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È la mobilità "dolce" a pagare il prezzo più alto sulla incidentalità stradale

Foto di repertorio dalla rete

Nel corso della riunione annuale dell'International Transport Forum, che si è tenuta nei giorni scorsi a Lipsia, è stato presentato, tra l'altro, il Rapporto annuale sulla sicurezza stradale 2013, frutto del lavoro di analisi condotto dall'Irtad, un gruppo di indagine composto dall'Ocse, che vede assieme esperti e statistici dei principali istituti di ricerca e degli organismi ministeriali di 34 Paesi.

Il 2012 è stato un anno complessivamente positivo per la sicurezza stradale: in molti Paesi si è registrato il più basso numero di incidenti della serie storica che comincia dagli anni Settanta del secolo passato. Eccezioni al trend positivo di riduzione della incidentalità stradale sono la Colombia, la Nuova Zelanda, la Svizzera e gli Stati Uniti.

Certo, la crisi economica ha contributo a ridurre la congestione stradale, e quindi il rischio di incidenti. Comunque, pur con una linea tendenziale di contrazione del numero degli incidenti stradali in corso ormai da diversi anni, siamo ancora molto lontani dagli obiettivi definiti dalle Nazioni Unite, che fissano l'obiettivo, entro il 2020, di un dimezzamento degli incidenti stradali su scala mondiale rispetto all'attuale livello. Dal 2011 l'Onu ha lanciato il decennio di Azione per la sicurezza stradale.

Nell'arco del periodo 2000-2011, gli unici Paesi che hanno registrato un incremento assoluto degli incidenti stradali sono la Malaysia (+ 14%) ed il Sud Africa (+ 64,3%). I Paesi che hanno registrato la maggiore contrazione sono la Spagna (- 64,3%), l'Islanda (- 62,5%), Il Portogallo ed il Lussemburgo (- 56,6% in entrambi i casi).

Misurata l'incidentalità in termini di sinistri per ogni 100.000 abitanti, il tasso di variabilità tra i Paesi che sono stati oggetto dell'analisi è ancora estremamente ampio, nell'ordine di un fattore pari a tre volte, nella forchetta tra la Nazione più virtuosa e quella meno. Nel confronto con la situazione mondiale, cresce la forbice della variabilità, che raggiunge un fattore moltiplicativo pari a nove volte.
Molti dei risultati raggiunti nel corso dell'ultimo decennio sono da mettere in connessione con la sicurezza degli autoveicoli, migliorata in termini di design di equipaggiamento, ma anche con risultati positivi per quanto riguarda i controlli alcolici sugli automobilisti.

Inoltre, l'introduzione progressiva delle cinture di sicurezza in dotazione agli autoveicoli ha certamente ridotto le conseguenze di dannosità (feriti, morti) per gli utenti delle macchine private. In Italia, come in Malaysia ed in Serbia, resta basso il tasso di utilizzo delle cinture di sicurezza nei sedili posteriori, con un tasso inferiore al 10%, mentre sono molti i Paesi che hanno raggiunto soglie estremamente alte di utilizzazione delle cinture di sicurezza non solo per i posti davanti dei veicoli stradali. Resta da disciplinare con maggiore efficacia l'uso del telefonino alla guida: si stima che in Italia il 9% dei guidatori ne facciano uso durante il viaggio.

La vulnerabilità degli utenti della strada (pedoni, ciclisti, motociclisti) resta invece una questione molto critica, in particolare per i motociclisti. Ridurre gli incidenti gravi che coinvolgono gli attori della "mobilità dolce" resta la priorità, anche perché non si è ancora diffusa una piena consapevolezza sulle conseguenze economiche di questi eventi, in termini di costo sociale per la collettività.

I pedoni contano per un terzo di tutti gli incidenti in Corea, Israele, Giappone e Polonia, mentre i ciclisti contano per una larga quota (il 22%) in Olanda, Giappone ed Ungheria. Gli incidenti che coinvolgono motociclisti sono prevalenti in Grecia (33% del totale), Italia (30%), Francia e Svizzera.

Proprio per i motociclisti si è registrato il minor valore di riduzione percentuale delle persone uccise in incidenti stradali, con una contrazione del 14% nell'ultimo decennio. In Italia, a fronte di una riduzione del numero degli incidenti pari complessivamente al 45% nel periodo tra il 2000 ed il 2011, si è registrato invece un incremento pari al 20% per gli incidenti che hanno coinvolto motociclisti. Solo negli Stati Uniti si è registrata una dinamica di crescita più elevata della incidentalità che ha coinvolto i motociclisti, con un incremento del 59% nel corso dello stesso periodo.

In termini di persone uccise da incidenti stradali per ogni 100.000 abitanti, il Sud Africa registra il valore più elevato (27,6), seguito dalla Malaysia (23,8). Se si ponderano le persone morte in incidenti stradali con i volumi di traffico prodotti (in termini di miliardi veicoli per km) è la Corea a registrare il valore più elevato (17,6), seguita dalla Repubblica Ceca (16,2).

Insomma, non deve essere abbassata la soglia di guardia necessaria per migliorare le performances della sicurezza stradale. Ciascun Paese presenta caratteristiche peculiari, sulle quali è opportuno intervenire per ridurre, con politiche attive di regolazione e controllo, la dannosità che gli incidenti stradali determinano sui costi sociali per i cittadini, oltre che sulle persone direttamente coinvolte in questi sinistri.


di Pietro Spirito
huffingtonpost.it

 

Giovedì, 30 Maggio 2013
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