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Rassegna alcol e guida del 13 gennaio 2010

A cura di Alessandro Sbarbada, Guido della Giacoma e Roberto Argenta

INIZIO CON una nota positiva ANCHE SE SULLA RASSEGNA INCOMBE UN ALLARMANTE DIBATTITO:

l’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA SUL CANCRO SOSTIENE CHE IL VINO NON HA EFFETTI NOCIVI RILEVATI SUL RISCHIO DI CANCRO E CHE RIDUCE IL RISCHIO DI MALATTIE CARDIOVASCOLARI NEGLI UOMINI DI MEZZA ETA’ E ANZIANI.

DICEVO DI INIZIARE CON UNA NOTA POSITIVA, INFATTI IN SICILIA DURANTE UN SERVIZIO DI PATTUGLIA, LA POLIZIA STRADALE DI CALTAGIRONE SU 110 GIOVANI CONTROLLATI CON L’ETILOMETRO, NESSUNO AVEVA BEVUTO.

LASICILIAONLINE

Nessun positivo all’alcol test

Stavolta la notizia è la "non notizia". Su 110 giovani (sia automobilisti, sia centauri) controllati di notte, dalla polizia stradale del distaccamento di Caltagirone, nell’ultimo week - end nella "città della ceramica" (in particolare, durante la notte fra sabato e domenica), nessuno è risultato positivo all’alcol - test. Tutti sobri, quindi, alla guida tanto delle quattro, quanto delle due ruote. Un dato, questo, che non può certo far cantare vittoria (la strada per debellare certi deprecabili fenomeni è ancora lunga e piena di difficoltà), ma che le dice, comunque, lunga sulla maggiore attenzione che i controlli e le "reprimende" frequenti cominciano a produrre insieme alla sensibilità al tema da parte di quei giovani che decidono sì di divertirsi, ma senza mettere a rischio la vita propria e quella degli altri.

Non bisogna certo abbassare la guardia, anche perché un altro problema con cui occorre fare i conti è quello degli abusi di alcol da parte di chi, pur non mettendosi alla guida, reca disturbo alla quiete pubblica.(*)

M. M.

(*)Nota: l’alcol, tra l’altro, è responsabile di circa 30.000 morti all’anno in Italia e quindi non solo incidenti stradali o disturbo della quiete pubblica. Dobbiamo incominciare a dirle queste cose al nostro Ministro ZAIA!

RIPRENDIAMO L’ ARTICOLO APPARSO NEL MESE DI NOVEMBRE DAL TITOLO IL VINO ROSSO CHE OGGI HA SCATENATO UNA SERIE DI REAZIONI DA PARTE DI ALCUNI NOSTRI LETTORI E COLLABORATORI IN QUANTO SOLO OGGI HANNO RICEVUTO UNA RISPOSTA DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA SUL CANCRO (AIRC).

ECCO L’ARTICOLO INCRIMINATO

FONDAMENTALE

NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA RICERCA SUL CANCRO (AIRC)

SPECIALE ARANCE

Il vino rosso

12.11.2009

Il vino rosso contiene moltissimi composti benefici, tra i quali spicca il resveratrolo che, in laboratorio, ha dimostrato di essere efficace sia nel bloccare la progressione dei tumori sia nel prevenirne la comparsa.

Si tratta di una sostanza prodotta dalle piante per difendersi dagli attacchi dei microrganismi.

Anche diversi studi epidemiologici sembrano confermare l’utilità di un consumo di vino rosso, purché

molto limitato. Non bisogna mai superare un bicchiere di vino a pasto per gli uomini e uno al giorno per le donne, ricordando, tra l’altro, che il vino bianco e gli altri alcolici non hanno lo stesso effetto preventivo. Il resveratrolo è infatti concentrato soprattutto nella buccia degli acini, il che spiega la sua scarsa concentrazione nel vino bianco. Il vino contiene inoltre antocianine e altri polifenoli, dalla potente azione antiossidante. Tra l’altro, un bicchiere di vino rosso al giorno si è dimostrato utile anche per prevenire le malattie cardiovascolari e la degenerazione delle funzioni cerebrali. Molti esperti ritengono che sia proprio la

molecola del resveratrolo a fare la differenza tra il vino rosso e altre bevande alcoliche che hanno dimostrato di prevenire le malattie del cuore ma che, viceversa, aumentano il rischio di cancro (per esempio della bocca e dell’esofago).


ECCO IL COMMENTO DI ALLORA DEL PRESIDENTE ANIELLO BASELICE

13.11.09

Gentile dottoressa Cauda,

Chi Le scrive ha avuto modo di conoscere la drammatica realtà del tumore.

L’ho conosciuta come figlio, la conosco ogni giorno come medico che incontra e condivide i problemi di persone che vivono questa sofferenza a causa del fumo e dell’alcol .

Come alcologo in particolare, studio e mi aggiorno sul ruolo devastante dell’alcol nello sviluppo dei tumori .

A tal proposito, mi consenta di sottoporre alla Sua riflessione alcune considerazioni sul resveratrolo,riprese dagli studi di alcuni emeriti colleghi alcologi (Di Salvatore, Vescovi e al.) :

1. Il resveratrolo è contenuto in circa 70 piante (fra le quali mirtilli, olive, fragole, pomodori, semi di arachide), oltre che nell’uva rossa.

2. Gli effetti antiossidanti (antiradicali liberi e perciò antiinvecchiamento) sono stati osservati in vitro, su colture cellulari, o su topi da laboratorio e non sugli umani, in un contesto artificioso lontanissimo dalla realtà fisiologica.

3. Ai topi e alle colture di cellule il resveratrolo è stato iniettato in dosi massicce (300 milligrammi per ogni chilo di peso dei topi) ed è stato estratto da una pianta (Polygonum cuspidatum), non somministrato atttraverso vino da bere.

4. E’ noto che gli scienziati non somministrano mai alle cellule in vitro o agli animali da sperimentazione il vino rosso, ma direttamente la molecola di resveratrolo, perchè sanno benissimo che l’alcol presente nel vino ucciderebbe immediatamente sia le cellule in vitro che gli animali da laboratorio.

5. Il resveratrolo è presente nell’acino dell’uva in piccolissime quantità: 50-100 microgrammi per ogni grammo di peso secco (0,3-0,5 milligrammi ogni litro di vino); perciò, per raggiungere dosi efficaci, un umano dovrebbe mangiare circa 5 chilogrammi di buccia di acini di uva rossa al giorno.

6. Il resveratrolo viene metabolizzato molto velocemente dall’organismo umano: dopo mezz’ora i valori, già infinitesimali, si riducono a circa il 10%.

7. Tutti gli esperimenti con i farmaci contenenti antiossidanti vengono utilizzati ad 1 gr/die (altissime dosi) per 6 mesi per ottenere blandi effetti terapeutici sul sistema cardiovascolare.

8. Le ricerche della Sezione di Alcologia clinica e sperimentale del Dipartimento di Medicina interna e Scienze Biomediche (Università degli studi di Parma) e del canadese David Goldberg, (Dipartimento di Laboratorio e Biopatologia dell’Università di Toronto) hanno portato alla scoperta che i vari antiossidanti presenti nel vino rosso (resveratrolo, quercitina, ecc.) non vengono riassorbiti dall’organismo umano, se veicolati con il vino.

Mi permetto inoltre di evidenziare che, a fronte dei presunti e non ancora documentati effetti benefici in VIVO del resveratrolo contenuto nel vino, è viceversa sicuramente dimostrata nell’ uomo l’azione direttamnente cancerogena dell’alcol attraverso il ruolo tossico e mutageno dell’ACETALDEIDE e di altri prodotti (es. Ac. Acetico) del suo metabolismo.

Ricordo che l’ACETALDEIDE è presente anche nella combustione della sigaretta ed è quindi un fattore comune nello sviluppo dei tumori delle prime vie aeree, molto comuni sia a fumatori che a bevitori,problematici o alcolisti che siano .

Come presidente dell’AICAT esprimo sincero disappunto e ferma riprovazione mia personale e delle oltre tcinquantamila famiglie appartenenti ai 2100 Club degli Alcolisti in Trattamento italiani sulla scelta schizofrenica di un organismo benemerito come l’AIRC di combattere una lodevolissima battaglia contro il cancro promuovendo il consumo di una sostanza coinvolta in ben 5 dei 9 tumori più diffusi al mondo .

Auspichiamo in proposito un sincero ripensamento dell’AIRC ed un suo significativo cambio di rotta rispetto al consumo di alcol.

Aniello Baselice

Presidente AICAT

ED ECCO LA CONTRO RISPOSTA SENZA RISPOSTA DELLA REDAZIONE DI A.I.R.C.

2010/1/11 A.I.R.C. - Redazione Fondamentale

Gentile dottor Baselice,

innanzitutto ci scusi per il ritardo nella risposta.

La ringraziamo per aver letto con tanta attenzione ciò che AIRC ha scritto sul consumo di alcol e sugli effetti delle sostanze in esso contenuto.

Abbiamo sottoposto la questione alla direzione scientifica che, pur comprendendo le ragioni del suo disappunto (*), ritiene che, in un ambito delicato come questo, ci si debba attenere a ciò che è scientificamente dimostrato. AIRC ha il dovere di informare sui risultati scientifici degli studi condotti dai ricercatori più qualificati.(**)

Come saprà, gli studi epidemiologici dimostrano che un consumo molto modesto di alcol (nella misura totale di un bicchiere al giorno per le donne, due al massimo per gli uomini) non ha effetti nocivi rilevati sul rischio di cancro(***). Inoltre, riduce il rischio di malattie cardiovascolari negli uomini di mezza età e anziani.

Un consumo superiore alla modica quantità sopra specificata è invece nocivo per la salute, e questo è chiaramente spiegato nelle pubblicazioni curate da AIRC.

È possibile e lecito avere nei confronti dell’alcol un atteggiamento totalmente negativo, se si decide di dare peso solo agli effetti nefasti, sia dal punto di vista della salute sia da quello sociale, di un consumo eccessivo di bevande alcoliche, ma questo non può cancellare ciò che è scientificamente dimostrato circa l’esistenza anche di alcuni effetti benefici.

Valutare studio per studio il bilancio rischio-beneficio è ovviamente complesso. La ringraziamo quindi per le sue critiche puntuali che saranno lo spunto di partenza per un articolo più ampio che abbiamo pensato di elaborare con l’aiuto dei nostri esperti epidemiologi e che pubblicheremo sulla nostra testata Fondamentale. Appena sarà pronto sarà nostra cura farglielo avere.

Resta alla responsabilità individuale il compito di moderare il consumo e alla famiglia quello di educare i giovani a un approccio serio e consapevole verso una sostanza dal doppio volto.

Cordialmente,

Giulia Cauda

Redazione AIRC

Via Corridoni, 7 - 20122 Milano

redazione@airc.it

www.airc.it

(*)Nota: le argomentazioni scientifiche le chiama suo disappunto!

(**)Nota: in base a che cosa i loro ricercatori sono i più qualificati?

(***)Nota: leggere tutti gli articoli pubblicati più avanti.


ECCO COSA RISPONDE ANCORA NELLO BASELICE PRESIDENTE AICAT

Subject: Re: Resveratrolo tra illusioni e verità scomode .

Gentile Dott.ssa Cauda,

nel ringraziarLa per la cortese risposta, debbo constatare con soddisfazione che tutte le argomentazioni da me addotte,sulla base di documenti e fonti scientifiche puntualmente indicate,rispetto al resveratrolo non hanno ricevuto da parte Sua alcuna confutazione significativa.

Infatti,la Sua replica è centrata su altri temi parimenti delicati e controversi quali il nesso tra vino e cancro nonchè i presunti effetti di protezione cardiovascolare attribuiti al vino rosso.

A tal proposito - in collaborazione con altri colleghi ed amici esperti che operano in campo alcologico tra mondo dei Servizi, Terzo Settore e Società scientifiche, Università e Ricerca - mi riservo di produrre e trasmettere successivamente alla Sua attenzione documenti scientifici ed epidemiologici assolutamente attendibili e rintracciabili nella letteratura scientifica che pongono severamente in discussione la presunta ’innocuità dei consumi cosiddetti "moderati" o, per usare una terminologia condivisa nel mondo scientifico come quella dell’ OMS, "a basso rischio", rispetto sia alla protezione cardiovascolare che soprattutto alla genesi di alcuni tipi di tumore (es. tumori del cavo orale e dell ’apparato digerente, delle prime vie aeree, del seno,ecc.).

Mi permetta inoltre di far rilevare come la scelta di consumare bevande contenenti nella loro composizione una sostanza psicoattiva, e dunque capace di indurre dipendenza, dotata di effetti tossici e associata all’insorgenza di tumori, non possa essere affidata soltanto alla responsabilità individuale,se oggi non il singolo individuo ma l’intera società nel suo complesso,anche grazie ad un’informazione sempre più capillare e soprattutto libera,deve confrontarsi con la drammatica realtà dell’alcol come seconda causa evitabile di tumori nel mondo,dopo il tabacco. Il consumo di alcol è una questione di salute pubblica ad altissimo impatto sistemico e quindi ecologico;in quanto tale, non può non mobiltare la politica,la scienza,la sanità, la cultura,l’ educazione, il mondo del lavoro e quant’altro per la promozione e la tutela di stili di vita all’insegna di un’informazione e di una formazione che siano scevre da interessi forti che impediscano di accedere alla libera conoscenza di tutta la realtà e la verità che concerne l’alcol.

Colgo l’occasione per manifestarLe da parte dell’AICAT la più ampia e sincera disponibilità a partecipare ad ogni forma di dibattito scientifico che venga promossa dalla rivista dell’ AIRC, nel rispetto di quei principi di sana laicità cui la scienza deve sempre ispirarsi per tutelare una ricerca libera da condizionamenti culturali ed economici e da ogni posizione ideologicamente precostituita.

Questa è la stella polare cui l’AICAT guarda da sempre nel suo ormai lungo e consolidato impegno educativo e scientifico.

Cordialmente .

Nello Baselice

Presedente AICAT

LA STESSA RISPOSTA SENZA RISPOSTA E’ ARRIVATA ANCHE AD ALESSANDRO SBARBADA CHE HA TEMPESTIVAMENTE RIBATTUTO

PRIMO COMMENTO DI ALESSANDRO SBARBADA

Da: Alessandro Sbarbada [mailto:alessandro.sbarbada@fastwebnet.it]
Inviato: venerdì 13 novembre 2009 0.13
A: Cauda Giulia
Oggetto: vino e arance

Gentile dottoressa Cauda,
ho letto con stupore quanto afferma l’AIRC sul vino rosso nel suo notiziario "speciale arance - la prevenzione in cucina" (pagina 13).
Il vino rosso contiene moltissimi composti benefici, tra i quali spicca il resveratrolo che, in laboratorio, ha dimostrato di essere efficace sia nel bloccare la progressione dei tumori sia nel prevenirne la comparsa. Si tratta di una sostanza prodotta dalle piante per difendersi dagli attacchi dei microrganismi. Anche diversi studi epidemiologici sembrano confermare l’utilità di un consumo di vino rosso, purché molto limitato. Non bisogna mai superare un bicchiere di vino a pasto per gli uomini e uno al giorno per le donne, ricordando, tra l’altro, che il vino bianco e gli altri alcolici non hanno lo stesso effetto preventivo. Il resveratrolo è infatti concentrato soprattutto nella buccia degli acini, il che spiega la sua scarsa concentrazione nel vino bianco. Il vino contiene inoltre antocianine e altri polifenoli, dalla potente azione antiossidante. Tra l’altro, un bicchiere di vino rosso al giorno si è dimostrato utile anche per prevenire le malattie cardiovascolari e la degenerazione delle funzioni cerebrali. Molti esperti ritengono che sia proprio la molecola del resveratrolo a fare la differenza tra il vino rosso e altre bevande alcoliche che hanno dimostrato di prevenire le malattie del cuore ma che, viceversa, aumentano il rischio di cancro (per esempio della bocca e dell’esofago).
Invece che allertare i consumatori sull’effetto cancerogeno dell’alcol - seconda causa di tumore evitabile dopo il fumo - alcol che - secondo le mie conoscenze - aumenta il rischio di insorgenza di cancro in maniera significativa già dal primo bicchiere, avete tirato fuori la vecchia storiella degli studi in laboratorio del resveratrolo.
Se analizzando in laboratorio una sola delle moltissime sostanze sprigionate dal fumo di sigaretta trovaste un effetto protettivo, suggerireste di fumare (moderatamente, si sa) per prevenire il cancro?
Ma come, in un bicchiere di vino rosso per una parte di salubre resveratrolo ce ne sono centomila di cancerogeno alcol!
Allora spiegatemi perchè dovrei assumere il resveratrolo mediante una bevanda che contiene cancerogeno alcol in concentrazione centomila volte superiore, e non mi viene suggeriro piuttosto di prenderlo dall’uva, dall’olio di oliva, dalle arachidi, dai pomodori...
Mi pare strano che non le conosciate, ma se volete vi posso inoltrare una corposa documentazione scientifica che smonta la bufala del resveratrolo e dimostra la pericolosità di tutte le bevande alcoliche - vino rosso compreso - rispetto al cancro, fin dal primo bicchiere.
Non voglio pensare male, ma proprio non riesco a capire. A essere maliziosi verrebbe da pensare che abbiate ricevuto qualche ricco contributo da qualche associazione di viticoltori.
Magari dall’Unione Italiana Vini, o dalla Confederazione Italiana della Vite del Vino, importanti partner di Assobirra nell’Osservatorio Permanente sui Giovani e l’alcol, la cui Presidenza onoraria è stata assegnata a Umberto Veronesi.
Ma io no, non voglio pensare male: stiamo parlando di cancro, non potete fare questo sulla sofferenza di tanta gente.
Mi perdoni il tono polemico, ma da ora in avanti le arance le acquisterò solo dall’ortolano.
Saluti. Alessandro Sbarbada


RISPOSTA DI A.I.R.C. UGUALE A QUELLA MANDATA A NELLO BASELICE

From: "A.I.R.C. - Redazione Fondamentale" <redazione@airc.it>

To: <alessandro.sbarbada@fastwebnet.it>

Sent: Monday, January 11, 2010 4:33 PM

Subject: Re: vino e arance

Gentile signor Sbarbada,
innanzitutto ci scusi per il ritardo nella risposta.
la ringraziamo per aver letto con tanta attenzione ciò che AIRC ha scritto sul consumo di alcol e sugli effetti delle sostanze in esso contenuto.
Abbiamo sottoposto la questione alla direzione scientifica che, pur comprendendo le ragioni del suo disappunto, ritiene che, in un ambito delicato come questo, ci si debba attenere a ciò che è scientificamente dimostrato. AIRC ha il dovere di informare sui risultati scientifici degli studi condotti dai ricercatori più qualificati. Come saprà, gli studi epidemiologici dimostrano che un consumo molto modesto di alcol (nella misura totale di un bicchiere al giorno per le donne, due al massimo per gli uomini) non ha effetti nocivi rilevati sul rischio di cancro. Inoltre, riduce il rischio di malattie cardiovascolari negli uomini di mezza età e anziani.
Un consumo superiore alla modica quantità sopra specificata è invece nocivo per la salute, e questo è chiaramente spiegato nelle pubblicazioni curate da AIRC.
È possibile e lecito avere nei confronti dell’alcol un atteggiamento totalmente negativo, se si decide di dare peso solo agli effetti nefasti, sia dal punto di vista della salute sia da quello sociale, di un consumo eccessivo di bevande alcoliche, ma questo non può cancellare ciò che è scientificamente dimostrato circa l’esistenza anche di alcuni effetti benefici.
Valutare studio per studio il bilancio rischio-beneficio è ovviamente complesso. La ringraziamo quindi per le sue critiche e la informiamo che abbiamo pensato di elaborare un articolo più ampio con l’aiuto dei nostri esperti epidemiologi che pubblicheremo sulla nostra testata Fondamentale. Appena sarà pronto sarà nostra cura farglielo avere.
Resta alla responsabilità individuale il compito di moderare il consumo e alla famiglia quello di educare i giovani a un approccio serio e consapevole verso una sostanza dal doppio volto.
Cordialmente la redazione


RISPOSTA DI ALESSANDRO SBARBADA

"Come saprà, gli studi epidemiologici dimostrano che un consumo molto modesto di alcol (nella misura totale di un bicchiere al giorno per le donne, due al massimo per gli uomini) non ha effetti nocivi rilevati sul rischio di cancro"

Gentile redazione,

questa osservazione della vostra direzione scientifica contrasta con quanto affermano associazioni analoghe alla vostra in altri paesi del mondo.

Forse l’organismo degli italiani è diverso.

Riporto sotto, a titolo di esempio, qualche articolo che mostra come gli abitanti di Francia, Stati Uniti e Australia abbiano evidentemente organismi meno fortunati dei nostri, almeno a detta di Institut National du Cancer, American Association for Cancer research, Cancer Institute New South Wales.

Potrei mandarvi molta altra documentazione.

Così in Italia l’AIRC stampa opuscoli che suggeriscono di bere un po’ di vino, addirittura a motivo del resveratrolo contenuto nell’uva (a questa favola non ci credono più nemmeno i produttori), mentrel’INCa francese denuncia come un solo bicchiere di vino al giorno aumenta il rischio di cancro della bocca e della gola del 168 %, mentre il National Cancer Istitute di Bethesda informa che una o due unità alcoliche al giorno già elevano del 32 % il rischio di contrarre cancro del seno.

"Inoltre, riduce il rischio di malattie cardiovascolari negli uomini di mezza età e anziani."

Vi allego una breve sintesi dello "Studio Fillmore" che ha dimostrato un errore sistematico in ben 82 studi di settore che avevano sostenuto questa tesi, sulla quale oggi non è più possibile esprimere certezze.

Uso moderato di alcol e ridotto rischio di mortalità:

Errore sistematico negli studi di settore

Moderate alcohol use and reduced mortality risk: Systematic error in prospective studies.

Studio di Middleton Fillmore, Kerr, Stockwell, Chikritzhs, Bostrom.

Addiction Research and Theory, 2006. Published online.

I ricercatori australiani e neozelandesi guidati da Middleton Fillmore hanno riesaminato, attraverso una meta-analisi, 54 studi che investigavano tutte le cause di morte, inclusa la malattia cardiaca, e altri 35 studi che investigavano le morti specifiche per sola malattia cardiaca, pubblicati in tutto il mondo sull’arco di 30 anni, dal 1974 al 2004.

Tutti questi studi, tranne 7, hanno mostrato che il bere moderato di alcol (da 2 a 4 drinks al giorno) sarebbe associato ad una protezione da morte prematura. Gli altri 7 non hanno mostrato alcuna protezione fra i bevitori moderati. I ricercatori hanno quindi cercato di capire il perchè di questa differenza.

E’ risultato che, in tutti gli studi in cui si evidenziava una protezione da morte prematura fra i bevitori moderati rispetto ai non bevitori, questi ultimi erano stati reclutati in maggioranza fra gli ex-bevitori, divenuti astinenti per motivi di salute, fragilità, uso di medicine, disabilità o altro.

Invece, nei 7 studi che non mostravano alcuna protezione della salute fra i bevitori moderati, il gruppo dei non bevitori era rappresentato da astemi o astinenti da lunga data. Si tratta quindi. nella maggior parte degli studi in circolazione, di un errore di metodo, per cui il cosiddetto “gruppo di controllo” cioè gli astinenti, era in realtà composto da persone con la salute già a rischio.

Lo studio si spinge a dire che questi presunti effetti benefici dell’uso moderato di alcol sulla salute sono stati eccessivamente enfatizzati, e che essi hanno influenzato le scelte politiche delle istituzioni e gli orientamenti clinici dei medici di tutto il mondo, che hanno finito per consigliare ai loro pazienti un consumo moderato di alcol, mentre avrebbero dovuto usare più cautela, visto che questi effetti benefici possono essere più apparenti che reali.

Lo studio di Fillmore et al. conclude che non è escluso che un uso limitato di alcol possa far bene alla salute, ma avverte che tutti gli altri stili di vita (dieta, esercizio fisico, uso di medicine, etc.) devono essere tenuti in considerazione, e che comunque questi studi che vertono sugli stili di vita sono esposti a potenziali errori e che essi difficilmente possono provare fenomeni di causa-effetto.

Traduzione e sintesi a cura di Ennio Palmesino

© AICAT 2006

"È possibile e lecito avere nei confronti dell’alcol un atteggiamento totalmente negativo, se si decide di dare peso solo agli effetti nefasti, sia dal punto di vista della salute sia da quello sociale, di un consumo eccessivo di bevande alcoliche, ma questo non può cancellare ciò che è scientificamente dimostrato circa l’esistenza anche di alcuni effetti benefici."

Io parlo per me, sulla base della mia esperienza e delle mie conoscenze. La mia personale posizione è che interessi economici e motivi culturali abbiamo portato molti uomini di medicina e di scienza ad avere su vino, birra e altri alcolici, e sui loro effetti per la salute umana, una posizione analoga a quella che si aveva 50 anni fa sul fumo di sigaretta. A questo proposito allego un articolo de "LA STAMPA" del 26 agosto 1956 che mi pare davvero illuminante (fa male, per alcune cose però può far bene, fino a un certo numero di sigarette si può tollerare, eccetera). Come per il fumo 50 anni fa, anche rispetto al bere la sensazione è che molto dipenda dal comportamento personale di chi si esprime.

Oggi abbiamo abbastanza informazioni scientifiche oggettive per fare un salto di qualità.

L’alcol è molecola tossica e cancerogena per l’organismo umano, e la posizione che mi pare più corretta è quella sposata dall’OMS: "Less is Better". Per la salute, meno vino, birra e alcolici si bevono e meglio è.

Cordiali saluti.

Alessandro Sbarbada

LA STAMPA (26.8.1956)

Una disputa sempre aperta

La sigaretta e il cancro

Le gravi responsabilità del tabacco – Molti fumano perché anche i medici fumano – Non è davvero una buona ragione – E proprio sulla mortalità per cancro polmonare dei medici fumatori, una statistica inglese offre cifre impressionanti

Come la mettiamo in questo momento la questione delle sigarette? L’argomento è uno di quelli che non sembra invecchiare mai, poichè ogni giorno vi sono nuovi argomenti ad appoggiare la soluzione in un senso e magari anche nel senso opposto. Un congresso di cardiologi lo aveva portato all’ordine del giorno, col risultato di un nulla di concluso nei riguardi degli effetti deleteri sull’apparato circolatorio, quando se ne sono impadroniti i cancerologi per sceverare un nesso tra cancro bronchiale e certe sostanze promananti dalla combustione del tabacco, quanto dire equivalenti di taluni prodotti di distillazione del catrame ritenuti cancerogeni. E voi sapete bene quante dispute siano poi nate tra assertori e negatori dell’imputabilità ora valendosi i primi di certi dati statistici e di sperimentazioni su animali; ora spostando i secondi la responsabilità delle risultanze statistiche su un altro fattore, l’inquinamento dell’aria da parte di altri elementi cancerogenetici, e sfoderando pur essi esperimenti di laboratorio contrastanti quelli affacciati dagli avversari.

Molti, obliando il vecchio detto “tieni alla predica…” fumano perché la stragrande maggioranza dei medici, che dovrebbero saperla lunga, fumano senza ritegno. Ma ecco che quando possa capitare a quei medici ce lo dice un’ultima statistica eseguita in Inghilterra. Nel 1951 e precisamente nel mese di ottobre, 40.564 medici sono stati pregati di riempire un questionario tendente a classificare ciascuno come fumatore o non fumatore o fumatore rinunciatario da un determinato tempo. Orbene, su 789 decessi sopravvenuti nei tre anni successivi tra i medici di più di trentacinque anni di età che avevano risposto al questionario, 36 furono dovuti a cancro al polmone. Di questi 36 medici scomparsi 25 erano stati fumatori di sigaretta, 4 di pipa e 7 fumatori di pipa e sigarette. Nessun caso di morte per cancro al polmone si è avverato durante quel periodo tra i medici non fumatori. È stato inoltre calcolato che il tasso di mortalità per cancro polmonare aumenta gradualmente con la quantità quotidiana di tabacco fumato. Questa indagine fila in accordo con la più vasta inchiesta eseguita nel 1954 dagli americani Hammond e Horn su ben duecentomila individui di ogni ceto e professione; dalla quale è risultato che la frequenza di cancro polmonare nei fumatori e nei non fumatori sta nel rapporto di dieci a uno. Analoghi sono i risultati ottenuti successivamente da Lederman in Francia.

Tutte le inchieste del genere, analizzate a fondo, prestano però il fianco a qualche critica; tanto più che il suffragio di prove sperimentali non è stato finora veramente inoppugnabile. Ragione per cui sembra precoce voler trarre delle conclusioni definitive sull’azione cancerogena polmonare del tabacco in via assoluta. Il che richiama ad un’analoga controversia inerente l’azione morbigena della nicotina sugli svariati apparati organici e in modo speciale sul sistema cardio-circolatorio. Ricordiamo di aver partecipato a congressi in cui l’argomento fu sul tappeto e di aver tratto il convincimento che l’opinione di ciascun medico dipendesse più dal suo modo di intendere il piacere del fumo, anziché da osservazioni di fatto. Così accanto a denigratori del tabacco abbiamo ascoltato esaltatori di certe sue qualità. Che ha esposto la benefica attività battericida; chi si è soffermato su una certa efficacia diuretica; chi ha ancora contrapposto all’ingiallimento dei denti una ambigua azione profilattica contro la carie. A piccole dosi è indiscusso che il tabacco favorisce ed accelera la digestione, attraverso la eccitazione delle fibre muscolari lisce dello stomaco; ed è pur vero che una sigaretta a digiuno è un sollievo per i ritardatari dell’intestino; ma recentemente Chène e Brulè hanno segnalato sofferenze da parte dell’apparato digerente, provocate o aggravate dell’abuso del fumatore. (…)

Per quel che concerne l’apparato respiratorio, a prescindere dal cancro, chi non sa dell’irritazione del fumo sui bronchi? Eppure ecco che i suoi difensori ne esaltano una certa azione antiasmatica. Questa potrebbe ascriversi ad una eccitazione delle ghiandole surrenali ed alla conseguente messa in circolazione di adrenalina. Sennonché, come subito incalzano i denigratori, questa eccessiva e frequentemente ripetuta secrezione adrenalinica sarebbe proprio la circostanza per cui si hanno anormali contratture dei vasi sanguigni di piccolo e piccolissimo calibro, specie alla periferia. Evidentemente i restringimenti transitori, più o meno frequenti e prolungati, di certi tratti di condutture sanguigne disturbano notevolmente l’irrorazione e, quindi, la nutrizione locale dei tessuti. Ciò non è senza conseguenze, se la regione colpita appartiene ad un organo delicato, oppure se in sito vi sono già minorazioni. Comprensibili pertanto certi zoppicamenti improvvisi nei forti fumatori predisposti, ad esempio, ad arteriti delle gambe. Indubbio d’altronde, che il tabacco non sia consigliabile a chi abbia più o meno latenti affezioni delle coronarie, anche ad altre e più complesse cause sia attribuibile l’inizio di tali lesioni, e per cui vada valutata con dovuta discriminazione il fatto che proprio nella citata inchiesta sui medici fumatori e pur risultato che tra i 789 decessi considerati si sono contate 235 morti dovute e trombosi delle coronarie in massima parte tra i fumatori.

È stato provato, d’altronde, che sino ad una certa concentrazione della nicotina nel sangue l’effetto costrittore sulle arteriole non si manifesta e forse anche il sistema nervoso non ne soffre; per cui Poumailloux e Crouzat, in uno studio ultimato in questi giorni, fissano praticamente in otto dieci sigarette la razione quotidiana tollerabile. Chi accetta alzi la mano. Ma è forse più probabile che detti ancor legge il campanile di Coazze, su cui sta scritto: Ciascuno a modo suo.

Angelo Viziano

ALLEGATI

Parigi - 04 Agosto 2009

IN FRANCIA È IN ATTO UNA VERA E PROPRIA “OFFENSIVA” CONTRO L’ALCOL, CONSIDERATO FRA LE PRINCIPALI CAUSE DI CANCRO, ANCHE SE CONSUMATO IN DOSI LIMITATE. IL RAPPORTO DI JEAN-PIERRE GRÜNFELD, NEFROLOGO DI FAMA MONDIALE, SOTTOPOSTO AL PRESIDENTE SARKOZY

Offensiva contro l’alcol in FranciaIl piano anti-cancro 2009-2013 della Francia passa inesorabilmente da una considerazione degli effetti dell’alcol. E’ quanto sta scritto sul rapporto che il professor Jean-Pierre Grünfeld, nefrologo di fama internazionale dell’Ospedale Necker-Enfants Malades di Parigi e professore di nefrologia nell’Università della capitale transalpina, ha sottoposto al Presidente della Repubblica Nicola Sarkozy. Ne risulta un attacco frontale all’abuso, ma anche all’uso, dell’alcol che lascia poco spazio alle supposizioni.

Il documento evidenzia che l’alcol è “il secondo fattore di rischio di cancro in Francia. I dati epidemiologici provano che il consumo di bevande alcoliche aumenta i rischi di cancro delle vie aero-digestive superiori dell’esofago, del fegato, del seno e del colon-recto fin dal primo bicchiere. La lotta contro l’alcol è quindi un obbiettivo primario rispetto alla prevenzione del cancro”.

“Le ambizioni del Piano Cancro 2003/2007 - si legge ancora nel documento - in termini di prevenzione sono rimaste relativamente modeste monitorando principalmente popolazioni ristrette: le donne “in dolce attesa” e i giovani. La lotta contro l’alcol ha inciso in modo efficace nelle politiche di sicurezza stradale ma questo approccio ha limitato la riduzione del consumo ai soli guidatori, e nel periodo prima della patente”.

“La popolazione in generale conosce - prosegue il testo sottoposto all’attenzione di Sarkozy - molto poco il legame tra alcol e cancro. Obbiettivo del prossimo piano anti-cancro, pertanto, sarà quello di rendere chiaro alla popolazione questo legame, che è tanto impercettibile quanto le informazioni sulle soglie limite del consumo moderato (due bicchieri al giorno, per le donne, e, tre bicchieri al giorno, per gli uomini) considerate come raccomandazioni di salute”.

Il documento evidenzia anche alcune proposte operative a partire da “misure più puntuali per l’organizzazione del consenso tra i professionisti delle salute, affinché ci sia accordo sulle raccomandazioni da dare ai pazienti in fase preventiva sui reali effetti dell’alcol. In secondo luogo, condurre una campagna di prevenzione di ampio respiro sul legame tra alcol e cancro, e sviluppare l’informazione su questo problema tra i professionisti della salute. In terzo luogo, inserire messaggi sanitari sulle confezioni delle bevande alcoliche permettendo di stimarne la pericolosità ed evidenziare tali messaggi nelle pubblicità delle bevande alcoliche, rendendoli più visibili ed evitando messaggi ambigui come “consumare con moderazione””.

L’obbiettivo primario del piano resta “la riduzione del consumo di alcol. Nel 2006/2007, il consumo di alcol si è stabilizzato, per la prima volta, mostrando una tendenza generale alla diminuzione dopo gli anni 1960”.

Per consolidare questa priorità il documento propone di aumentare i prezzi delle bevande alcoliche attraverso la fiscalità, che costituisce “una delle misure più efficiente per ridurre il consumo di alcol, secondo le valutazioni disponibili. Nel 1998, un rapporto parlamentare aveva già proposto di allineare in maniera equa la fiscalità di questi prodotti considerando il grado alcolico come riferimento per determinare il livello di tassazione. In Francia negli ultimi anni, la fiscalità è servita soprattutto per proteggere i giovani, contrastando con efficacia la forte penetrazione di bevande del tipo “alcolpop”, il cui consumo è tendenzialmente in aumento tra i giovani. Se l’esperienza francese non permette, come per il tabacco, di ottenere una relazione di proporzionalità inversa tra l’evoluzione dei prezzi e quella delle quantità consumate, resta, però, un obbiettivo primario il gettito fiscale, attraverso un aumento dei prezzi degli alcolici, che permetta di finanziare una politica di prevenzione del rischio di cancro legata al consumo di alcol”.

Infine, ultima, ma non meno importante raccomandazione del documento, “le misure previste nel piano” dovranno “semplificare e uscire dagli arcaismi della legislazione in vigore relativa ai rischi delle bevande. Questa si basa su una classificazione della pericolosità degli alcolici, secondo le conoscenze dell’inizio del XX secolo e non secondo i più moderni criteri scientifici”.

http://www.fondazioneaiom.it/default2.asp?active_page_id=862

Mercoledì, 13 Gennaio 2010
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