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Articoli 03/10/2012

Il pirata che non t’aspetti
(e che proprio pirata non è…)
Racconto di uno scontro in una notte di fine estate 

di Lorenzo Borselli

Serata strana.
Tanta gente, sulle strade della sezione di metropoli che mi tocca esplorare.
Genti diverse, vicoli bui, camion in sosta uno dietro l’altro, luci accese nei capannoni, botteghe aperte ventiquattrore al giorno, auto familiari in frenetica corsa tra un capannone e uno showroom.
Capannoni misteriosi, dai profumi esotici, dove i rumori di un telaio si mescolano al pianto di un bambino. Inseguo qualche macchina, la fermo, ma tutto è in regola.
Poi arriva il pirata.
Il pirata arriva sempre all’improvviso, quando nessuno se lo aspetta.
La gente cammina sui marciapiedi, siede sulle panchine davanti alla gelateria già chiusa, cazzeggia per non rientrare a casa nonostante l’ora tarda. Fa caldo.
Le finestre delle case sono tutte aperte e il rumore dello schianto segue di pochi istanti quello di un motore da 500 cavalli e rotti, che aumenta il suo ringhio all’unisono con lo stridio delle gomme. Poi quello delle gomme supera il grido del motore, che si ammutolisce di colpo nello schianto. Il tempo di correre alla finestra, di voltarsi verso il punto buio della strada, da cui si leva un colonnone di fumo bianco, ed ecco che il silenzio si interrompe di nuovo.
È il motorino d’avviamento che gira, e gira e gira ancora, fino a quando il ringhio torna a farsi sentire.
Il pirata scappa, lasciando dietro di sé una fila di auto parcheggiate, tutte distrutte.
Dall’altra parte della città, radio-polizia chiama a raccolta i suoi ascoltatori e li spedisce verso il punto del botto.
Nessun ferito, ma un’auto che scappa deve essere presa.
Mentre gli andiamo incontro, cercando di indovinare che strada possa mai fare un bolide tedesco da 500 cavalli nella sua scalcinata fuga dal luogo dell’incidente, il rumore della sirena lentamente si affievolisce e i fari delle auto che sorpasso o che mi vengono incontro si appannano.
Penso che il fuggiasco abbia rubato l’auto, immagino che stia fuggendo pronto a tutto, alterno con il collega un gesto di rapido controllo alle fondine nascoste sotto le magliette appiccicose del sudore della tensione. Spero che tra me e il pirata ci sia una distanza infinita da percorrere (pretendo il teorema di Zenone), eppure mentre gli vado incontro accelero ancora e alla fine lo incontro.
La macchina è ferma ai lati della rotonda, inconfondibilmente distrutta.
L’operatività che segue è completamente fuori luogo, ma lo possiamo capire solo più tardi.
Scendiamo attenti, mano alla pistola, torcia in pugno. Al volante del bolide fracassato c’è un pischello atterrito.
Atletico, magrolino, testa piena di riccioli. Un bambino.
Ha la patente da una settimana, ha preso la macchina al babbo senza dirgli niente. Con lui c’erano un paio di amici, scappati due volte: prima con lui in macchina e poi abbandonandolo al suo destino, inchiodato alla macchina del babbo che solo lui poteva aver preso e che non poteva per questo lasciare, mentre la sirena della polizia si avvicinava.
E mentre lo striglio, arriva il babbo. Guarda la macchina, guarda me, guarda lui. Nell’intermittenza della lucetta azzurra che presidia la strada, risaltano le lacrime sul viso identico a suo figlio.
Com’è che dicevano all’Asaps? Meglio un figlio senza patente che una patente senza figlio?
Vero.
Speriamo solo che la congrua serie di botte di fortuna, tipo non essersi ammazzato o non aver ammazzato nessuno, gli serva da lezione. Otto mesi di sospensione di patente basteranno?
Buonanotte va…
 

Mercoledì, 03 Ottobre 2012
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