Martedì 23 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 11/11/2004

Una multa può rovinarti la vita

Il Giudice di Pace: "va risarcito il danno esistenziale"
Una multa può rovinarti la vita

di Ugo Terracciano*

Una semplice multa? No, una disavventura che può rovinarti un pochino la vita. Non è un modo di dire: un’esagerazione per spiegare quanto siano odiose certe “gabelle” che incombono sugli automobilisti indisciplinati. E’ una sentenza, una decisione unica nel suo genere, del Giudice di Pace di Bologna. Non che i fatti non siano degni di censura, ma i meccanismi interpretativi applicati nella fattispecie, se generalizzati, aprono la strada a preoccupanti conseguenze sugli apparati amministrativi di controllo. Il caso: un’auto passa nel centro della Città sulla corsia preferenziale. Il vigile, al volo, rileva l’infrazione, non si accorge di alcuna autorizzazione esposta, comunque non ferma il veicolo poiché “non era provvisto di segnale distintivo” (un agente in borghese? Una recluta non ancora fornita dell’uniforme? Non si sa). Del resto poco male, il codice della strada parla chiaro: qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, recita l’art. 201, il verbale deve, entro centocinquanta giorni, essere notificato al trasgressore.
Quindi, la busta parte alla volta dell’intestatario della macchina che, però, non sentendosi affatto in torto, quanto meno deve aver accolto il portalettere con uno sguardo carico di meraviglia: quella multa era sbagliata, poiché il destinatario, titolare di una autorizzazione per portatori di handicap, era più che legittimato a percorrere la corsia preferenziale.

Era piuttosto evidente che il vigile in incognito, non avendo proceduto all’alt, non se n’era accorto. Così, l’utente, deciso a spiegare le proprie ragioni si reca al Comando della Polizia Municipale. Il disagio, qui si fa forte, causa la carenza delle pubbliche strutture: il contravventore, non potendo accedere agli uffici, privi di accesso per i portatori di handicap, è costretto a rilasciare le proprie dichiarazioni sul marciapiede di fronte al portone della caserma. Ma queste dichiarazioni potevano bastare? Ecco il punto. Secondo il giudice sì, perché il Comando, rilevato l’equivoco (chiamiamolo così), avrebbe dovuto agire in autotutela annullando il verbale. Lo sanno tutti, le pubbliche amministrazioni hanno il potere di risolvere conflitti, attuali o potenziali, eliminando i propri atti sbagliati. Ma il codice della strada prevede uno strano meccanismo: solo il prefetto, oppure il Giudice di Pace, possono invalidare una contravvenzione regolarmente notificata al trasgressore. Un controllo di una autorità dello Stato, su atti di polizia che comportano una sanzione a carico del cittadino. La prova che questo superiore controllo è necessario? Si pensi che, anche laddove il verbale venga notificato alla persona sbagliata e ci sia stato un errore nel trascrivere la targa sull’atto, il Comando non può direttamente archiviare, ma a mente dell’art. 386 del Regolamento del codice della strada, deve chiedere che a farlo sia il Prefetto.
Tornando al nostro caso, dunque, la polizia municipale non ha proceduto ad un auto annullamento, ma ha consigliato al trasgressore di farsi carico di una ulteriore pena: quella di scrivere alla prefettura per chiedere di porre una pietra tombale sulla questione. Scarico di responsabilità o pedissequa osservanza delle norme del codice, insomma, per la polizia municipale a provvedere dovevano essere ben altre autorità (ubi maior, minor cessat). Del resto, la giustizia contabile in questi casi non scherza, lo sa bene il Comandante della Polizia Municipale di una importante città marchigiana, a suo tempo condannato dalla Corte dei Conti – Sezione regionale Marche – a rifondere i danni al Comune per aver archiviato preavvisi di infrazione stradale, ovvero quei simpatici foglietti colorati che pinzati sotto il tergicristallo fanno alzare gli occhi al cielo a numerosi automobilisti in perenne lotta per un parcheggio comodo e sicuro (una specie di moderna utopia). Aveva ragionato esattamente così il Comandante: quando ci accorgiamo che il preavviso è sbagliato meglio metterlo da parte allegando, si intende, una congrua motivazione. In questo modo ci guadagnano tutti. Il trasgressore poiché non deve fare ricorso; il Comune perché non deve attivare una costosa attività di riscrittura del verbale, stampa, imbustamento e spedizioni (tutto denaro pubblico non recuperabile dal momento che, impugnando il verbale l’utente avrà ragione e le spese rimarranno a carico dell’ente); ci guadagna, infine anche lo Stato, dal momento che la trattazione del ricorso avrebbe i propri costi (protocollazione, impiegati di concetto per la trattazione della pratica, dattilografi, eventuali audizioni, corrispondenza col Comando accertatore). Per la Corte dei Conti, però, l’apprezzabilissimo tentativo non trovava fondamento nelle norme del codice della strada: il verbale va notificato, il trasgressore (o presunto tale) può ricorrere e far valere le proprie ragioni davanti ad una autorità di controllo, diversa da quella di polizia. E’ un sistema che penalizza il singolo ricorrente, ma garantisce la generalità degli utenti da eventuali abusi o sperequazioni che in un sistema libero da controlli il Comando accertatore potrebbe teoricamente mettere in atto.
Per il Giudice di pace di Bologna, invece, il singolo non avrebbe dovuto assolutamente essere penalizzato. Quindi tutto il torto ai Vigili Urbani che hanno “rifiutato” di accogliere l’istanza di revoca d’ufficio della contravvenzione benché ne fosse palese l’illegittimità. Certo, nella sostanza, possiamo sostenere che il Comando avrebbe potuto, come nella prassi avviene, acquisite le rimostranze dell’utente, spedire il verbale in prefettura chiedendone d’ufficio l’archiviazione. Ma è una procedura codificata? A sfogliare codice e regolamento si direbbe di no, visto che l’art. 386 contempla solo l’ipotesi di multa notificata ad una persona diversa dal trasgressore, mentre nel nostro caso siamo di fronte ad una presunta illegittimità dell’atto. E se il codice su questo punto non parla chiaro, va bene accogliere l’istanza del malcapitato, vittima dell’incertezza del diritto. Ma il giudice qui va ben oltre riconoscendo il risarcimento di tutte le spese sostenute e addirittura il “danno esistenziale”. Una particolare forma di riconoscimento per una alterazione della propria vita, per un cambiamento che condiziona il futuro, per un diverso dover agire e rapportarsi col proprio mondo. La pubblica amministrazione, lasciando che ad archiviare la multa sia stato il Prefetto ha quindi prodotto – si legge nella sentenza - uno stato di frustrazione e di disagio, per il grave dispendio di tempo e di energie necessarie per le proprie difese. Alla base del risarcimento però, deve esserci sempre un danno ingiusto prodotto da un comportamento illegittimo. Si può definire tale, l’aver intrapreso un percorso che la stessa legge ha tracciato? Rispettiamo la sentenza e facciamo attenzione, una multa non solo ti può rovinare l’umore, ma ti può segnare: ti può addirittura causare un danno “esistenziale”.

 

* Funzionario Polstato
Comandante Polizia Municipale di Parma



di Ugo Terracciano*

Il Giudice di Pace: "va risarcito il danno esistenziale"
Giovedì, 11 Novembre 2004
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK