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Notizie brevi 25/11/2011

Condannato a 16 anni il pensionato che aveva ucciso dopo una lite in auto

Riconosciuto colpevole di omicidio volontario aggravato da futili motivi. La moglie e il figlio: «Il motociclista era ubriaco e drogato»

MILANO - È stato condannato a 16 anni di reclusione Vittorio Petronella, il pensionato che lo scorso 25 luglio, in via Andrea Doria a Milano, dopo una lite, inseguì in auto, travolse e uccise Sandro Mosele, che era in sella a uno scooter. Il gup Donatella Banci Buonamici lo ha riconosciuto colpevole di omicidio volontario. Il pm aveva chiesto una condanna a 18 anni di reclusione. I familiari della vittima, costituitisi parte civile, saranno risarciti con una somma complessiva di 75mila euro «Non credo si debba parlare di soddisfazione perchè c'è stata una sentenza di condanna - ha commentato il loro legale, Salvatore Scuto - ma piuttosto del fatto che due genitori hanno perso un figlio». I legali dell'imputato avevano chiesto che l'omicidio fosse considerato colposo o preterintenzionale e hanno presentato una perizia cinematica secondo la quale Mosele sarebbe caduto per aver sbattuto contro un paletto e non a causa dell'impatto con l'auto.

L'INSEGUIMENTO
- Per ricostruire quanto accaduto, il pm non ha fatto svolgere una consulenza cinematica, basando le proprie accuse sulle testimonianze concordanti di quattro passanti. Secondo i testimoni, Petronella, per dar sfogo alla sua rabbia dopo aver ricevuto insulti e uno sputo in faccia, ha inseguito il motociclista, lo ha travolto e ha accelerato per liberarsi del 35enne rimasto aggrappato alla targa. Non solo: quando questa ha ceduto, ha fatto un’inversione e lo ha investito una seconda volta. Per Mosele non c’è stato niente da fare. È morto all’arrivo in ospedale, mentre i passanti bloccavano il 71enne tornato indietro a recuperare la targa. Petronella ha sempre negato questa ricostruzione ed è tornato a farlo in aula. Secondo la sua versione, ha inseguito il motociclista solo per parlargli, ma Mosele è caduto dallo scooter proprio davanti alla sua macchina.


HASHISH E ALCOL - La moglie e il figlio, presenti in tribunale ma fuori dall’ufficio del gup perché l’udienza è stata a porte chiuse, hanno parlato di «due vite rovinate» perché Mosele «ha avuto un comportamento incivile, perché aveva bevuto e si era drogato». Che stesse guidando sotto l’effetto di alcol e hashish lo afferma una consulenza tossicologica fatta svolgere dai difensori dell’imputato su campioni biologici estratti durante l’autopsia. La consulenza però non è stata ammessa nel procedimento, perché presentata dopo la richiesta di abbreviato, che congela il procedimento allo stato degli atti depositati fino a quel momento.

 

da corriere.it

 

Venerdì, 25 Novembre 2011
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