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Notizie brevi 02/08/2012

Scontro auto-moto, morto il motociclista. Irragionevole la presenza dei due mezzi in uno spazio ristretto?

Foto di repertorio dalla rete

Non basta una ricostruzione per logica per negare la pari responsabilità. Questione riaperta dai giudici di terzo grado, nuovamente in ballo la richiesta di risarcimento avanzata dai parenti della vittima. Evidenti le lacune nella pronuncia d’Appello in merito alla ricostruzione della dinamica dell’incidente: da approfondire il nodo della presunta impossibile contemporanea presenza dei veicoli in uno spazio limitato (Cassazione, sentenza n. 12405/12).

 
Il caso

Tamponamento da parte della moto o manovra di sorpasso azzardata da parte dell’automobile? E, soprattutto, presunzione di pari responsabilità applicabile? Per dare una risposta, e sciogliere tutti i dubbi – rilevanti soprattutto sul fronte del risarcimento dei danni –, è necessario valutare attentamente la dinamica, innanzitutto alla luce delle lesioni riportate dai due veicoli. Evitando di ragionare a livello di semplici ipotesi.
Corresponsabilità? Epilogo drammatico per un incidente tra un motociclo e un’automobile: il motociclista perde la vita. Il caso, ovviamente, si trasferisce in un’aula di giustizia: pomo della discordia è l’individuazione delle responsabilità del sinistro e il relativo calcolo del risarcimento dei danni.
In primo grado viene accolta la domanda dei parenti della vittima: difatti, i giudici applicano la presunzione di pari responsabilità, e quindi ritengono legittimo il risarcimento dei danni rispetto a conducente e proprietaria dell’automobile, da un lato, e rispetto alla compagnia assicuratrice, dall’altro. Ma la prospettiva viene ribaltata in Appello: nessuna «pari responsabilità», perché i giudici ritengono che «il sinistro era stato causato dal tamponamento dell’autovettura da parte del motociclo», con conseguente «presunzione di mancato rispetto della distanza di sicurezza da parte del motociclo».


Dinamica oscura. Troppi coni d’ombra, però, secondo il legale che rappresenta i parenti della vittima, rimangono ancora da illuminare... E questo è l’obiettivo del ricorso depositato in Cassazione, e centrato proprio su quegli elementi, ossia le lesioni riportate dai due veicoli e la ricostruzione della dinamica proposta in Appello, che, ad avviso del legale, debbono portare a rimettere di nuovo in discussione la vicenda giudiziaria.
Ebbene, la tesi proposta dal legale viene accolta dai giudici della Cassazione, i quali evidenziano le lacune presenti nella decisione presa in secondo grado. In questa ottica si collocano, innanzitutto, quegli elementi materiali, ossia «deformazioni interne del passaruota destro dell’automobile, rotazione della sospensione destra», che vanno considerati come «possibili indicatori di un urto dell’auto in fase di rientro dopo il sorpasso».


Ancora più decisivo, però, è l’omesso esame, da parte dei giudici in Appello, delle «conseguenze derivanti dalla posizione dell’auto» che «era a circa un metro e mezzo dalla banchina»: su questo punto, in particolare, si è «illogicamente desunto, dalla distanza di un metro e mezzo del punto d’urto dalla banchina, la circostanza della irragionevolezza di ipotizzare la contemporanea presenza di entrambi i mezzi in tale spazio» mentre, evidenziano i giudici di terzo grado, «da ciò avrebbe potuto ipotizzarsi, stante l’accertata collisione tra il lato destro posteriore dell’auto e il lato sinistro anteriore della moto, la posizione della moto come affiancata all’auto».
Evidenti, quindi, le incongruenze nella ricostruzione proposta in secondo grado, ricostruzione, peraltro, fondata su ipotesi che fanno a pugni coi fatti. E tali incongruenze andranno risolte nuovamente in Corte d’Appello, a cui i giudici affidano nuovamente la questione.

da lastampa.it

 

Giovedì, 02 Agosto 2012
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