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Canada, querelle sul tavolo della Sicurezza Stradale
L’associazione Velo Québec, che rappresenta i ciclisti, lascia i lavori dell’assemblea

Favorevoli all’uso, ma contrari alla legge che, prossimamente, impone l’obbligo del casco ai giovani amici del pedale “allontanerà molti dalla pratica ciclistica”

Una campagna tedesca sull’uso del casco da ciclista (dalla rete)

(ASAPS) QUÉBEC (CANADA), 18 novembre 2009 – Il casco fa male alla testa dei ciclisti canadesi? Una notizia simile, l’avevamo già sentita, se non andiamo errati, da Napoli, ma nel caso dell’immenso paese d’oltreoceano si tratta solo di un gioco di parole. Parliamo del casco, di quell’elmetto che, in caso d’urto, salva la vita e che, invece secondo alcuni, farebbe addirittura male. Una notizia simile, arrivata in redazione giusto ieri sera, arriva dalla provincia canadese del Québec, dove un’associazione di ciclisti avrebbe addirittura lasciato il tavolo di concertazione della sicurezza stradale per dissentire sul progetto legislativo di prevedere obbligatorio l’uso del caschetto per i ciclisti più giovani. La news era già apparsa qualche giorno fa sul sito internet di Radio Canada, ed è poi rimbalzata sulla rete – con le dovute precisazioni – con una serie di particolari che hanno trasformato l’indiscrezione in notizia vera e propria. Francamente, pensavamo che la questione “casco” interessasse solo una parte del nostro paese e le strade di molti paesi dell’estremo oriente, Vietnam, Cina ed India in testa, ma dobbiamo ricrederci. Secondo l’associazione “Vélo Québec”, il ministro dei Trasporti della provincia più estesa del Canada, la seconda per numero di abitanti ed uno dei paesi con le strade più sicure del mondo, sarebbe sul punto di portare in parlamento una legge per rendere obbligatorio l’uso del caschetto protettivo per i giovani ciclisti. Giovani quanto, non si sa: si sa, invece, che l’associazione non ha gradito l’iniziativa. Intanto perché l’avrebbe appresa da un articolo apparso il 16 ottobre scorso sul quotidiano “La Presse” e non sul tavolo di concertazione; in secondo luogo, perché la posizione di Velo Québec sarebbe chiara da tempo: favorevoli all’uso del casco tra i ciclisti, ma contrari ad un obbligo imposto per legge, che finirebbe per danneggiare la categoria allontanando un gran numero di praticanti. “Riteniamo inoltre che una legge del genere sia di fatto inapplicabile – si legge sul sito ufficiale dell’associazione – perché mancano le risorse tra le forze di polizia, in termine di uomini, per dedicarsi a controlli mirati. Inoltre, nelle province canadesi in cui la legge impone di indossare il casco, è stato registrato un effetto dissuasivo tra i ragazzi ed i loro genitori, che finiscono con l’abbandonare la pratica ciclistica”. La questione, in Québec, è insolitamente accesa dall’inizio del 2009, da quando è partita l’attività di un gruppo di lavoro dedicato ai trasporti alternativi. Tuttavia, non sarebbe mai stato raggiunto alcun accordo, nemmeno di massima, ed ora la categoria debole per eccellenza minaccia di dissotterrare l’ascia di guerra. Eh sì! Il casco, ai ciclisti canadesi, non vuole entrare in testa. Che gli faccia venire l’emicrania? Teniamoci il dubbio. A Napoli, il 3 aprile 2007, l’agenzia ANSA diffuse un dispaccio secondo il quale nel capoluogo campano, in almeno una decina di casi, i giudici di pace avevano annullato i verbali della Polizia Municipale elevati nei confronti di chi era stato colto in flagrante omissione d’uso. La motivazione? Depressione. Non ne abbiamo più sentito parlare … Meglio così… (ASAPS)

© asaps.it
Giovedì, 19 Novembre 2009
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