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Spagna, emergenza morti in bicicletta 27 vittime dall’inizio dell’anno, il 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2009

Le due ruote a pedali come quelle a motore. Le cause? Le stesse che nel resto d’Europa

Un ciclista rimasto ucciso in Spagna (photobucket)

(ASAPS) MADRID, 18 agosto 2010 – I ciclisti, al pari dei pedoni, sono in cima alla “catena alimentare” dei veicoli a motore, rappresentando la categoria più debole tra quelle che animano le nostre correnti di traffico. In Spagna gli amanti del velocipede non se la passano troppo bene, a giudicare da una ricerca della Direzione Generale del Traffico (DGT), secondo la quale – sul territorio del Regno – le vittime a pedali nei primi sette mesi dell’anno sono aumentate del 50%: 27 vittime contro 18. Un bilancio che non può considerarsi definitivo, visto che nel report sono stati inseriti solo i decessi alla ventiquattresima ora dall’evento. Per sapere quanti, tra i feriti gravi, siano sopravvissuti alle conseguenze degli impatti, sarà necessario attendere il prossimo anno.
Il dato importante, però, non è quello limitato alla numerologia: la vera notizia ci pare quella più ovvia, nella sua cruda semplicità. Non sono solo i motociclisti a vedere in costante controtendenza la loro incidenza sul bollettino della mortalità stradale; ci sono anche i ciclisti, sempre due ruote ma senza motore a scoppio. Coincidenza?
In Spagna, con il 2009, sono 6 gli anni di costante diminuzione della violenza stradale e, per la prima volta, anche i motociclisti hanno visto diminuire sensibilmente il loro contributo di sangue: nei primi 4 mesi del 2010, complice un inizio dell’anno estremamente piovoso, i caduti col casco sono stati 48, contro i 77 del 2009 (-40%).
Tornando alle biciclette, gli analisti della DGT hanno stabilito che l’aumento del loro coinvolgimento in incidenti stradali con esito letale, seppur in maniera diversa, è costante da molto tempo. Durante l’intero 2009 i ciclisti uccisi erano stati 43, 3 in più del 2008. L’aumento tra il 2003 e il 2008 era stato del 14%; la scena del crimine di queste uccisioni era stata, nel 75% dei casi, una strada secondaria.
Tanto per fare un paragone i ciclisti morti sulle strade in Italia nel 2008 sono  circa 280, una bella differenza. Anche se dobbiamo considerare che i ciclisti da noi sono molto più numerosi, ma questo non consola.
Dai vertici del RACE, il Real Automóvil Club de España, fanno sapere che le cause possono essere molte: da un lato l’aumento progressivo di utenti della bici, che rende più probabile il rischio di un incidente; dall’altro l’atteggiamento di cinica indifferenza (anch’essa costante) dei conducenti di veicoli a motore, soprattutto autovetture, i quali – in qualche modo – non tengono conto dell’estrema vulnerabilità di chi si muove a pedali, finendo col non rispettare – ad esempio – la distanza di sicurezza, quella alla quale cominciare o terminare un sorpasso, tagliare una curva o passare semplicemente troppo vicino al velocipede. In altre occasioni è la trasgressione stessa del ciclista a provocare l’incidente, come il mancato rispetto di precedenze o di semafori o la circolazione contromano.
Dal Reale Automobile Club, il nostro ACI, puntano il dito anche sulla situazione infrastrutturale: le piste ciclabili, ad esempio, sono spesso in stato di abbandono, costringendo i ciclisti a circolare sulla strada normale, con l’innalzamento di tutti i fattori di rischio relativo: tre velocipedisti su quattro sono destinati a soffrire situazioni di pericolo, spesso per la presenza di semplice ghiaino, detriti di vario genere o buche e difetti del manto stradale.
Insomma, paese che vai… (ASAPS)

Mercoledì, 18 Agosto 2010
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