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Corte di Cassazione 15/03/2012

Divieto di sosta - annullamento verbale - numero civico mancante

(Cass. Civ., sez .II, 29 settembre 2011, n. 19902)

(omissis)


Svolgimento del processo

 


Con sentenza n. 197 depositata il 31.10.2005 il G.d.P. di Licata rigettava l’opposizione avverso il verbale di accertamento elevato dalla locale Polizia municipale, per sosta di autovettura in zona vietata, a carico di A. G., la quale aveva impugnato l’atto deducendo che in esso non era indicato il numero civico in corrispondenza del quale era avvenuta la sosta, e che l’autovettura si trovava, in realtà, in corrispondenza del civico 143 del C.so U., dove la sosta era consentita.
Riteneva il giudice di primo grado, richiamata giurisprudenza di legittimità in materia, che la mancata indicazione del numero civico non rendeva di per sé nullo l’accertamento se sia dato comunque conoscere il luogo della violazione, senza possibilità di equivoci. Nello specifico, rilevava il G.d.P., l’originale del c.d. preavviso di contestazione recava l’indicazione del numero 45 di C.so U.; e la copia dell’originale del preavviso di contestazione n. 3975, ossia quello immediatamente successivo al verbale impugnato, redatto a cinque minuti di distanza da quest’ultimo, era riferito ad una sosta in corrispondenza del civico 39 della stessa via, di guisa che doveva ritenersi che l’agente accertatore nell’orario indicato nei ridetti due verbali si trovasse tra il civico 45 ed il civico 39. Per contro, era rimasta d el tutto sfornita di prova la tesi della parte ricorrente.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre A. G., con due motivi articolati in più censure.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Regolarmente notiziata del decesso del proprio avvocato, avvenuto nelle more della discussione, la parte ricorrente non ha ritenuto di munirsi di un nuovo difensore.


Motivi della decisione

 


1. Con il primo motivo si sostiene l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia, non avendo il giudice di primo grado valutato la testimonianza del marito della ricorrente, il quale nel deporre dichiarò di aver parcheggiato l’autovettura in corrispondenza del numero civico 143. Il difetto di motivazione, precisa la parte ricorrente, è integrato sia dal fatto che l’attendibilità del teste non è mai stata contestata, sia da ciò, che alla stesa udienza parte opponente ha contestato, ai sensi degli art. 214 e 215 c.p.c., la produzione in fotocopia del verbale n. 3975, perché privo di autenticità.


 

1.1. – Inoltre, afferma parte ricorrente, la sentenza impugnata è insufficientemente motivata nella parte in cui non spiega il rapporto causale tra l’avviso di applicazione di sanzione lasciato sull’auto della ricorrente, avviso mancante del numero civico, e l’originale del verbale prodotto in udienza dall’ispettore A., riportante il numero civico 45. Infatti, se si considera che l’originale del preavviso di sanzione è stato prodotto in udienza, deve ritenersi che il giudice avesse il dovere di spiegare come mai nella copia di preavviso di sanzione n. 3974 non fosse riprodotto il numero civico risultante dall’originale, tenuto conto che è circostanza notoria che i vigili urbani di Licata hanno in dotazione un libretto di preavvisi di sanzione con l’originale portante la carta carbone, che riproduce necessari amente la scrittura sulla copia sottostante.


 

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c.
Nell’affermare che la mancata indicazione nel verbale del numero civico in corrispondenza del quale era stata rilevata l’infrazione, rimaneva superata dalla pronuncia n. 972/89 della S.C., il giudice di primo grado ha elevato tale sentenza al rango di fonte di prova, piuttosto che di precedente.


 

2.1. – Ancora, sostiene parte ricorrente, non può essere attribuita fede pubblica privilegiata né a giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative a fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in meri apprezzamenti personali, che esprimono una percezione sensoriale degli accadimenti non verificabile con un metro obiettivo. Di contro, il G.d.P. ha riconosciuto al preavviso di contestazione n. 3975, prodotto ai soli fini valutativi, l’efficacia di un atto pubblico, disconoscendo così il contenuto dell’art. 2700 c.c., in base al quale l’atto redatto dal pubblico ufficiale fa fede fino a querela di falso dei fatti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre le altre circostanze che egli indichi per averle apprese de relato o che siano frutto di sue deduzioni, costituiscon o materiale indiziario liberamente valutabile.


 

2.2. Infine, la sentenza impugnata sarebbe incorsa, secondo la ricorrente, nella violazione dell’art. 2719 c.c. perché ha posto a base della decisione il precitato verbale n. 3975, prodotto in fotocopia, la cui conformità all’originale è stata contestata dalla parte opponente per “mancanza della garanzia dell’autenticità”, perché “non attinente al processo in corso e tendente ad esprimere una valutazione”, perché l’altra parte non poteva invocare altre forme di prova vietate in quel giudizio, e perché il “preavviso di contestazione di sanzione n. 3975 (…) non ha alcuna attinenza al processo di cui è causa, ma appartiene ad altro preavviso di contestazione di sanzione e tra diverse parti” (così, a pag. 6 del ricorso).


 

3. – Entrambe le censure in cui si articola il primo motivo sono infondate.


 

3.1. – La doglianza di omessa motivazione sull’attendibilità, come teste, del coniuge della ricorrente, è destituita di pregio per due ragioni. La prima è che l’attendibilità di un testimone non è un punto della controversia, ma un giudizio critico su di una fonte di prova funzionale alla ricostruzione dei punti decisivi, per cui esso non può essere ex se oggetto di censura ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., che presuppone sia denunciata la mancanza o l’incongruenza del convincimento espresso dal giudice sui fatti di causa. La seconda è che l’esame dei documenti espresso dal giudice sui fatti di causa. La seconda è che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudi zio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (fra le tante, v. Cass. nn. 17097/10 e 12362/06).


 

3.1.1. – Nello specifico, il giudice di merito ha ritenuto, con motivazione sufficiente ed esente da vizi logico giuridici, e come tale non altrimenti censurabile, che il luogo esatto dell’accertamento dell’infrazione fosse desumibile dal raffronto tra l’originale del c.d. preavviso di contestazione, recante l’indicazione del numero civico 45 di C.so U., e la copia dell’originale del preavviso di contestazione n. 3975, immediatamente successivo al verbale impugnato, redatto a cinque minuti di distanza da quest’ultimo e riferito ad una sosta in corrispondenza del civico 39 della stessa via, di guisa che doveva ritenersi che l’agente accertatore nell’orario indicato nei ridetti due verbali si fosse trovato tra il civico 45 ed il civico 39.


 

3.2 – Anche il secondo motivo è infondato.
Innanzi tutto, è singolare tesi quella che censura il richiamo alla giurisprudenza di legittimità (nella specie, Cass. n. 972/89) operato dal giudice di merito, come se si trattasse di una contraddizione del dato positivo. Tale richiamo, nel rispetto della funzione nomofilattica della S.C., equivale proprio a ritenere persuasivo l’indirizzo espresso da questa Corte di Cassazione sull’interpretazione della norma di legge invocata.
Dalla sentenza impugnata e dallo tesso ricorso si evince che l’originale del verbale di accertamento indica, quale luogo dell’infrazione, il C.so U. all’altezza del n. civico 45, ivi riferendo l’esistenza del divieto di sosta. Ciò posto, l’opponente per contestare la veridicità del verbale avrebbe dovuto proporre querela di falso. Ed infatti, nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querel a di falso, nel quale non sussistono limiti d iprova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti (v. Cass. S.U. n. 17355/09).


 

3.3. – Neppure ha pregio, infine, la censurata violazione dell’art. 2719 c.c. Infatti, è stato affermato da questa Corte che qualora venga prodotta in giudizio la copia fotostatica di una scrittura privata, l’esigenza di accertarne la conformità all’originale con tutti i mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni, insorge, ai sensi dell’art. 2719 c.c., solo in presenza di una specifica contestazione della parte interessata alla conformità medesima, e non anche quando sia in discussione esclusivamente l’efficacia probatoria dell’atto in relazione al suo contenuto (Cass. n. 10855/10). Tale principio è estensibile de plano anche al caso di produzione di un atto pubblico in copia non autentica, riferendosi al norma dell’art. 2719 c.c. al suo concetto di “scrittura”.


 

3.3.1. – Nello specifico, l’opponente ebbe a muovere una (peraltro confusa) contestazione contro il verbale n. 3975 – relativo ad altra infrazione rilevata a carico di terzi, e, secondo quanto ritenuto poi nella sentenza impugnata, nelle stesse condizioni di tempo e luogo del verbale elevato contro la G. – non già perché ne sospettasse la non conformità all’originale, ma solo in quanto esso riguardava la pretesa sanzionatoria contro un altro soggetto, e perché, come infine esplicita la stesa parte ricorrente, a suo giudizio gli effetti di tale verbale non sarebbero stati quelli propri dell’atto pubblico “perché le parti erano diverse” (…). Affermazione, quest’ultima, a sua volta vistosamente erronea in quanto l’atto pubblico è dotato di fede (per l’appunto) pubbli ca, cioè valevole erga omnes, indipendentemente dalle modalità della sua produzione in giudizio e oltre le parti immediatamente coinvolte dalla dichiarazione in cui si sostanzia.

 


4. – In conclusione il ricorso va respinto. Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questo giudizio.

 

P.Q.M.

 


La Corte rigetta il ricorso.
(omissis)

 

da Polnews

 

Giovedì, 15 Marzo 2012
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