Martedì 23 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su
Notizie brevi 05/06/2015

L’inquinamento accorcia la vita degli italiani. Milano in cima alla lista

Il rapporto del ministero della Salute: ogni anno muoiono 30 mila persone: per ogni italiano 10 mesi di vita in meno

Brutte notizie dal Ministero della salute, che con il progetto Viias ha reso noto giovedì le nuove statistiche di mortalità attribuibile all’inquinamento dell’aria in Italia. Il combinato di particolato, biossido di azoto e ozono reclamano infatti più di trentamila vite all’anno (il 7% della mortalità totale), il 65% delle quali al Nord, un sesto - più di 5.000 all’anno - solo nella provincia di Milano. Ma anche buone notizie, se si considera quanto la situazione potrebbe migliorare da qui al 2020 se, con politiche adeguate, si riuscissero a rispettare i limiti di legge per l’inquinamento: ogni anno avremmo un risparmio di 11.000 vite. Ma per far questo bisognerebbe metter mano a provvedimenti molto coraggiosi: fra gli altri, ridurre il traffico privato a favore della mobilità sostenibile (trasporti pubblici, biciclette e pedonalità), e regolamentare molto più severamente la combustione di biomasse (a partire dalla legna) che sono fra i principali responsabili delle emissioni di polveri sottili. Anche una maggiore estensione di verde nelle città aiuterebbe a mitigare gli effetti dello smog su cuore e polmoni. Queste in sintesi le conclusioni del progetto Viias, finanziato dal Ministero della salute e coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio, con la collaborazione di molte università e agenzie di protezione ambientali. La novità del progetto, oltre la conferma dei danni da inquinamento atmosferico, è l’aver fornito per la prima volta una mappa degli effetti dell’inquinamento arrivando a un dettaglio provinciale. Leggendo la mappa, salta subito all’occhio il divario Nord/Sud.

 

I costi sanitari

Gli effetti dell’inquinamento sono infatti particolarmente gravi nel Nord Italia, dove l’aspettativa di vita (solo per l’effetto del PM2.5) si riduce di 14 mesi, contro i 6,6 del Centro e i 5,7 del Sud e delle Isole. Situazione grigia soprattutto in Pianura Padana, con la Lombardia in testa alla classifica con il più alto tasso di mortalità attribuibile al PM2,5: 164 decessi ogni 100.000 residenti (se si considera la sola provincia di Milano il tasso sale a 268, con 5.687 decessi, un numero che corrisponde a oltre la metà del totale regionale di 10.802) . Seguono l’Emilia-Romagna e il Veneto con tassi rispettivamente di 124 e 111. Ovviamente, rischia di più chi vive in città, dove il tasso di mortalità si attesta su 136 decessi ogni 100.000 residenti, contro i 59 delle aree rurali. Il PM2,5 non è tuttavia l’unica minaccia alla salute che arriva dall’aria: il biossido di azoto (NO2), con una concentrazione media di 24,7 µg/m3, è stato causa di circa 23.000 morti nel 2005, anno a cui fa riferimento questa prima tornata di dati. Nel 2010 si è osservata una diminuzione dei decessi attribuibili sia al particolato fine (21.524) sia al NO2 (11.993). La ragione di questo andamento va ricercata negli effetti della crisi economica iniziata nel 2007 e in una riduzione delle emissioni derivante dal calo della produzione e dei trasporti. Secondo le stime del Progetto VIIAS, nel 2020 si avrà uno scenario peggiore rispetto a quello del 2010, con oltre 28.000 morti a causa del PM2,5 e più di 10.000 per il biossido di azoto. «Il progetto mostra chiaramente le disuguaglianze negli effetti dell’inquinamento sulla salute degli italiani nelle diverse parti del paese e fra città e campagna» commenta il coordinatore del progetto Francesco Forastiere. «Ma migliorare è possibile con adeguate politiche di contenimento delle emissioni, tenendo presente che se le e missioni industriali e da traffico restano importanti, vanno oggi prendendo sempre più importanza anche altre fonti, come l’uso di biomasse per il riscaldamento e le emissioni di ammoniaca provenienti dall’agricoltura, su cui pure bisognerà agire».

 

 

Si può migliorare

Per stimare i margini di miglioramento, il progetto Viias ha delineato due scenari ipotetici al 2020: il primo va a vedere cosa succederebbe se in tutta Italia si rispettassero le soglie di legge (25 µg/m3 per il PM 2.5 e 40 µg/m3 per NO2); nel secondo invece si ipotizza che in tutta Italia la concentrazione di inquinanti scenda del 20%. In entrambi gli scenari si otterrebbero miglioramenti importanti: da 10mila a quasi 20mila vite salvate, ogni anno. Il punto è come raggiungere questi obiettivi. In particolare, per le polveri sottili, si rendono necessari interventi sul fronte degli impianti di riscaldamento a biomassa, la cui diffusione, incentivata da politiche a favore delle fonti rinnovabili, ha portato a un aumento, soprattutto nel Nord Italia, delle emissioni di particolato atmosferico (sia PM10 sia PM2,5) e di idrocarburi policiclici aromatici (IPA). L’applicazione di tecnologie più avanzate e l’uso del pellets al posto della legna, migliorerebbe la situazione. In campo agricolo, invece, la sostituzione di fertilizzanti a base di urea con altre sostanze, e il più attento confinamento dei liquami zootecnici. Infine, resta il problema costituito dai veicoli Diesel , responsabili del 91% delle emissioni di biossido di azoto e di buona parte del particolato. Ma la sfida è complessa e presuppone anche diverse competenze politiche. «Sarebbe importante adottare una politica di prevenzione unitaria ed efficace sia a livello nazionale che internazionale. Oggi, infatti, la pianificazione degli interventi spetta alle Regioni, a fronte di un fenomeno di inquinamento i cui effetti si manifestano su tutto il territorio nazionale, e anche fuori dai confini nazionali» conclude Luisella Ciancarella, che per l’ENEA ha curato i modelli del progetto Viias.

 

 

 

di Vania Rivalta
da corriere.it

Venerdì, 05 Giugno 2015
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK