Danni al terzo trasportato: conducente non è litisconsorte necessario
Il terzo trasportato, che a seguito di un sinistro stradale venga danneggiato, deve convenire in giudizio solamente l’impresa di assicurazione e non anche il conducente del veicolo su cui era a bordo. Tale soggetto non è un litisconsorte necessario (art. 141, D.L. 209/05).
Un soggetto terzo trasportato, a seguito di un sinistro stradale, istaurava dinanzi al Giudice di Pace di Siena un giudizio sia nei confronti dell’impresa di assicurazione sia contro il conducente dell’autovettura nel quale era a bordo.
Il giudice di prime cure prendeva atto della cessazione delle materia del contendere in quanto l’impresa di Assicurazione aveva proceduto, nelle more del giudizio, al risarcimento del danno ma condannava la parte attrice-trasportata alla rifusione delle spese legali sostenute dal conducente del veicolo ingiustamente convenuto in causa.
Lo stesso attore proponeva appello al Tribunale di Siena per la condanna sopra esposta sostenendo che il vettore fosse stato un litisconsorte necessario.
Diritto
Il terzo trasportato può agire giudizialmente nei confronti del conducente del veicolo o deve, al contrario, procedere solamente contro l’impresa assicurativa?
Soluzione
Il Tribunale di Siena, in persona del Dott. Stefano Caramellino, investito di dirimere la controversia in oggetto ha statuito la seguente ordinanza emessa il 6 aprile 2014.
In primis, il giudicante ha evidenziato che nessun addebito di responsabilità civile, ex art. 2054 c.c., poteva essere mosso al conducente dell’autovettura su cui era avvenuto il trasporto in quanto il sinistro stradale era sorto a causa di un tamponamento da tergo cagionato dalla violazione dell’art. 149 C.D.S.
Successivamente lo stesso Dott. Caramellino ha sottolineato che, nel caso di specie, non era mai stata messa in discussione la natura dell’azione diretta esperita dall’attore ai sensi dell’art. 141, D.L. n. 209/05. Infatti l’azione, istaurata contro l’impresa di assicurazione del veicolo su cui il trasportato era a bordo, escludeva inconfutabilmente la possibilità che l’azione medesima potesse rientrare nel combinato disposto dall’art. 144 stesso decreto e l’art. 2054 c.c.
Infine il giudicante ha evidenziato che nell’azione diretta del trasportato non è previsto né è necessario un accertamento di responsabilità del vettore nella produzione del sinistro ex art. 141, 1 comma D.L. 209/05.
Pertanto, in coerenza con quanto sopra esposto, il Dott. Caramellino ha asserito che l’unico soggetto legittimato passivo dell’azione diretta dal terzo trasportato, ex art. 141, D.L. 209/05 fosse stata l’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro come sancito dal 3 comma della medesima norma nei confronti del quale il danneggiato aveva altresì l’onere di esperire la procedura stragiudiziale di cui all’art. 148, 2 comma D.L. 209/05.
La tesi auspicata dall’attore, che sostiene il litisconsorzio necessario della persona fisica vettore, contravverrebbe infatti alla ratio di celerità ed economia processuale cui si impronta la previsione di tale azione diretta (Trib. Roma 30 marzo 2010). La norma vuole astrarre la tutela della posizione giuridica del trasportato dai rischi connessi all’incertezza sull’effettivo riparto di responsabilità tra il proprio vettore e l’altro conducente con un beneficio di speditezza e minore durata processuale.
In altro modo, prima di tutto, la norma tende a tutelare la posizione giuridica del terzo trasportato e, solo successivamente, si preoccupa delle posizioni soggettive delle imprese assicurative che dovranno dirimere le loro divergenze senza compromettere la tutela personale dei soggetti danneggiati.
Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra, il giudicante dichiarava l’appello inammissibile e confermava la sentenza di primo grado con consequenziale condanna dell’attore alla refusione delle spese sostenute dal convenuto-vettore.
In sintesi
Esito procedimento: Inammissibilità dell’ appello ex art. 348 ter c.p.c.
Normativa: art. 141, D.L. 309/05.
Giurisprudenza conforme: Trib. Roma 30 marzo 2010.
(Nota di Jacopo Meini)
da Altalex
Tribunale Ordinario di Siena
Sezione Unica
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice Stefano Caramellino
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Nel procedimento iscritto al n. 1906 /2013 R.G. promosso da
R, elettivamente domiciliato/a presso lo Studio dell'Avv. omissis
Parte appellante
CONTRO
A S.P.A, contumace
Parte appellata
CONTRO
G, elettivamente domiciliato/a presso lo Studio dell'Avv. omissis
Parte appellata
RAGIONI di FATTO e di DIRITTO
I. Trattasi di appello contro sentenza in azione del trasportato ai sensi dell'articolo 141 decreto legislativo 209 del 2005 che, preso atto in via meramente incidentale della cessazione della materia del contendere per l'avvenuto pagamento da parte dell’assicuratore convenuto contumace, ha condannato la parte attrice danneggiata trasportata alla rifusione delle spese nei confronti del convenuto costituito, proprietario conducente dell'autoveicolo su cui viaggiava la predetta danneggiata trasportata.
L'unico motivo di appello verte sulla questione di diritto, a cui il giudice di prime cure ha risposto negativamente, se il proprietario dell'autoveicolo su cui avveniva il trasporto del danneggiato sia litisconsorte necessario nel contesto dell'azione prevista e disciplinata dall'articolo 141 codice delle assicurazioni private.
II. In punto di fatto, giova rilevare che dalla citazione di primo grado si evince chiaramente che nessun addebito di responsabilità civile ex articolo 2054 CC è stato mosso dall'odierno appellante nei confronti dell'odierna persona fisica appellata, proprietario conducente dell'autoveicolo su cui avveniva il trasporto. Infatti, quest'ultimo ha descritto il sinistro per cui è causa come un tamponamento da tergo, esclusivamente cagionato dalla violazione dell'articolo 149 codice della strada da parte del conducente dell'autoveicolo antagonista, mai chiamato in causa così come la sua proprietaria; l'odierno appellante aveva poi aggiunto, in primo grado, "è palese ascrivere la responsabilità dell'accaduto solo ed esclusivamente al conducente della suindicata autovettura".
Non è quindi dubbia la natura dell'azione diretta che l'odierno appellante ha esperito, ai sensi dell'articolo 141 decreto legislativo 209 del 2005 e non anche ai sensi del combinato disposto degli articoli 144 stesso decreto legislativo e 2054 CC. È quindi inconferente l'invocazione, compiuta dalla parte appellante, delle regole che disciplinano l'onere della prova e il litisconsorzio necessario in seno all'azione diretta contro l'assicuratore del responsabile civile, poiché trattasi di azione alternativa e non sovrapponibile all'azione diretta del trasportato, di più recente conio legislativo (Corte Cost. 205/2008); sotto altro profilo, nell'azione diretta del trasportato non è previsto né necessario un accertamento di responsabilità del vettore nella produzione del sinistro (Corte Cost. 191/2009, Corte Cost. 440/2008).
III. Coerentemente con tale ultima considerazione sistematica e in pieno accordo con il tenore letterale della disposizione di legge che prevede e disciplina l'azione del trasportato diretta contro il conducente suo vettore, l'unico soggetto legittimato passivo dell'azione diretta del trasportato prevista dall'articolo 141 codice delle assicurazioni private è l'impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro (3º comma), nei confronti della quale il danneggiato ha altresì l'onere di promuovere la procedura stragiudiziale di cui all'articolo 148 stesso codice (2° comma). La regola dell'alternatività tra i due tipi di azione diretta enunciata dalla Consulta e l’espressa estromissione legale dal thema decidendum dell'azione ex articolo 141 tuap degli accertamenti intesi ad ascrivere la responsabilità del sinistro all'uno o all'altro soggetto inducono a ritenere altresì che l'approdo interpretativo auspicato in questa sede dall'appellante, che sostiene il litisconsorzio necessario della persona fisica del vettore, contravverrebbe alla ratio di celerità ed economia processuale cui si impronta la previsione di tale nuova azione diretta (sulla quale cfr. Tribunale di Roma, 30 marzo 2010). Si condividono infatti i rilievi svoli da altri giudici di merito in ordine alla finalità normativa di astrarre la tutela della posizione giuridica del trasportato dai rischi connessi all'incertezza sull'effettivo riparto di responsabilità tra il proprio vettore e l'altro conducente, con un beneficio di speditezza e minore durata processuale tra l’altro improntata a un'interpretazione della norma conforme al considerando 16 della direttiva 2005/14/CE, nella parte in cui si riferisce agli utenti della strada "non motorizzati" diversi da pedoni e ciclisti (Trib. Torino 11.10.2007, n. 6070 che richiama anche l'articolo 4, lettera B legge delega 229/2003, attinente al diverso criterio direttivo ex art. 76 Cost. della “tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli”).
Ciò premesso, la definizione del secondo grado di giudizio può sostanziarsi ai sensi dell’art. 348 ter primo comma cpc nella condivisione dell’approdo interpretativo del precedente conforme di cui Trib. Roma 30.06.2010 e Trib. Nola 22.11.2012.
IV. L’assenza di pronunciamenti del giudice di legittimità pare sufficiente a ritenere infondata la domanda ex art. 96 cpc.
V. Le spese seguono la soccombenza.
Poiché è entrato in vigore il decreto Ministero della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 recante i nuovi parametri per la liquidazione delle spese processuali, si pone questione di diritto intertemporale circa la sua applicabilità al compenso per le prestazioni svolte in questo grado di giudizio. La "disposizione temporale" di cui all'articolo 28 del decreto ora vigente ricalca l'identico tenore letterale di quella di cui all'articolo 41 decreto Ministero della Giustizia 140 del 2012. Oltre alla continuità sul piano sistematico, ricorrono quindi ragioni letterali e logiche per ribadire, come nel passaggio intertemporale tra la disciplina di cui al decreto ministeriale 8 aprile 2004, numero 127 e il predetto decreto 140 del 2012, che il compenso della Difesa deve essere liquidato secondo i parametri vigenti nel giorno della liquidazione giudiziale, d’immediata applicazione anche per le prestazioni precedentemente svolte nell’ambito del medesimo grado di giudizio (Cass. 26 settembre - 5 novembre 2012, n. 18920; Cass. 12.10.2012 n. 17406 e Cass. 28.09.2012, n. 16581, quest’ultima con generale riferimento al diritto intertemporale nell’ipotesi di successione di tariffe professionali).
Deve quindi tra l'altro riconoscersi il rimborso forfettario delle spese generali, in presenza di espressa previsione normativa (art. 13, decimo comma legge 247/2012) ora seguita dal decreto ministeriale attuativo, che al proprio articolo 2 quantifica nel 15 percento dei compensi tale rimborso.
La tabella di riferimento è la n. 2 riferita a “giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale”.
Il valore di lite di questo secondo grado di giudizio risulta pari ai sensi dell’art. 14 cpc a €550, anche perché gli interessi perseguiti dalle parti coincidono con l’importo della liquidazione ex art. 91 cpc adottata in primo grado. Lo scaglione cui occorre fare riferimento è quindi quello minimo.
Nel presente grado di giudizio, svoltosi nel contraddittorio di due parti, non si è fatto luogo ad effettiva istruttoria. La liquidazione media è quindi pari a €440. Alla luce dei criteri dettati dall’art. 4, primo, settimo e ottavo comma DM 55/2014, si ravvisano ragioni per discostarsi in concreto dal valore medio di liquidazione, con un aumento prossimo al 50% per le fasi di studio e decisionale, per complessivi €580, per il pregio dell’attività prestata e per la natura dell’affare, caratterizzata dall’esistenza di posizioni interpretative ancora dibattute.
La parte vittoriosa non ha sostenuto spese esenti in questo secondo grado.
Il tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda istanza eccezione e deduzione respinta o assorbita, visti gli artt. 348 ter e 91 ss cpc.
PQM
Dichiara inammissibile l’appello condanna parte appellante R a rifondere le spese processuali di parte appellata G che liquida in euro 580,00 per compenso, oltre €72,50 per rimborso a forfait, oltre CPA ed IVA ai sensi di legge.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Siena, 06/04/2014.
Il giudice
Stefano Caramellino