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici o esercizi, nonché nel caso in cui si deve aderire ad una specifica richiesta investigativa dell'autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria. Solo in alcuni casi, per peculiari esigenze tecniche (mezzi di trasporto) o per la particolare rischiosità dell'attività svolta dal titolare del trattamento (ad esempio, per alcuni luoghi come le banche può risultare giustificata l'esigenza di identificare gli autori di un sopralluogo nei giorni precedenti una rapina), può ritenersi ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati che, sulla scorta anche del tempo massimo legislativamente posto per altri trattamenti, si ritiene non debba comunque superare la settimana.”

In tale contesto non vi sono dunque elementi per affermare che il dipendente ATM abbia posto in essere una condotta discriminatoria ai danni di EE

4.7. Quanto infine all’episodio dell’8 gennaio 2013 – allorchè il conducente dell’autobus (linea 70) avrebbe fatto cadere violentemente a terra la pedana sfiorando i piedi del ricorrente – si osserva che, se per un verso la circostanza è rimasta del tutto priva di riscontro probatorio, tuttavia l’eventuale sgarberia del conducente non rivestirebbe da sola profili discriminatori.

5. Così accertate le condotte discriminatorie poste in essere da Comune di Milano e ATM, i resistenti sono tenuti a porre in essere interventi idonei a far cessare le situazioni che determinano discriminazione e ciò con specifico riferimento alla situazione della fermata Castello/Beltrami e alle problematiche di incarrozzamento nel vagone della metropolitana derivanti dal dislivello tra pianale del convoglio e banchina. Tali situazioni sono, infatti, destinate a determinare nuovi episodi discriminatori ai danni di EE

5.1. Con particolare riguardo alla situazione della fermata del tram linea 4 Castello/Beltrami, il Comune ha prodotto documentazione dalla quale si evince che l’area è interessata da progetti di riqualificazione connessi ad Expo 2015 e ha affermato che nell’ambito degli stessi la fermata Castello/Beltrami sarà resa accessibile alle persone con disabilità entro fine anno.

Tenuto conto del mancato adeguamento, sino alla data odierna, della fermata in questione il tribunale, visto l’art. 28 co. V D. L.vo 150/11, dispone che entro il 31 dicembre 2014 la fermata della linea 4 Castello/Beltrami sia resa accessibile ai disabili e, ove tale intervento non possa essere realizzato nell’ambito del più ampio progetto di riqualificazione dell’area, ordina al Comune di Milano di realizzare - entro lo stesso termine 31 dicembre 2014 - alla fermata Castello/Beltrami in corrispondenza delle porte del tram linea 4 una rampa che riduca il dislivello tra il marciapiede e il pianale della vettura così da consentire l’appoggio della pedana per la discesa e la salita del disabile in carrozzina.

5.2 L’Azienda Trasporti Milanese Servizi è invece tenuta ad adottare ogni opportuna misura tecnica o logistica per l’adeguamento della carrozza attrezzata per i disabili in maniera da eliminare - al momento della salita o della discesa del viaggiatore disabile - il dislivello e la distanza dalla banchina che impedisce la salita e la discesa con carrozzina, o in alternativa di predisporre un servizio permanente di assistenza al viaggiatore disabile per la salita e la discesa dalla carrozza. Tale misura dovrà essere resa operativa entro il 31 gennaio 2015.

6. EE ha chiesto il risarcimento del danno senza tuttavia fornire dettagli in ordine alla natura e all’entità degli stessi.

Avuto riguardo ai fatti in relazione ai quali è stata ricondotta valenza discriminatoria, si può ragionevolmente presumere che quelle situazioni abbiano prodotto un grave senso di frustrazione nel ricorrente il quale non solo ha visto limitato l’esercizio della fondamentale libertà di movimento e la possibilità di esplicarla in maniera indipendente, ma altresì lo hanno posto penosamente al centro dell’attenzione proprio per la sua condizione di disabilità.

In tale contesto si ritiene equo, tenuto altresì conto dei relativamente rapidi interventi posti in essere da Azienda Trasporti Milanese Servizi per consentire a EE di scendere dal tram o salire sul vagone della metropolitana, liquidare per il danno non patrimoniale subito da EE la complessiva somma di € 4.000,00 in misura attuale, di cui € 2.000,00 a carico di Comune di Milano e € 2.000,00 a carico di Azienda Trasporti Milanese Servizi.

Condanna, dunque, il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, a corrispondere a EE per i danni non patrimoniali subiti la somma di € 2.000,00 in moneta attuale, oltre agli interessi legali da oggi al saldo.

Condanna Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. a corrispondere a EE per i danni non patrimoniali subiti la somma di € 2.000,00 in moneta attuale, oltre agli interessi legali da oggi al saldo.

7. Va respinta la domanda di pubblicazione ex art. 28 co. VII D. L.vo 150/11 non ravvisandosi elementi che rendano utile ai fini risarcitori tale provvedimento e ritenendosi interamente satisfattivo del danno subito da EE il risarcimento del danno riconosciuto.

8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M

 

visto l’art. 702 ter c.p.c.,

in parziale accoglimento del ricorso proposto da EE

1. accerta il contenuto discriminatorio ai danni del ricorrente della condotta omissiva del Comune di Milano con particolare riguardo al mancato adeguamento della fermata Castello/Beltrami al fine di consentire la salita e la discesa dal tram della linea 4 al disabile in carrozzina;

2. accerta il contenuto discriminatorio ai danni del ricorrente della condotta omissiva di ATM Servizi con particolare riguardo alla mancata adozione di misure utili a garantire al disabile in carrozzina la salita e la discesa a bordo del vagone della metropolitana e dell’autobus della linea 73X;

3. ordina al Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore di realizzare – ove i lavori di riqualificazione dell’area non abbiano determinato prima del 31.12.2014 l’adeguamento della fermata – entro il 31 dicembre 2014 alla fermata Castello/Beltrami in corrispondenza delle porte del tram linea 4 una rampa che riduca il dislivello tra il marciapiede e il pianale della vettura, così da consentire l’appoggio della pedana per la discesa e la salita del disabile in carrozzina;

4. ordina ad Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. di adottare ogni opportuna misura tecnica o logistica per l’adeguamento della carrozza della metropolitana attrezzata per i disabili in maniera da eliminare - al momento della salita o della discesa del viaggiatore disabile - il dislivello e la distanza dalla banchina che impedisce la salita e la discesa con carrozzina, o in alternativa di predisporre un servizio permanente di assistenza al viaggiatore disabile per la salita e la discesa dalla carrozza, e ciò entro il 31 gennaio 2015;

5. condanna il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, a corrispondere a EEper i danni non patrimoniali subiti la somma di € 2.000,00 in moneta attuale, oltre agli interessi legali da oggi al saldo;

6. condanna Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. a corrispondere a EE per i danni non patrimoniali subiti la somma di € 2.000,00 in moneta attuale, oltre agli interessi legali da oggi al saldo;

7. condanna Comune di Milano e Azienda Trasporti Milanese Servizi s.p.a. a rifondere a EEle spese del presente giudizio, liquidate in

complessivi € 2.430,00 per compensi oltre rimborso forfettario ex art. 2 d.m. 55/2014 ed accessori di legge.

 

Si comunichi.

 

Milano, 20 novembre 2014

Il Giudice

Orietta Stefania Miccichè


da Altalex

Martedì, 28 Luglio 2015
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