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Corte di Cassazione 14/02/2005

Giurisprudenza di legittimità - Annullata l’aggravante a uno spacciatore di droga destinata al mercato della Capitale Un chilo e mezzo di cocaina a Roma non è ingente quantità

(Cassazione 49085/2004)

Annullata l’aggravante a uno spacciatore di droga destinata al mercato della Capitale

Un chilo e mezzo di cocaina a Roma non è ingente quantità
(Cassazione 49085/2004)

Un chilo e mezzo di cocaina pura, pari a quasi 10.500 dosi, non può essere considerata di per sé una ´ingente quantitઠai fini del reato di spaccio nella città di Roma. Il principio è stato affermato dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione che ha cancellato l’aggravante che era stata applicata ad uno spacciatore di origini spagnole condannato a sette anni di reclusione e a 30 mila euro di multa per ´detenzione a fini di spaccio di un chilo e mezzo di cocaina puraª nella periferia della Capitale. Secondo i giudici di secondo grado, infatti, lo spacciatore meritava l’applicazione dell’aggravante della ingente quantità della dose in quanto ´un chilo e mezzo di cocaina pura, pari a 10.442 dosi droganti, è in grado di soddisfare un rilevante numero di tossicodipendentiª. Per la Suprema Corte, che ha ribaltato la sentenza della Corte di Appello, un chilo e mezzo di coca invece ´non integra di per sé un quantitativo ingente, a meno che in relazione alle caratteristiche dell’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione e di assorbimento del mercato, non si determini un pericolo concreto per la salute pubblica di elevata intensitàª; infatti, per essere considerata ´ingenteª, la quantità dev’essere ´esorbitanteª rispetto al ´normaleª traffico di droga, mentre la quantità di un chilo e mezzo di droga non poteva essere considerata eccessiva ´considerato anche che il mercato di destinazione era quello romano, certamente non suscettibile di essere influenzato da un simile quantitativoª. (11 febbraio 2005)

Suprema Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, sentenza n.49085/2004 (Presidente: L. Sansone; Relatore: G. Conti)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

SENTENZA

 

FATTO- Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza in data 21 febbraio 2003 del GUP del Tribunale di Tivoli, appellata da A. R. F. A, dichiarato responsabile, all’esito di giudizio abbreviato, con le attenuanti generiche, del reato di cui agli artt. 73 e 80 D.P.R. n. 309 del 1990 [1] (detenzione a fini di spaccio di Kg. 1, 566 di cocaina pura, in Tivoli, il 16 novembre 2002), riduceva la pena ad anni sette di reclusione ed Euro 30,000 di multa.
La Corte di appello riteneva non accoglibile sia la doglianza relativa alla contestata aggravante della ingente quantità di stupefacente sia quella relativa al diniego della prevalenza delle attenuanti generiche.

Ricorre per cassazione l’imputato, che deduce personalmente la violazione della legge penale in relazione alla misura eccessiva della pena, rilevando che erroneamente è stata ritenuta l’aggravante della ingente quantità di sostanza stupefacente in riferimento a Kg. 1, 5 di cocaina, considerato anche che il mercato di destinazione era quello romano, certamente non suscettibile di essere influenzato da un simile quantitativo; e che altrettanto erroneamente non è stata ritenuta la prevalenza delle attenuanti generiche svalutandosi lo stato di incensuratezza dell’imputato, le motivazioni socio - economiche che lo avevano spinto a delinquere, il buon comportamento processuale e il ruolo minimale di corriere nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti.

Con motivi aggiunti, l’avv. Gennaro de Sena Plunkett, deduce: violazione di legge e vizio di motivazione in punto di comparazione tra circostanze, avendo la Corte di appello illegittimamente valutato negativamente il fatto che l’imputato non abbia fornito informazioni sui corrieri, tanto più che non era affatto certo che egli li conoscesse.

Carenza di motivazione e violazione di legge sullo stesso punto, avendo i giudici di merito al riguardo impiegato le stesse considerazioni già espresse ai fini della determinazione della pena.

Violazione di legge in punto di determinazione della pena, parametrata non al fatto criminoso ma alla effettività della pena da scontare, e cioè tenendosi anticipatamente conto della riduzione di pena ex art. 442 c.p.p., che invece ha natura processuale e che avrebbe dovuto pertanto seguire alla determinazione in concreto della pena ritenuta equa.DIRITTO

Il ricorso appare fondato con riferimento al punto relativo alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente, che è assorbente rispetto alle ulteriori censure.

La Corte di appello ha ritenuto che un quantitativo di Kg. 1, 5 circa di cocaina pura, pari a 10.442 dosi droganti, era in grado di soddisfare un rilevante numero di tossicodipendenti, il tutto, in applicazione del mero criterio quantitativo, correlato al numero delle dosi droganti, privilegiato da parte della giurisprudenza di legittimità (Sez. VI, u. p. 4 novembre 2003, Alushay; Sez. IV, c.c. 27 novembre 2003, Esposito), non potendosi invece fare riferimento al mercato di destinazione della droga e all’eventuale sua saturazione, non facilmente accertabile, anche per il carattere clandestino del commercio (nello stesso senso, Cass., sez. VI, 12 luglio 2001, Serra De Stasio).

Ma, ad avviso del Collegio, il dato quantitativo, considerato nella sua nuda oggettività, realizza la fattispecie descritta dall’art. 80 comma 2 D.P.R. n. 309 del 1990 solo quando esso appaia di per s esorbitante rispetto alla normale fenomenica del traffico di stupefacente, così da rappresentare un gravissimo pericolo per la salute pubblica in relazione al grande numero, in assoluto, dei possibili consumatori (Cass., sez. VI, u. p. 9 novembre 2000, Ruzi).

Quando invece l’aspetto ponderale non si presenti in termini di eccezionalità, come nel caso di specie, deve operarsi una valutazione della quantità e della qualità della droga rispetto alla salute pubblica tenendo conto del contesto, in relazione all’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione e alle condizioni di assorbimento del mercato di riferimento (v. Cass., sez. VI, u. p. 24 febbraio 2003, Balti; Cass., sez. VI, u. p. 25 giugno 1999, Scandinaro; Cass., sez. VI, u. p. 6 maggio 1998, Orilio).

Nella specie, non emerge dalla sentenza impugnata quale fossero i canali di approvvigionamento della sostanza da parte dell’imputato, quale fosse la destinazione della droga (se destinata al consumo di tossicodipendenti o ad altri spacciatori), quale fosse l’ambito territoriale nel quale essa era destinata ad essere commercializzata, quale fosse la tipologia degli eventuali acquirenti.

Va quindi affermato il seguente principio di diritto: la quantità di Kg. 1, 5 circa di cocaina pura, pari a 10,442 dosi droganti, non integra di per se un quantitativo ingente ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 80 comma 2 D.P.R. n. 309 del 1990, a meno che in relazione alle caratteristiche dell’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione e alle condizioni di assorbimento del mercato di riferimento esso determini in concreto un pericolo alla salute pubblica di elevata intensità.

La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma che, nel nuovo giudizio, ai fini della valutazione della sussistenza della contestata aggravante, si atterrà al principio sopra enunciato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante della ingente quantità di sostanza stupefacente e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio sul punto.

Così deciso addì 10 dicembre 2004.

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2004.






Lunedì, 14 Febbraio 2005
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