Sabato 20 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su

Fate presto: la Polizia di Stato vuole il suo Capo
Sono già passati oltre due mesi dalla scomparsa del prefetto Antonio Manganelli

di Giordano Biserni (*)
Foto Coraggio - archivio Asaps

La Polizia di Stato cerca il suo Capo. 
Lo vuole, lo pretende perché ne sente il bisogno. 
La mancanza del prefetto Antonio Manganelli (sono già passati oltre due mesi dalla prematura scomparsa) è fortissima e mai, nella storia della Pubblica Sicurezza, l’ufficio al secondo piano del Viminale è rimasto vuoto così a lungo.
Questo accade nel momento peggiore della Repubblica Italiana, in congiuntura con la più devastante crisi  economica e sociale del dopoguerra, proprio nel momento in cui per lo Stato sarebbe necessario assicurare coesione e determinazione.
Non che il vicario Alessandro Marangoni, che ricopre ad interim le funzioni del Capo, non sia uomo capace di tenere salda la barra del timone, ma servono pieni poteri – anche a un uomo del suo valore e delle sue capacità – per assicurare allo Stato democratico una polizia all’altezza del compito assegnatole.

 

Serve un Capo (oggi che il Capo non c’è), che conosca bene le logiche della strada, che sappia cosa manca allo sbirro che deve districarsi nelle sue mansioni da poliziotto di quartiere o di pattugliante del territorio come in quelle dei più raffinati ambienti investigativi: benzina, carta, computer, etilometri (per non parlare dei narcotest), fino alle divise.
Dalla logistica all’aggiornamento professionale, dalle tecniche operative ai protocolli d’intervento fino al peso che un Capo della Polizia che si rispetti deve avere nel farsi carico degli errori.
Molti hanno criticato Antonio Manganelli per ciò che è seguito dai fatti di Genova fino alla morte di Aldrovandi, passando per l’Autosole quando venne ucciso Gabriele Sandri, ma assumersi l’onere di chiedere scusa, cercare di far capire alla società civile che a un determinato fatto oscuro sarebbe seguita la più intransigente ricerca della verità, non è un atto di debolezza.

 

Oggi, col senno di poi, la voce rassicurante di un capo che chiede scusa su fatti che in altri paesi hanno condotto a rivolte sanguinose e devastanti, come quella che dilagò a Los Angeles nel 1992 dopo il pestaggio di Rodney King a opera di agenti del LAPD o come quella che nel 2005 infiammò le banlieue parigine dopo la morte di due adolescenti fulminati in una cabina elettrica mentre si nascondevano dalla polizia, dovrebbe rammentarci che non si può lasciare la Pubblica Sicurezza senza qualcuno che sappia dirigerla con una investitura a pieno titolo.
E intendiamoci: quando parliamo di contesa non vogliamo certo proporre uno scenario di trame fumose di palazzo e sappiamo bene che non c’è alcun conclave di prefetti bramosi di occupare il posto da direttore generale della pubblica sicurezza.
Scegliere un prefetto di carriera non sarebbe, secondo noi, la scelta più adatta, in un momento di grande debolezza, soprattutto economica, per il Corpo.

 

Oggi, la Polizia di Stato esige un Capo che la conosca, che la rappresenti e che abbia sudato in volante, calpestato asfalti rigidi, spalato neve o catturato latitanti con la generazione di donne e uomini con cui ha diviso la propria storia professionale e a cui sia, almeno in parte, debitore per la propria carriera.
Oggi la Polizia di Stato, esattamente come i Carabinieri o la Guardia di Finanza, bisogna che sia diretta da una donna o da un uomo che abbia vestito la divisa: e lo diciamo non certo perché riteniamo che un Prefetto di carriera non sia in grado di assumere il comando.
No: i Prefetti, in tutto il loro percorso formativo e dirigenziale, sono tra i pochi funzionari dello Stato che pagano a duro prezzo la propria efficienza, tanto che il Governo esercita la più ampia discrezionalità nel riposizionamento dei Prefetti, nel togliere o attribuire loro incarichi o nel metterli autoritativamente a riposo.

 

Un Capo della Polizia che abbia esercitato a pieno titolo la funzione di garante nel coordinamento tra gli uffici periferici dello Stato e quelli centrali, che abbia presieduto comitati provinciali dell’ordine e della sicurezza (magari in zone ad alta densità mafiosa), che abbia commissariato un comune, una provincia o una regione o aziende sanitarie, che abbia sciolto governi locali per mafia o diretto operazioni di protezione civile, può, a buona ragione, fare il Capo della Polizia. Forse, sarebbe addirittura più indicato di un poliziotto tout-court, ma – a nostro parere – non in questo momento storico.
Il 10 novembre 2011 il Sole 24 Ore aprì la propria edizione cartacea col titolo “fate presto!!!”, chiedendo alla politica di estrarre dalle macerie del risparmio e del lavoro crollati con la crisi mondiale milioni di italiani. Il titolo fu copiato da quello de Il Mattino di Napoli del 23 novembre 1980, il giorno dopo il terremoto dell’Irpinia.
Noi, copiamo in toto semantica e filosofia dei due gloriosi giornali, per rappresentare lo stato di profonda frustrazione di cui oggi la Polizia di Stato soffre. I segnali di preoccupazione sono tanti, evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Per favore, fate presto.

(*) Presidente ASAPS

Lunedì, 27 Maggio 2013
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK