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Corte di Cassazione 31/05/2012

Inammissibile il risarcimento irrisorio ai parenti della vittima

(Cass. Civ., sez. III, 14 maggio 2012, n. 7499)

Ai congiunti di una persona vittima di un incidente stradale non può spettare un risarcimento irrisorio. Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 14 maggio 2012, n. 7499.

Il caso vedeva una persona, vittima di un incidente stradale, perdere la vita dopo dodici ore dal verificarsi del sinistro. In conseguenza di cià, i prossimi congiunti agivano contro l'assicurazione al fine di ottenere il risarcimento del danno morale e del danno biologico, quest'ultimo quantificato dall'autorità giudiziaria, in un secondo momento, in una misura ritenuta, dai ricorrenti, troppo esigua.

Secondo il giudice nomofilattico, i giudici di merito non hanno tenuto conto nella determinazione del danno risarcibile, in primo luogo, dei fattori di personalizzazione che in tal caso debbono valere in modo assai elevato, perché si verte in tema di lesioni di valori inerenti alla persona ed in quanto tali privi di contenuto economico, e, secondariamente "non hanno considerato l'intensità del vincolo familiare, la situazione di convivenza ed ogni altra utile circostanza, quali l'abitudine di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti, mostrando, invece, di privilegiare, in ordine al risarcimento in tal modo da liquidare, una sua funzione reintegratrice di una diminuzione patrimoniale e non già, come è, la sua funzione compensativa del pregiudizio non economico".

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la quantificazione in via equitativa va operata in relazione al pregiudizio sofferto, le cui caratteristiche peculiari consistono nel fatto che si tratta di un danno alla salute, il quale, sebbene temporaneo, è massimo nella sua identità ed intensità.

Quando il fatto illecito integra gli estremi di un reato spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale inteso quale sofferenza fisica soggettiva causata dal reato, che si trasmette agli eredi. Tale pregiudizio può essere permanente o temporaneo e può sussistere sia da solo sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali.

Il giudice di merito, in definitiva, non ha considerato che sia il danno biologico che quello morale, che ormai costituiscono una sola categoria di danno non patrimoniale, comprendono anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima che in questo caso è sopravvissuta dodici ore dal verificarsi del sinistro, ovvero per un periodo sufficiente a cagionarle un danno degno di un risarcimento non irrisorio.

( Nota di Simone Marani)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 14 marzo – 14 maggio 2012, n. 7499

 

Massima e testo integrale

 

 

da Altalex

 

 

 

Giovedì, 31 Maggio 2012
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