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Corte di Cassazione 31/10/2013

Guida in stato di ebbrezza: la pena raddoppia se si è ''provocato'' un incidente

(Cass. Penale, sez. IV, 13 settembre 2013,n. 37743)

Una delle novità più salienti introdotte con le recenti modifiche apportate all'art. 186 CdS, si rinviene nel testo del comma 2-bis.

Esso prevede, infatti, una circostanza che aggrava la pena base prevista per la guida in stato di ebbrezza e che recita testualmente: ”Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le sanzioni di cui al comma 2 del presente articolo e al comma 3 dell'articolo 186-bis sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea all'illecito. Qualora per il conducente che provochi un incidente stradale sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l), fatto salvo quanto previsto dal quinto e sesto periodo della lettera c) del comma 2 del presente articolo, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. È fatta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 222."

Tale norma trova puntuale ed omologa previsione nel testo del successivo articolo 187,1-bis : "Se il conducente in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dal settimo e dall'ottavo periodo del comma 1, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. È fatta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 222.”.

Or bene, la ulteriore condizione oggettiva che viene necessariamente richiesta in abbinamento a quella basilare soggettiva, o della ebbrezza alcolica o dell'alterazione da stupefacenti, per ritenere operative le circostanze aggravanti in oggetto, consiste nella condotta di avere provocato un incidente stradale, vale a dire di essere il soggetto attivo e diretto nella causazione dell'evento dannoso.

La verificazione dell'incidente stradale (ed ogni sua conseguenza dannosa), quindi, deve essere imputabile, sul piano esclusivo, al soggetto imputato (o della violazione dell'art. 186, oppure di quella dell'art. 187 CdS).

Il caso di specie, invece, proponeva alla valutazione dei Supremi giudici una digressione rispetto all'originaria previsione fattuale, posto che all'imputato-ricorrente veniva contestato il "coinvolgimento" nell'incidente stradale.

Vale a dire che la descrizione del comportamento in base al quale è stata formulata l'ipotesi di reato attribuita al ricorrente ha prestato il fianco ad una evidente censura del Collegio di legittimità.

In primo luogo, la critica ha trovato ragion d’essere perché, esaminando l’imputazione sul piano puramente lessicale, si deve rilevare la presenza di un'assoluta improprietà (l'uso dell'espressione "essere coinvolto" in luogo di quella "avere provocato" - la quale riverbera indubbi effetti anche in punto di diritto -.

E’, infatti, del tutto pacifico che la previsione normativa di aggravamento sanzionatorio della pena base (in entrambi i reati) debba rimanere circoscritta alla condotta di chi cagiona, per propria responsabilità e colpa un sinistro.

L’atto di cagionare, dunque, inteso come gesto di natura indubbiamente colposa.

Esso, però, trova il suo fondamento, sia fattuale che giuridico, in un comportamento attivo dell'individuo, che si ponga come violazione di uno tra i plurimi precetti normativi del CdS e ne sia diretta conseguenza.

In secondo luogo - ed in stretto legame logico con il principio sopra affermato - la Corte di legittimità precisa, inoltre, che, comunque, la situazione di chi è coinvolto in un incidente stradale non può (e non deve) formare oggetto di confusione con quella di chi lo provoca.

Dopo avere risolto, infatti, agevolmente il dato puramente formale e tassativo dell’individuazione della condotta oggetto della previsione contenuta dall’aggravante, la Corte di Cassazione affronta, quindi, anche il tema concernente l'evidente  impossibilità di conferire analogo significato alle due distinte condotte.

Sotto questo ultimo specifico profilo, il Collegio afferma – in maniera tanto lapidaria, quanto convincente -  che ove si ritenesse di operare un’eventuale equiparazione fra soggetto che provoca e soggetto che viene (incolpevolmente e suo malgrado) coinvolto in un sinistro, ci troverebbe dinanzi ad “un’inammissibile ipotesi di analogia in malam partem”.

Tale divieto, deducibile dall’art. 25 comma 2° Cost.,  trova fondamento nel fatto che tale forma di analogia contrasta in tutta evidenza con le esigenze garantistiche del principio di legalità e, soprattutto, quello di tassatività.

Vale a dire, quindi, che sarebbe inaccettabile tanto nel nostro ordinamento giuridico, che nel nostro sistema legislativo, riconoscere la possibilità di estendere gli effetti punitivi di una norma incriminatrice di natura penale, rivolta, quindi, a sanzionare specifiche condotte, anche nei confronti di altri comportamenti o (situazioni), che seppure simili, non siano espressamente  previsti ex lege.

Ulteriore conferma dell’assunto, si ricava, inoltre, esemplificativamente dal testo degli artt. 1 e 199  c.p., che sanciscono il principio per cui nessuno può essere sottoposto a pena o a misura di sicurezza se non sulla base di una norma di legge e dall'art. 25 della Cost. secondo cui: "nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fato commesso".

Tornando conclusivamente alla sentenza in commento, appare, quindi, del tutto incontroversa  e pacifica l’esaltazione dell’infungibilità e dell’inconfondibilità interpretativa del verbo “provocare” (l’incidente), il quale, pertanto, configura l’unica condotta in capo alla quale viene riconnesso il trattamento sanzionatorio aggravato in relazione agli artt. 186 comma 2-bis e 187 comma 1-bis Cds.

 

(Nota di Carlo Alberto Zaina)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 28 maggio - 13 settembre 2013, n. 37743

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -

Dott. IZZO Fausto - rel. Consigliere -

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

C.S., n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova del 12/4/2012 (n. 1465/11);

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IZZO Fausto;

udite le conclusioni del Procuratore Generale Dott. D'AMBROSIO Vito, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza del 31/5/2010 il Tribunale di Massa condannava alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 800,00, di ammenda C. S., per la contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., lett. b), per avere guidato in stato di ebbrezza un motoveicolo Piaggio "Poker", con tasso alcolemico rilevato di g/l 1,10, con l'aggravante di avere provocato un incidente stradale (in (OMISSIS)).

Con sentenza del 12/4/2012, la Corte di Appello di Genova, dopo avere rigettato l'impugnazione dell'imputato, in accoglimento dell'appello del Procuratore Generale, escluse le attenuanti generiche riconosciute in primo grado, aumentava la pena a mesi 3 di arresto ed Euro 1.200,00, di ammenda. Osservava la Corte di merito che la non lieve entità del fatto e l'assenza di elementi positivi di valutazione, inibiva il riconoscimento delle attenuanti generiche.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando:

2.1. la errata applicazione della legge, per avere la corte di merito escluso le attenuanti generiche sulla base di una presunta gravità del fatto che, nel caso concreto, non sussisteva, essendo stato il C. vittima e non causa, dell'incidente provocato da tale B.L.;

2.2. la erronea applicazione della legge, laddove era stata riconosciuta la sussistenza della aggravante pur senza avere l'imputato "provocato" l'incidente.

 

Motivi della decisione

 

3. Il ricorso è solo in parte fondato.

3.1. In ordine alla censura relativa al diniego delle attenuanti generiche, è insegnamento di questa Corte che "La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell'art. 62 bis c.p., è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato" (Cass. Sez. 6^, Sentenza n. 42688 del 24/09/2008 Ud. (dep. 14/11/2008), Caridi, Rv.

242419; Cass. Sez. 6^, Sentenza n. 7707 del 04/12/2003 Ud. (dep. 23/02/2004), Anaderio, Rv. 229768; Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 6771 del 22/04/1981 Ud. (dep. 09/07/1981), Brunelli, Rv. 149699).

Nel caso di specie la corte di merito, nel negare le attenuanti, ha richiamato l'entità del fatto commesso, in ragione della non modesta quantità del tasso alcolemico rilevato, nonchè l'assenza di elementi positivi di valutazione (l'imputato è gravato da precedenti penali).

La coerenza e logicità della motivazione sul punto, la rende insindacabile in questa sede.

3.2. Fondato è invece il motivo di censura relativo al difetto di motivazione sulla sussistenza dell'aggravante di cui dell'art. 186 C.d.S., comma 2 bis. Invero nel capo di imputazione è stato contestato all'imputato di essere rimasto "coinvolto" in un incidente stradale.

Nella sentenza non vengono spesi argomenti per spiegare le modalità e l'entità di tale coinvolgimento.

Orbene il mero coinvolgimento in un incidente, da parte di un soggetto che trovasi alla guida in stato di ebbrezza, da solo non integra l'aggravante di cui al citato comma 2 bis. Tale norma, pretende che il soggetto abbia "provocato" un incidente e quindi che sia accertato un coefficiente causale della sua condotta rispetto al sinistro. Assimilare il "coinvolgimento" in un incidente con la condotta di chi "provoca" il sinistro, costituirebbe un'inammissibile ipotesi di analogia "in malam partem".

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

Rigetta il ricorso nel resto.

Visto l'art. 624 c.p.p., dichiara irrevocabile l'affermazione della colpevolezza.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2013.

 

da Altalex
 




E’ vero , esclusi però alcuni casi come quello sopra... (ASAPS)

 

 




Giovedì, 31 Ottobre 2013
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