Sabato 20 Aprile 2024
area riservata
ASAPS.it su
Corte di Cassazione 30/05/2011

Giurisprudenza di legittimità - Uso del cellulare - la percezione degli agenti fa fede fino a querela di falso laddove le modalità con le quali si è svolto l’accertamento non diano adito a particolari dubbi riguardo l’attendibilità delle percezioni sensoriali dei pubblici ufficiali

(Cass. Civ., sez. II, 20 ottobre 2009, n. 22224)

(omissis)

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Bergamo con sentenza del 24 ottobre 2005 respingeva l’opposizione proposta da () e () avverso il Comune di Dalmine per l’annullamento del verbale di accertamento di violazione n. (), con il quale era stata contestata al conducente la violazione dell’art. 173 C.d.S., commi 2 e 3 per aver fatto uso di apparecchio telefonico durante la marcia.
Rilevava che il verbale formava prova dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come accaduti sotto la sua diretta percezione, non smentiti dall’istruttoria svolta.
Il D. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 30 settembre - 4 ottobre 2006, affidandosi a due motivi.
Il Comune è rimasto intimato.
Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato.
Con il primo motivo di ricorso è denunciata violazione dell’art. 2700 c.c., dell’art. 173 C.d.S., della L. n. 689 del 1981, art. 23 e dell’art. 116 c.p.c..
Con il secondo motivo vizi di motivazione della sentenza.
Il ricorrente espone che gli agenti della polizia municipale di Dalmine avevano probabilmente avvistato il () che saliva in auto mentre parlava al cellulare, ma che essi non potevano avere la visuale del conducente durante la guida e quindi avevano erroneamente dedotto che egli stesse parlando; che l’amministrazione non aveva offerto alcuna prova sul punto, ma solo richiamato il verbale, elemento da ritenere prova insufficiente.
A sostegno del secondo motivo l’istante deduce che l’autovettura era munita di dispositivo viva voce e che davanti al giudice di pace aveva prodotto tabulato telefonico attestante che l’ultima chiamata dal suo cellulare era terminata alle 11,08 e quindi che alle 11,15 non ve ne era alcuna in corso, circostanza su cui era stata omessa ogni motivazione.
Il ricorso è infondato.
Va affermato che in tema di sanzioni amministrative, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, oppure da lui compiuti, nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti.
Non può essere, invece, attribuita la fede privilegiata né ai giudizi valutativi, né alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali, perché mediati attraverso l’occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo o in ipotesi limite per svista (v. utilmente Cass. 17106/02).
Inoltre il verbale, anche quando non è assistito da fede privilegiata, non è tuttavia privo di efficacia probatoria, dovendo il giudice di merito prenderlo comunque in esame e, facendo uso dei poteri discrezionali di apprezzamento della prova che la legge gli attribuisce, valutarlo nel complesso delle risultanze processuali (v. in tema Cass. 9919/06).
Nel caso di specie dalla narrazione della vicenda, desunta dalla sentenza e dal ricorso, si apprende che gli agenti non ebbero una fuggevole occasione di incrociare con lo sguardo il trasgressore, ma che lo videro salire in macchina mentre parlava con il cellulare, che egli mise in moto e che gli agenti lo seguirono fino al momento in cui, circa cento metri dopo, lo raggiunsero ad un incrocio, contestandogli la violazione.
Orbene, da questa ricostruzione dei fatti emerge, al contrario di quanto congetturalmente sostiene il ricorrente, la piena logicità e congruenza di quanto ritenuto dal giudicante.
Questi ha infatti creduto che gli agenti abbiano potuto vedere nitidamente la scena, come è ben possibile attraverso il lunotto, allorchè ci si pone con una vettura al seguito di un’altra.
La critica del ricorso si risolve quindi nella inammissibile richiesta di una nuova valutazione di merito, giacche i fatti esposti sono stati sussunti dal giudicante in una fattispecie legale pienamente rispondente a quella paradigmatica.
Non risultava infatti in alcun modo una situazione di precaria possibilità dei vigili di assistere ai fatti contestati, ma anzi uno sviluppo della verifica oculare protratto per un tempo sufficiente ad escludere ogni dubbio, posto che l’attenzione dei militi, a quanto lo stesso ricorso prospetta, fu attratta dal trasgressore sin dal momento in cui, parlando al cellulare, era salito sulla propria vettura e rimase viva fino alla contestazione dell’infrazione cento metri dopo.
Va inoltre aggiunto che in ogni caso il verbale, anche ove, per lo svolgersi dei fatti, non fosse stato assistito da fede privilegiata, sarebbe stato mezzo di prova validamente utilizzabile per raggiungere il convincimento che l’accaduto, non sussistendo altre prove decisive di segno contrario, si fosse svolto nel senso attestato nel documento.
Va qui infatti puntualizzato che la risultanza di cui viene lamentata l’omessa valutazione - cioè l’attestazione che da un tabulato telefonico di un cellulare del ricorrente emergeva che nei minuti in cui si svolse il fatto non vi era stata alcuna conversazione telefonica - era del tutto insufficiente ad escludere la veridicità del verbale.
Per conferirle un’apparente decisività il ricorrente avrebbe almeno dovuto provare di non essere possessore o utilizzatore né stabilmente, né occasionalmente in quel frangente (facendolo constare a verbale), di altre utenze telefoniche mobili, come è invece costume frequente di gran parte degli italiani.
Circostanza quest’ultima ancor più probabile in relazione al soggetto che, come espone il ricorso, svolge attività di lavoro autonomo particolarmente dinamica (agente immobiliare, cfr. pag. 6 del ricorso).
Emerge invece dagli atti che nessuna attività istruttoria era stata richiesta in tal senso, essendosi l’opponente affidato soltanto alla produzione del tabulato.
La carenza in sentenza di riferimenti a questo argomento di opposizione non da corpo al vizio di insufficiente motivazione, atteso che soltanto al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 1014/06; SU 5802/98).
In ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come accaduto nella specie) le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. 2272/07).
Né la norma di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, controllo che nel caso di specie conduce a riscontrare sotto ogni profilo la congruità della motivazione.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, al quale non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimato ente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

(omissis)

 

da Polnews

 

Lunedì, 30 Maggio 2011
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK