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Notizie brevi 16/06/2015

Carta d'identità elettronica, dopo 18 anni di insuccessi il governo ci riprova

La prima legge che parlava di carta di identità elettronica è del 15 maggio 1997 e fa parte del cosiddetto pacchetto Bassanini sulla semplificazione amministrativa.

Diciotto anni e svariati governi dopo, il recentissimo decreto in materia di enti locali si propone - come spiega il comunicato ufficiale di Palazzo Chigi - «la definitiva implementazione della nuova carta di identità elettronica». E stanzia per questa finalità e per l’ampliamento dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente un po’ di soldi, circa 60 milioni per il 2015.

I precedenti non incoraggerebbero a sperare che questa sia davvero la svolta finale in una vicenda in cui si sono susseguiti regimi sperimentali infiniti, scontri tra società pubbliche, cambi di strategia in nome della revisione della spesa. Attualmente le card elettroniche distribuite sarebbero 4 milioni, in circa 200 Comuni (ma sulle cifre non c’è certezza). La procedura di rilascio è lunga, può durare anche mesi; c’è poi un costo aggiuntivo di 20 euro a carico del cittadino, rispetto al documento tradizionale.

Il corrispettivo di tutto ciò dovrebbe essere la possibilità di disporre, insieme al documento di identità, di uno strumento in grado di accedere ad una serie di servizi della pubblica amministrazione. Ma questa prospettiva è rimasta finora in larghissima parte teorica: non è cambiato molto da quando nel 2001 fu emessa la prima carta sperimentale. Dopo di allora, per un decennio, ci sono stati vari annunci da parte di diversi governi e un po’ di buona volontà di alcuni Comuni, ma nessun progresso significativo.

Fino a che nel 2012 l’esecutivo guidato da Monti ha pensato che l’operazione era troppo costosa ed ha deciso di rimpiazzarla con qualcos’altro. Dall’acronimo Cie (che sta appunto per carta di identità elettronica) che si è passato a un più ostico Ddu, ovvero documento digitale unificato. L’idea era di riunire in un solo supporto la tessera sanitaria, gestita dal ministero dell’Economia, che contiene anche il codice fiscale, ed appunto la carta di identità. Anche questo progetto non ha fatto molta strada e la distribuzione ai cittadini in realtà non è nemmeno iniziata.

Così ora il decreto enti locali approvato giovedì dal governo (ma ancora non pubblicato sulla Gazzetta ufficiale) dovrà portare al «superamento» del Ddu: si tornerebbe quindi indietro alla vecchia idea di una carta di identità a se stante. Il testo precisa che un decreto del ministero dell’Interno, di concerto con quello della Pubblica amministrazione e dell’Economia, dovrà fissare «le caratteristiche tecniche, le modalità di produzione, di emissione, di rilascio della carta d’identità elettronica, nonché di tenuta del relativo archivio informatizzato». Insomma si ricomincia più o meno da zero, anche se nel frattempo potranno ancora essere emesse le card in uso finora. Lo stesso decreto provvede ad ampliare l’Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente) attribuendogli anche l’informatizzazione dei registri di stato civile tenuti dai Comuni e delle liste di leva.

Intanto però al centro della strategia digitale del governo c’è ancora un’altra sigla, quella dello Spid, il sistema pubblico di identità digitale. Ovvero le credenziali che dovrebbero permettere al cittadino di accedere ai servizi pubblici oggi fruibili con password e pin diversi (Inps, Agenzia delle Entrate e così via). Entro quest’anno dovrebbero essere rilasciati 3 milioni di Spid. E se il processo andrà avanti, l’idea di una carta d’identità di plastica che consenta anche l’accesso ai servizi potrebbe rivelarsi obsoleta.

di Luca Cifoni
da ilmessaggero.it


Sì a volte ritornano... (ASAPS)

Martedì, 16 Giugno 2015
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