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L'interpretazione della Corte di giustizia sui prezzi minimi dell'autotrasporto in Italia

Con la sentenza pubblicata lo scorso 4 settembre 2014 (Cause riunite C-184/13, C-187/13, C-194/13, C-195/13, C-208/13), la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, chiamata a pronunciarsi dal TAR Lazio con rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFEU, ha, come era del resto prevedibile, chiarito che la normativa italiana relativa alla determinazione dei prezzi del trasporto di merci su strada per conto di terzi in misura non inferiore ai costi minimi d'esercizio come determinati dall'Osservatorio sulle attività di autotrasporto, è incompatibile con l'articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), relativo al divieto d'intese anticoncorrenziali, in combinato disposto con l'art. 4 paragrafo 3, del Trattato sull'Unione Europea (TUE) riguardante il dovere di leale collaborazione degli Stati Membri con le istituzioni dell'Unione.

 

La disciplina sottoposta al vaglio della Corte è sostanzialmente riconducibile all'art. 83 bis del D.L. 112/2008, che ha ampiamente ridimensionato la portata della liberalizzazione regolata delle tariffe introdotta con il precedente D.Lgs. 286/2005, nel quadro del riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose volto al superamento del previgente sistema di tariffe obbligatorie a forcella risalente al 1974: in particolare, in base a tale previsione, al fine di garantire la tutela della sicurezza stradale e la regolarità del mercato dell'autotrasporto merci per conto terzi, l'importo da riconoscere al vettore nel contratto di trasporto deve essere tale da consentire la copertura dei costi minimi di esercizio, la cui determinazione è demandata all'Osservatorio sulle attività di autotrasporto, in mancanza di accordi volontari di settore tra le organizzazioni di vettori e committenti.

 

Il contrasto della disciplina con la cornice normativa comunitaria, nella misura in cui implicasse una sostanziale fissazione di prezzi minimi e, quindi, di tariffe obbligatorie, non adeguatamente giustificata dalle esigenze di garanzie della sicurezza stradale, era stata dapprima segnalata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai ministeri e agli organi competenti nel marzo 2012: la stessa Autorità ne aveva, quindi, investito il TAR Lazio, impugnando gli atti e le determinazioni sui costi minimi adottati dall'Osservatorio ed esercitando il potere conferitole dall'art. 21 bis della L. 287/90.

 

La posizione assunta dalla Corte di Giustizia è di integrale condivisione delle perplessità espresse dall'Autorità nel senso di ravvisare che la fissazione dei costi minimi e, a valle, delle tariffe minime da applicare è tale da alterare le dinamiche di concorrenza e del mercato interno comunitario, ponendosi in contrasto con il combinato disposto dell'art. 101 TFUE e 4 (3) TUE, poiché, nonostante le norme sugli accordi vietati tra imprese non siano vincolanti per gli Stati membri (art.101, TFEU), questi ultimi sono sottoposti al dovere di collaborazione con l'Unione così che non possono adottare provvedimenti idonei a eliminare l'effetto utile di tali norme (art. 4, paragrafo 3, TUE): uno Stato Membro incorre, infatti, in una tale violazione ogniqualvolta imponga o agevoli la conclusione di accordi restrittivi della concorrenza o ne rafforzi gli effetti. Nel ragionamento della Corte si rileva centrale la qualificazione dell'Osservatorio come "associazione di imprese" ai fini e per gli effetti dell'applicazione delle norme di concorrenza, che discende tanto dalla composizione dello stesso che dall'assenza di un adeguato controllo pubblico sulla propria attività. Sotto il primo profilo, è dirimente la composizione dell'organo, riconducibile in larga parte (8 membri su 10) alle associazioni di vettori e committenti; sotto il secondo profilo, non è ravvisabile alcun potere di veto in capo a un rappresentante statale rispetto alle decisioni dell'Osservatorio, tale che il potere e l'interesse pubblico possa bilanciare gli interessi in gioco delle imprese private; né la normativa italiana, secondo la Corte, formula dei principi direttivi ai quali l'azione dell'Osservatorio dovrebbe ispirarsi. Gli obiettivi di sicurezza stradale e di regolare funzionamento del sistema dell'autotrasporto sono, piuttosto, enunciati in modo vago, lasciando di fatto alle organizzazioni di categoria la massima libertà di agire nel proprio esclusivo interesse.

 


Secondo la Corte, "la normativa italiana non contiene né regole procedurali né prescrizioni sostanziali idonee a garantire che l'Osservatorio si comporti, in sede di elaborazione dei costi minimi d'esercizio, come un'articolazione del pubblico potere che agisce per obiettivi d'interesse pubblico", di tal ché lo stesso Osservatorio non può che essere qualificato come associazione di imprese ai sensi dell'Art. 101 TFEU quando adotta decisioni di determinazione dei costi minimi. Il regime normativo italiano, rendendo obbligatoria questa determinazione, avrebbe dunque come unico risultato di impedire ad altre imprese europee di operare in Italia fissando tariffe inferiori.

 

Né la restrizione concorrenziale cagionata dalla normativa nazionale si limita a quanto necessario per il conseguimento di un obiettivo legittimo quale la sicurezza stradale: da un lato, tale obiettivo è richiamato in maniera generica senza stabilire puntualmente alcun nesso tra i costi minimi di servizio e il rafforzamento della sicurezza stradale; dall'altro, il raggiungimento dello stesso obiettivo sarebbe, secondo la Corte, garantito da altre disposizioni di livello comunitario, più efficaci e meno restrittive, quali quelle che regolano la durata massima settimanale del lavoro, le pause, i riposi, il lavoro notturno ed il controllo degli autoveicoli.
Il legislatore italiano dovrà, quindi, necessariamente reintervenire sulla materia con disposizioni interne vincolanti che abbiano la stessa efficacia giuridica della disciplina vigente incompatibile con il diritto comunitario e le implicazioni sull'intero settore dell'autotrasporto saranno di evidente rilievo nell'ottica dell'auspicato confronto concorrenziale che non infici le condizioni di sicurezza stradale.

 

 

di Alessandro Greco
Of Counsel responsabile del dipartimento
di diritto comunitario e della concorrenza
e Flavia Caloprisco, associate, dello studio Eversheds Bianchini

 

 

da ilsole24ore.com

 

 

Mercoledì, 17 Settembre 2014
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