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Articoli 05/08/2004

Dal Casello all’inferno

Ogni week-end 50-60 morti. E migliaia di feriti. Nel 2003 la patente a punti aveva funzionato. Ma da qualche mese non è più un deterrente efficace
da "L’Espresso" n.31 del 5 agosto 2004

ATTUALITÁ: INCIDENTI/DIETRO LA STRAGE INFINITA

Dal Casello
all’inferno


Ogni week-end 50-60 morti. E migliaia di feriti. Nel 2003 la patente a punti aveva funzionato. Ma da qualche mese non è più un deterrente efficace

di Giuseppe Nicotri

 
Ogni 15 giorni contiamo sulle strade italiane lo stesso numero di morti della battaglia di Nassirya. Rendeva molto bene l’idea la metafora utilizzata alla fine dello scorso mese di marzo dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi. Nessuno, però, immaginava che l’effetto della patente a punti, introdotta l’anno scorso, sarebbe svaporato così velocemente da portare la contabilità funebre a ben più di due Nassirya al mese.

Il bilancio del week-end del 10-11 luglio ha allineato 43 bare e quello successivo addirittura 65 contro le 48 dell’anno precedente. Che la spada di Damocle della patente a punti fosse ormai una spadina di latta, grazie all’eccessiva facilità del recupero dei punti tagliati con le sanzioni, era già chiaro a maggio: l’aumento delle multe per eccesso di velocità registrato dalla polizia stradale, per esempio in Lombardia, era del 62 per cento. "Fino allo scorso aprile la diminuzione degli incidenti lasciava ben sperare", ricorda Domenico Mazzilli, direttore del Servizio di polizia stradale del ministero dell’Interno. Poi hanno ripreso quota le infrazioni più frequenti: dall’uso dei telefonini senza vivavoce e auricolare all’attraversamento col rosso, dal mancato rispetto degli stop al furto delle precedenze, con il contorno purtroppo di quelle più gravi, come la guida in stato di ebrezza o sotto effetto di stupefacenti, l’eccesso di velocità e il sorpasso da incoscienti.
"In tutti i Paesi con la patente a punti, Stati Uniti, Francia e Germania, dopo un po’ c’è stata una ripresa degli incidenti simile alla nostra, ma alla fine la diminuzione totale si è stabilizzata sul 20 per cento. Un traguardo dal quale noi italiani siamo invece lontani", rivela il presidente dell’Automobil club italiano (Aci), Franco Lucchesi. Il ministero degli Interni indica una diminuzione degli incidenti su autostrade e strade statali oscillante tra il 16,8 e il 18 per cento. L’Aci invece, inserendo anche i dati delle strade provinciali e dei centri abitati, fornisce un ben più magro calo dell’8 per cento. Le stragi del sabato sera sono sempre la prima causa di mortalità tra i giovani: 700 ragazzi morti ogni anno e oltre 23 mila feriti, spesso menomati o ridotti a vita su sedia a rotelle.
Numeri e realtà raccapriccianti. E sempre più spesso sono intere famiglie ad essere sterminate. L’ultima in ordine di tempo è stata quella di Renzo, Caterina e Alessandro Vagliengo, distrutta a mezzanotte del 24 luglio vicino a Pinerolo nelle schianto tra la propria Fiat Uno e una Peugeot 206.

Che le strade siano sempre più un campo di battaglia, dove è morta anche la pietà, lo dimostrano l’inflazione di pirati della strada e fatti come quello capitato domenica 25 luglio a un ragazzo di 23 anni sulla E 45, all’altezza dell’uscita di San Sepolcro Sud: perso il controllo della propria Audi 80 e sbalzato fuori dall’abitacolo, è stato investito da un Tir, che lo ha trascinato per ben sei chilometri.
L’Associazione parenti delle vittime della strada ha ormai una sessantina di sedi provinciali, e fioriscono associazioni dei parenti delle vittime di singole arterie: sulla mappa stradale si disegna così una sorta di macabro tour che sarebbe istruttivo pubblicizzare.

Giordano Biserni, presidente dell’Associazione amici della polizia stradale (Asaps) e direttore del mensile omonimo, accusa senza mezzi termini: "Da anni si sa che la Polstrada è sotto organico di almeno 1.500 uomini, eppure si continua a non assumerne neanche uno". Biserni chiede inoltre a gran voce che i recidivi nelle violazioni più gravi siano sanzionati con il ritiro della patente e con il divieto di ripetere gli esami da un periodo minimo di due anni, per il superamento di oltre 40 chilometri dei limiti di velocità, fino ai dieci anni per chi omette i soccorsi. "Stiamo diventando infatti anche campioni di pirateria, cioè di inciviltà gravissima", rileva Biserni: "Un fenomeno da stroncare senza incertezze e senza mezze misure".
Le cifre delle vittime della strada nell’intero pianeta sono da guerra mondiale: un milione e 300 mila persone uccise ogni anno. Nella Ue i morti sono 50 mila, più 150 mila invalidi l’anno. In Italia i caduti ogni 12 mesi sono quasi 7 mila, con oltre 330 mila feriti e un danno sociale da 34 miliardi annui: circa l’intero fatturato Fiat.

La colpa però non è né del destino né solo della rete stradale obsoleta (per raggiungere l’attuale livello di quella tedesca dovremmo spendere almeno un quarto dell’intero prodotto nazionale lordo). Infatti nel 60,8 per cento dei casi la colpa è di chi sta al volante: un incubo sì, ma dovuto alla nostra inciviltà che trova il suo teatro più adatto a scatenarsi in una ventina tra autostrade, raccordi e strade statali, e in tre città "incidentifici", secondo i dati raccolti dall’Aci in collaborazione con l’Istat. Le capitali del pericolo sono, nell’ordine: Roma, con una media di incidenti superiore ai 20-21 mila l’anno, 362 morti e 26 mila feriti nel solo 2002; Milano, con 15.229 incidenti e 77 vittime; Torino, con 5.470 incidenti e 69 morti sempre nel 2002. Non a caso la gran parte degli incidenti, pari al 72 per cento nel 2001, avviene su strade urbane.
Nella top twenty delle arterie che guidano la classifica nazionale degli incidenti, 13 si trovano al Nord e solo sette al Sud, distribuite su otto tratte autostradali, due strade statali e dieci diramazioni, raccordi e tangenziali.

 

  "Il fatto che i dati più recenti disponibili risalgano al 2001 dimostra in tutta la loro gravità gli inconcepibili ritardi con cui si affrontano questi problemi", fanno notare i dirigenti di Legambiente che li elaborano per renderli comprensibili e poterli così pubblicizzare. I 23 chilometri della tangenziale est-ovest di Napoli collezionano 16 incidenti per chilometro, col bilancio di sei morti e 670 feriti, mentre i 52 chilometri della A3 Napoli-Salerno ne collezionano 5,1 al chilometro, con 15 morti e 444 feriti totali. Il Grande raccordo anulare di Roma continua a fare la sua ecatombe: sui suoi 68 chilometri, 615 incidenti per un totale di 15 morti e 913 feriti. Torino, la capitale dell’automobile, può vantare 172 incidenti, con 13 morti e 265 feriti, sui 27 chilometri della sua tangenziale sud.

L’apposita agenzia europea (Eurorap) ha appurato che nelle autostrade del continente peggio di noi fanno solo i portoghesi: noi abbiamo 12,8 morti l’anno ogni miliardo di chilometri percorsi, contro i loro 14,1. Guidare un’auto a 180 o un Tir a 120 all’ora è come piazzare una bomba tra la folla, atto quest’ultimo perseguibile, anziché con una multa o qualche punto sulla patente, con l’accusa di strage. Per non parlare della massa di carburante nei singoli serbatoi dei bolidi, vere e proprie potenziali bombe che troppo spesso si trasformano in reali esplosivi. A mali estremi, estremi rimedi. Di fronte alle stragi quotidiane, il ministro dei Trasporti Pietro Lunardi annuncia campagne pubblicitarie choc: "Mostreremo", ha scandito, "i corpi carbonizzati, le lamiere contorte, gli arti mutilati, i cadaveri frantumati".
La Moratti sotto processo
A fine maggio la Corte europea dei diritti dell’uomo,
con sede a Strasburgo, ha deciso: lo Stato italiano sarà processato perché il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, è reo "di non avere disciplinato le modalità di svolgimento dei relativi programmi e corsi obbligatori di educazione stradale negli istituti di ogni ordine e grado".
Il mancato insegnamento dell’educazione civica contribuisce a fare dei giovanissimi italiani i campioni europei di maleducazione, ma l’educazione stradale che non c’è contribuisce anche a mietere tra loro morti e feriti. Il ventunenne Paolo Rossi il 7 giugno 2003 è deceduto con altri coetanei su una strada in provincia di Milano. Colpa di chi guidava l’auto su cui viaggiava anche Paolo, lanciata a 120 chilometri orari anziché rispettare il limite dei 50, fino a schiantarsi con l’intero suo carico di esseri umani.
Ma colpa è anche della scuola che sull’argomento non insegna nulla nonostante che sin dal 1993 l’articolo 230 del Codice della strada intimi "entro un anno", l’inizio dei corsi citati, ha denunciato a Strasburgo Gennaro Rossi, il papà di Paolo. E la Corte, a differenza del nostro ministero dell’Istruzione, non è rimasta con le mani in mano.

 


di Giuseppe Nicotri

da "L’Espresso" n.31 del 5 agosto 2004
Giovedì, 05 Agosto 2004
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