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Comunicati stampa 12/08/2013

L’etilometro che uccide. Tutti in coda per soffiare e se sbatti è colpa della polizia
Siamo all’assurdo della polemica gratuita

 

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(ASAPS) Forlì, 13 agosto 2013 – Può un controllo di Polizia causare una morte? Nello specifico: può una coda creata in autostrada per sottoporre a screening il tasso alcolemico di tutti i conducenti che si trovavano a percorrerla, e dunque coda prevista, visto che un’intera squadra di Autostrade per l’Italia aveva approntato la segnaletica, essere la causa di un tamponamento e della morte di un conducente? Non pensavamo, francamente, di dover dire la nostra anche su temi di questo genere né che un interrogativo così scioccante potesse arrivare a minare le nostre più fondate certezze.
Da quando l’ASAPS è nata ha sempre orientato la propria rotta su due questioni fondamentali: la sicurezza stradale e quella degli operatori delle  polizie, passando, in questo caso per la cultura professionale e per la conoscenza del rischio.
Abbiamo sviscerato le criticità della professione, abbiamo analizzato il malessere, abbiamo detto al Palazzo che i poliziotti non erano solo malpagati e abbandonati: abbiamo raccontato come muoiono, schiacciati nei rilievi di un incidente o nell’abitacolo dell’auto di servizio. Abbiamo detto che li picchiano, che sputano loro addosso, prendendo le loro difese, le nostre difese, occupando campi epidemiologicamente anomali per un’associazione. Non siamo un sindacato, ma l’acronimo che ci rappresenta, ASAPS, parla di sostenitori e amici della Polizia Stradale e quindi…
Quindi.
Alle prime luci dell’alba di sabato 10 agosto 2013, un 82enne di Prato che percorreva l’A11 tra Montecatini Terme e Pistoia ha tamponato un’auto che gli stava davanti ed è morto sul colpo.
C’era un rallentamento, dovuto a un posto di controllo che il Compartimento Polizia Stradale per la Toscana di Firenze aveva approntato fin dall’una del mattino: chi percorreva la Firenze Mare verso Firenze aveva letto che vi erano controlli alcolemici in corso e il resto della segnaletica avvisava tutta la corrente di traffico che il rallentamento ci sarebbe stato, che il traffico si sarebbe ridotto a una sola corsia e che poi sarebbe stato incanalato all’interno dell’area di servizio Serravalle. Qui, nel piazzalone della struttura illuminato a giorno, una trentina di donne e uomini in divisa incanalavano il traffico su altre tre corsie interne, facendo soffiare nei precursori alcolemici i conducenti. Dall’una alle 6, senza sosta, centinaia, forse migliaia di persone, hanno visto che la legge c’è e che la Polizia Stradale la fa rispettare. Chi è in stato di ebbrezza oltre il limite lascia la patente e in alcuni casi la macchina, chi è in stato di ebbrezza entro la soglia trema di paura e (forse) capisce che in futuro è meglio non guidare se ha prima bevuto. Chi non ha bevuto ma soffia, prova l’esperienza e capisce che essere in regola conviene, non solo per la propria salute, ma per la propria vita.
La ratio di una notte come quella sta tutta in un assioma surreale: non lo sai, ma ti ho salvato la vita e qui il forse non lo mettiamo tra parentesi per una sorta di forma dubitativa del linguaggio. Qui si salvano vite e gli effetti di uno spiegamento del genere, in termini preventivi e repressivi, saranno apprezzabili solo tra un anno o due, quando l’ISTAT metterà insieme i numeri dei morti e dei feriti.
Lo sapete che le stragi del sabato sera non esistono quasi più? Vent’anni fa, quando l’ASAPS nacque, c’erano le mamme rock e i titoli dei telegiornali che aprivano con immagini di relitti contro muri, alberi, nei canali o abbracciati sinistramente tra loro.
La battaglia non era ancora quella dell’etilometro, ma degli orari di chiusura. Nessuno lo voleva il coprifuoco e si preferiva quel carnaio per continuare a far quattrini sui pendolari della discoteca. Poi, anche con il contributo dell’ASAPS, le cose sono cambiate e oggi le vittime che negli anni ‘80/’90 morivano in un fine settimane sono quelle di un intero anno.
Torniamo all’incidente di sabato mattina: leggiamo in un comunicato ANSA che secondo un sindacato di polizia, che ha presentato un esposto, l’incidente in cui ha perso la vita il pensionato di Prato è avvenuto “anche a causa della coda che si era creata per i controlli antialcol della polizia”.
Anche?
Non è stato magari colpa “anche” di una distrazione, “anche” forse di una cintura non allacciata, “anche” di un riflesso magari dovuto all’età o “anche”, perché no, della fatalità?
Dev’essere colpa “anche” dei poliziotti?
Qui si apre una ferita dolorosissima per noi: nel mirino c’è un dirigente “che ha ordinato queste modalità operative per i controlli”, ma nel tritacarne ci finiamo tutti.
Ci finiamo noi, che abbiamo speso tutte le nostre energie per convincere il palazzo che se in Francia la mortalità era stata dimezzata anche perché Oltralpe si facevano 7 milioni di controlli l’anno a fronte dei nostri 500mila;
ci finisce un sistema “traffico” che sta cambiando, anche in termini di mentalità, perché tutti cominciano a capire davvero che bere e guidare è pericoloso;
ci finisce la gente che le forze di polizia hanno il dovere di salvare anche a suon di etilometri, perché è meglio che una patente finisca in Prefettura ritirata ex articolo 186 o 187 del codice piuttosto che in un sacco con gli effetti personali tolti a una salma per essere riconsegnata agli eredi;
ci finisce la vittima di questa tragedia della strada e i suoi familiari, perché adesso qualcuno dice loro che quella Polizia Stradale così gentile e professionale (ne siamo sicuri) che ha loro comunicato la notizia, è la stessa che ha predisposto la trappola in cui il papà, il marito e il nonno è caduto;
ci finiscono i poliziotti che quella notte hanno ritirato decine di patenti a persone che non potevano guidare, perché avrebbero corso e fatto correre rischi inaccettabili per una società civile e ci finisce, scusate, il dirigente che per tutte le ore del servizio operativo ha lavorato insieme ai suoi uomini in divisa e che ora, in cambio della sua fissazione per la sicurezza che salva vite e che condivide con buona parte del suo personale, riceve un’ondata di fango che, francamente, ci sembra esserle stata gettata addosso con modalità assolutamente fuori luogo.
L’esposto poteva anche starci, perché un’indagine fa sempre bene, mentre diffondere la notizia prospettando un nesso di causalità così preciso e infamante, non fa bene a nessuno perché ora, comunque vada a finire e qualunque cosa l’Autorità Giudiziaria accerti, resteranno affermazioni pubbliche pesantissime.
Se poi siano anche pretestuose, per dissapori o ruggini pregressi, questo non possiamo certo saperlo, perché l’ASAPS pensa alla sicurezza stradale e a sostenere il mondo delle divise, così tanto massacrato dall’esterno dal rendere ancora più amaro, come una stilettata, ciò che è successo. (ASAPS)


Forlì 12 agosto 2013

Giordano Biserni
Presidente ASAPS

Lunedì, 12 Agosto 2013
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