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Multe: il pagamento della sanzione ridotta come ficta confessio

Con l’articolo  204-bis, comma primo del codice della strada, introdotto dal decreto legge  27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 1 agosto 2003, n. 214, viene introdotto nel nostro ordinamento un curioso limite alla possibilità, pur costituzionalmente garantita, di ricorrere all’autorità  giurisdizionale per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi,  qualora sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta.
Tale disposizione, che riproduce specularmente la norma del novellato articolo 203, comma primo, prevista  per  il ricorso al Prefetto avverso il verbale di accertamento, (unica differenza sui termini che per quello indirizzato al Prefetto è di sessanta giorni mentre quello al Giudice di Pace è stato ridotta a trenta), oltre che porre seri dubbi di legittimità costituzionale, si presta ad interessanti spunti interpretativi.
Acquiescienza o rinuncia - La terminologia, innanzitutto: trattasi di un fenomeno di acquiescenza oppure di rinuncia?
La distinzione non sembri oziosa, poiché l’acquiescenza svolge i suoi effetti sulla situazione di diritto sostanziale, indipendentemente dal processo, potendola definire come adesione al provvedimento amministrativo, ovvero riconoscimento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione; ma, come e’ stato correttamente  rilevato, il provvedimento amministrativo non ha bisogno di alcuna accettazione, ne’ tantomeno del consenso del destinatario per spiegare i suoi effetti autoritativi,  posto che solo l’amministrazione, in sede di autotutela, ovvero la pronuncia del giudice può dismettere il provvedimento di tale originario carattere .

Se, invece, configuriamo l’acquiescenza come dismissione dell’interesse legittimo,  allora non vi è differenza alcuna con la rinuncia,  dovendo quindi ammettere che i due termini coincidono.
Eppure, è fuor di dubbio ritenere che, mentre per la  rinuncia occorre un atto espresso, tale da costituire un vero e proprio modo di esercizio del diritto (e quindi risolto in figura statica), l’acquiescenza, vista come comportamento dinamico giuridicamente valutabile,  non esce dai confini del mero fatto giuridico, al quale la novella sembra assegnare un determinato valore indipendentemente dalla volontà del soggetto.
Occorre dunque stabilire se risulta precipuo compito del giudice la valutazione della contraddittorietà o meno del comportamento del privato, tale da costituire una lesione di un non meglio identificato obbligo di coerenza, oppure se a questi non competa altro, essendo la valutazione del comportamento effettuata a priori dal legislatore,  che una mera (e dovuta) declaratoria di inammissibilità del ricorso. 

L’avvenuta adozione da parte del legislatore della seconda soluzione, a ben riflettere, può portare a situazioni paradossali, dovendo ammettere la natura indifferenziata del comportamento ante processum del contravvenzionato, qualunque esso sia: infatti, se egli paga la sanzione in misura ridotta, non può più proporre ricorso; se non la paga (comportamento anch’esso valutabile?), ma lascia decorrere i termini per l’impugnazione,  è parimenti privato della possibilità di adire il giudice.
La differenza è che nel secondo caso resta integra la facoltà, sussistendone i presupposti, di impugnare i provvedimenti successivi, siano essi di fonte prefettizia che di natura esattoriale, mentre chi ha pagato anche solo per evitare che il verbale divenga titolo esecutivo per il pagamento della somma pari alla metà del massimo edittale (ciò a norma dell’articolo 203, comma terzo del codice della strada ) non si vede riconosciuta alcun tipo di tutela.

L’aberrazione non è dunque nel tipo di comportamento adottato, bensì negli effetti ad esso derivati, ancor più  gravi se visti in prospettiva costituzionale,  laddove si prevede che “tutti” (e quindi, senza eccezione alcuna) possono ricorrere all’autorità giudiziaria per la lesione dei loro diritti ed interessi legittimi, lasciando al giudice la valutazione, caso per caso, della fondatezza o meno delle loro ragioni, indipendentemente da un comportamento extraprocessuale, nel caso di specie addirittura elevato a ficta confessio, che non può trovare alcuna giustificazione in un sistema processuale che dovrebbe guardare sempre più all’Europa, e non limitare, nel nome di una malcompresa necessità di riduzione del contenzioso giudiziario, l’aspirazione somma del cittadino, a qualunque ceto sociale appartenga, e nei confronti di qualunque provvedimento, fors’anche una semplice violazione al codice della strada, di ottenere giustizia.
Parlavo di Europa, laddove la tutela viene oggi estesa agli esuli, agli immigrati, e tutti i figli di un dio minore, che ancora oggi restano in speranzosa attesa di un ideale di giustizia che da diritto dei principi si trasformi finalmente nel diritto dei principi.

 

Giurisprudenza

 

> Cassaziione civile , sezion  II,sentenza 18 gennaio 2010 n. 656:
" il giudice di pace non può rilevare d’ufficio vizi diversi da quelli dedotti dall’opponente"

 

> Cassazione civile, sezione II, sentenza  30 ottobre 2009, n. 23079:
"il giudizio assolutorio che prevede l’accoglimento dell’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente, non trova giustificazione adeguata nel solo fatto che l’Amministrazione opposta non si sia costituita".  


 

> Cassazione Civile, sezione V, sentenza  6 agosto 2009 n. 18015 :
"L’opposizione a cartella esattoriale per il pagamento di sanzione amministrativa per violazione del codice della strada,, deve ritenersi tempestiva, qualora, dopo essere stata proposta dinanzi al giudice tributario nel termine di 60 giorni, sia stata successivamente riassunta, con atto avente il contenuto di cui all’art. 125 disp. att. cod. proc. civ., davanti al giudice ordinario competente, entro il termine di sei mesi di cui all’art. 50 cod. proc. civ., in applicazione di un principio analogo a quello sotteso alla translatio indicii, con conseguente salvezza degli effetti sostanziali e processuali della originaria domanda".             

 

> Cassazione civile, sezione II, sentenza 22 ottobre 2009, n. 22397 :
"L'opposizione avverso una cartella esattoriale, emessa per il recupero della sanzione irrogata per violazioni al codice della strada, quando non investa la regolarità formale del titolo, come accade nel caso in cui la cartella sia stata emessa nonostante fosse stato tempestivamente proposta opposizione al prefetto avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento, va proposta nei confronti dell'ente cui appartiene l'organo autorizzato alla contestazione della violazione accertata".

 

da diritto24.ilsole24ore.com

 

 



 

Venerdì, 22 Giugno 2012
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