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Dichiarata in parte illegittima la legge regionale di istituzione Il Corpo forestale lombardo non può avere poteri di polizia

(Corte costituzionale 313/2003)
Dichiarata in parte illegittima la legge regionale di istituzione
Il Corpo forestale lombardo non può avere poteri di polizia
(Corte costituzionale 313/2003)
E’ in parte incostituzionale la legge con cui la Lombardia ha istituito il suo Corpo forestale: lo ha dichiarato la Corte costituzionale con la sentenza 313 che ha annullato, giudicandole illegittime, tre disposizioni contenute nella legge regionale lombarda numero 2 del 2002. La prima disposizione è quella che affida il potere di emanare regolamenti attuativi alla Giunta regionale e ciò contrariamente a quanto stabilisce lo Statuto lombardo. La seconda disposizione annullata è quella che attribuisce al Corpo forestale appena istituito il compito di intervenire in alcuni settori di competenza degli enti locali. Infine - ed è probabilmente la decisione di maggiore rilievo - viene dichiarata illegittima la norma che conferisce ad alcuni membri del Corpo forestale lombardo la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza: la Consulta sottolinea che questa disciplina rientra nella competenza esclusiva dello Stato. (21 ottobre 2003)

SENTENZA della Corte costituzionale N. 313 dell’ANNO 2003
LA CORTE COSTITUZIONALE

(...)ha pronunciato la seguente


SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 3, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale), e degli articoli 1, comma 3, lettera b), e 3, comma 12, della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, notificati il 15 marzo e il 7 maggio 2002, depositati in cancelleria il 25 marzo e il 16 maggio successivi e iscritti ai nn. 29 e 34 del registro ricorsi 2002.

Visti gli atti di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2003 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 15 marzo 2002, depositato il successivo 25 marzo (reg. ricorsi n. 29 del 2002), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo forestale regionale).

1.1. - L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del ricorrente, evidenzia come la legge impugnata, nell’istituire il Corpo forestale regionale, attribuisca a quest’ultimo funzioni che incidono su competenze riservate, dall’art. 117, secondo comma, della Costituzione, alla legislazione esclusiva dello Stato.

In particolare, dalle competenze di cui all’art. 117, secondo comma, lettere s) ("tutela dell’ambiente, dell’ecosistema") e q) ("profilassi internazionale"), dovrebbe ricavarsi la persistente spettanza allo Stato, e per esso al Corpo forestale dello Stato, di molte funzioni - già attribuite da leggi ordinarie - nelle menzionate materie, tra le quali il ricorrente indica, a titolo esemplificativo, "le funzioni in tema di sorveglianza sulle aree protette e sulle riserve naturali di rilievo nazionale ed internazionale di collaborazione con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per i compiti di cui agli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 300 del 1999, di commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, di repressione degli illeciti in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, di vigilanza venatoria, di tutela del patrimonio genetico degli ecosistemi vegetali, e in generale di polizia specializzata nella tutela dell’ambiente e dell’ecosistema".

A escludere il contrasto con i parametri costituzionali invocati non sarebbero d’altra parte idonee, sempre ad avviso del ricorrente, né la delimitazione alle "materie di competenza regionale" contenuta nell’art. 1, comma 1, della legge impugnata, che istituisce il Corpo regionale, né la salvezza di specifiche competenze statali in via di "eccezione" [ art. 2, comma 2, lettera b)] , né infine l’espressione "per gli aspetti di competenza regionale" utilizzata dall’art. 2, comma 3, in relazione alle attività di supporto alla Regione nei settori indicati dalla medesima disposizione.

Aggiunge il ricorrente che una eventuale attribuzione, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, di funzioni amministrative nella materia in questione al Corpo forestale lombardo potrebbe essere prevista soltanto da legge organica dello Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, "anche per prevenire altrimenti probabili conflitti in casi concreti".

Riservandosi di più ampiamente argomentare sul punto, l’Avvocatura dello Stato (a) segnala che la modifica dei parametri costituzionali sopra menzionati ha inciso su preesistenti disposizioni di rango legislativo (titolo III, capi III e IX, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112) e regolamentare (d.P.C.m. 11 maggio 2001), per le quali ultime si potrebbe delineare la necessità di una loro "riconsiderazione", e (b) rileva che la funzione "lotta attiva contro gli incendi boschivi" non può essere affidata in via esclusiva al Corpo forestale regionale, stante il disposto dell’art. 107 del decreto legislativo n. 112 del 1998.

1.2. - Il ricorrente rileva che l’art. 1, comma 2, della legge impugnata affida a fonte regolamentare regionale la disciplina dell’organizzazione del Corpo forestale regionale. Della disposizione si censura, in particolare, l’attribuzione (comma 2) del potere di emanare tale regolamento alla Giunta regionale, anziché al Consiglio, competente a norma dell’art. 6, primo comma, dello statuto della Regione Lombardia (legge 22 maggio 1971, n. 339). La previsione dell’emanazione di un regolamento regionale è ritenuta inoltre lesiva dell’art. 48, commi secondo e terzo, dello statuto, a norma del quale avrebbe dovuto essere la stessa legge istitutiva del Corpo forestale a provvedere alla individuazione dei "principali connotati organizzativi del Corpo anche per quanto attiene alle relazioni tra esso e l’apparato amministrativo per così dire ordinario della Regione", in attuazione delle menzionate disposizioni statutarie.

E, ancora con riferimento alla normativa di attuazione della legge impugnata, il ricorrente deduce l’oscurità del "riparto di contenuti tra l’"apposito regolamento" di cui al comma 2 ed il "successivo provvedimento", sempre di Giunta, di cui al comma 3 dell’art. 1", sottolineando come non sia indifferente che regole siano poste con legge regionale, con regolamento del Consiglio, o invece con atto - comunque denominato - della Giunta regionale.

1.3. - Relativamente all’art. 2, comma 5, della legge regionale n. 2 del 2002 impugnata, che prevede l’intervento del Corpo forestale regionale "in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi [Ö] omettano di intervenire", il Presidente del Consiglio dei ministri rileva come, anche per l’assenza di garanzie procedimentali, tale intervento di un apparato regionale sia in contrasto con l’art. 120, secondo comma, della Costituzione, e lesivo delle autonomie locali "ora più fortemente garantite" dall’art. 114, commi primo e secondo, della Costituzione.

1.4. - Una censura analoga a quella che precede è poi mossa nei confronti dell’art. 3 della legge impugnata, laddove, ai fini dell’esercizio di determinate funzioni da parte del neo-istituito Corpo regionale, "è prevista solo la adesione (o non adesione) degli enti locali a convenzioni quadro unilateralmente predisposte dalla Regione".

1.5. - Il ricorrente denuncia, infine, l’art. 4, comma 3, della legge regionale, in quanto "palesemente" contrastante con l’art. 117, secondo comma, lettere h) (ai sensi della quale lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di "ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale") e l) (che prevede analoga competenza statale in materia di "giurisdizione e norme processuali").

Il contrasto con i suddetti parametri deriverebbe, per un verso, dalla attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria al personale del Corpo appartenente alle qualifiche individuate con il regolamento (di Giunta) di cui all’art. 1, comma 2, della stessa legge e, per altro verso, dalla previsione secondo cui al medesimo personale può essere riconosciuta la qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza secondo quanto previsto dalla vigente normativa statale in materia. Si sostiene nel ricorso che "l’inclusione di questo (o di altro apparato) tra le "forze di polizia" potrebbe eventualmente essere stabilita da legge dello Stato, e soltanto da essa", con il che se e fino a quando tale inclusione non si abbia, al personale in discorso non potrebbero mai riconoscersi le qualifiche anzidette: in quest’ottica, non potrebbe altresì escludersi che il legislatore statale operasse differenti scelte, con la modifica del comma 3 dell’art. 57 del codice di procedura penale, senza dovere incontrare alcun limite in una qualsivoglia competenza regionale, ragione che induce a ritenere la disposizione della legge impugnata, "oltre che costituzionalmente illegittima, anche inutiliter data".

2. - Si è costituita nel giudizio così promosso la Regione Lombardia.

2.1. - Per dimostrare l’infondatezza delle censure mosse nei confronti dell’art. 1, comma 1, e dell’art. 2 della legge regionale lombarda n. 2 del 2002, la difesa della resistente si sofferma (a) sulla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), (b) sulla conseguente distribuzione costituzionale delle competenze statali e regionali nelle materie disciplinate dalla legge regionale impugnata, e (c) sugli effetti prodotti dalla riforma costituzionale rispetto alla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della citata legge costituzionale n. 3 del 2001.

(a) La Regione sottolinea come, anteriormente all’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, la distribuzione tra lo Stato e le Regioni delle competenze in materia di foreste, agricoltura e Corpo forestale fosse da poco stata definita dai decreti legislativi di attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59, e in particolare dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale), che aveva disposto un primo sostanziale trasferimento alle Regioni dei compiti fino ad allora svolti dal Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, tale per cui al (neo istituito) Ministero per le politiche agricole il medesimo decreto legislativo n. 143 del 1997 riservava esclusivamente compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola, agro-industriale e forestale in coerenza con quella comunitaria.

Il successivo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), aveva trasferito espressamente alle Regioni le competenze esercitate dal Corpo forestale dello Stato, salvo quelle necessarie all’esercizio delle funzioni di competenza statale.

Il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), poi, aveva trasferito le materie già di competenza del Ministero per le politiche agricole al Ministero dell’ambiente, senza con ciò dar luogo ad alcun ampliamento delle competenze in materia di polizia forestale da riservarsi all’apparato statale.

Finalmente, il d.P.C.m. 11 maggio 2001 (Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143), trasferiva alle Regioni una quota pari al settanta per cento del personale appartenente alla dotazione organica del Corpo forestale dello Stato; conseguentemente, si lasciavano allo Stato i compiti volti ad assicurare l’unitarietà operativa del Corpo, oltre a quelli inerenti alla formazione e all’addestramento anche del personale regionale, e si trasferivano alle Regioni le dotazioni necessarie allo svolgimento delle funzioni cui queste venivano chiamate.

(b) Ciò premesso, la Regione sottolinea come la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione abbia profondamente innovato la preesistente distribuzione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, incidendo, tra l’altro, anche sull’assetto delle materie di cui alla legge impugnata.

La materia "foreste", di competenza concorrente secondo la redazione originaria dell’art. 117, non è più menzionata nel nuovo testo, dal che dovrebbe dedursi la potestà legislativa esclusiva delle Regioni; analoga deduzione dovrebbe condurre ad attribuire alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di "agricoltura"; altre materie, quali quelle della "tutela della salute", l’"alimentazione", la "protezione civile", il "governo del territorio", la "valorizzazione dei beni ambientali", cui sarebbero riconducibili alcune aree nelle quali, ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge regionale n. 2 del 2002, dovrebbe operare il Corpo forestale regionale, sono invece incluse nel catalogo di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, trattandosi di competenze concorrenti.

Alla luce di tali rilievi, ad avviso della resistente dovrebbe escludersi che il riferimento operato alla materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, quale competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma), possa essere letto alla stregua di un richiamo ad una "materia unitaria, dotata di una sua unità oggettiva", ma dovrebbe essere semmai interpretato come una norma nella quale trova fondamento il potere dello Stato di intervenire a tutela delle esigenze di carattere unitario, da far valere principalmente nel settore organico "ambiente, territorio e infrastrutture".

Per giungere a questa conclusione, la Regione deduce argomenti, oltre che dalla "consolidata giurisprudenza costituzionale sulla nozione di ambiente", dalla ratio della riforma contenuta nella legge costituzionale n. 3 del 2001, tesa a rafforzare il principio di autonomia.

Per quel che attiene alla materia della "profilassi internazionale", la sua inclusione tra le materie di competenza esclusiva statale, anche al fine di evitare ogni "espropriazione" di competenze a danno delle Regioni, dovrebbe essere interpretata come "attribuzione allo Stato delle decisioni a livello nazionale, in materia di profilassi internazionale", impregiudicata restando la competenza regionale coinvolgente decisioni di livello locale, peraltro connesse alla materia della tutela della salute, di competenza concorrente, nella quale non potrebbe non comprendersi, oltre che la salute umana, anche la "sanità veterinaria".

(c) La disciplina costituzionale, così come revisionata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, configura in modo variabile il potere legislativo regionale in ordine alle materie nelle quali la legge impugnata prevede che il Corpo forestale regionale debba esercitare la propria attività. Da ciò deriva, come ammette la stessa Regione, "un regime differenziato a seconda delle singole materie implicate" (talune di competenza esclusiva, altre di competenza concorrente), e una diversa estensione dei limiti che alla Regione si pongono.

A parere della resistente, tuttavia, nel caso di specie la legge regionale n. 2 del 2002, pur dettando norme sia in ordine a materie di potestà esclusiva che a materie di potestà concorrente, si sarebbe limitata a dare attuazione concreta ai principi già fissati dai decreti legislativi n. 143 del 1997 e n. 112 del 1998, con il che il legislatore regionale neppure avrebbe "sfruttato gli spazi" offertigli dalla riforma del Titolo V, non avendo esercitato di fatto la competenza legislativa esclusiva in materia di foreste ed agricoltura ed essendosi attenuto, nelle materie di potestà concorrente, ai principi fondamentali della legislazione statale.

D’altra parte, prosegue la Regione, una ragione di illegittimità costituzionale non potrebbe essere dedotta dalla "sopravvenuta illegittimità costituzionale ovvero caducazione" dei principi fissati dalla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, e ciò tanto, ovviamente, nelle materie di competenza esclusiva, quanto in quelle di competenza concorrente, giacché "nessun dubbio può sussistere sul fatto che la potestà legislativa regionale è immediatamente esercitabile, non dovendo essere attese nuove leggi-quadro e potendo essere i principi ricavati dalla legislazione vigente", alla stregua del "principio di continuità [Ö] riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale".

2.2. - La Regione sostiene poi l’infondatezza anche della censura mossa sull’art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata, nella parte in cui attribuisce alla Giunta il potere di disciplinare con atto regolamentare l’organizzazione del Corpo forestale regionale.

Ad avviso della resistente, la revisione dell’art. 121 della Costituzione, operata con la legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, che ha abrogato le parole "e regolamentari" dalla definizione del novero delle potestà del Consiglio regionale, sarebbe chiara nella sua ratio: nella sottrazione, cioè, al Consiglio regionale delle competenze regolamentari. Da ciò l’insostenibilità dell’interpretazione proposta nel ricorso, secondo cui la persistente vigenza delle norme degli statuti ordinari che attribuiscono il potere regolamentare ai Consigli si opporrebbe ad un immediato affidamento di tale potere alle Giunte.

A sostegno della tesi contraria, la Regione deduce numerosi argomenti, "sia teorici, sia di interpretazione sistematica del nuovo testo costituzionale", quali, in particolare: (a) l’impossibilità di dedurre dalla previsione di disposizioni transitorie, limitatamente ad alcune delle modifiche, la voluntas legis di rinviare l’entrata in vigore delle altre disposizioni al momento dell’emanazione dei nuovi statuti regionali, dovendosi invece procedere alla "disapplicazione" immediata delle norme statutarie divergenti dal nuovo testo costituzionale, prima ancora della modifica dello statuto; (b) la non decisività della mancata esplicita attribuzione alle Giunte del potere regolamentare, "giacché una simile previsione non è rinvenibile in Costituzione neppure in relazione alla potestà regolamentare del Governo"; (c) la previsione del potere di "emanazione" (e non più di "promulgazione") dei regolamenti da parte del Presidente della Giunta regionale, ciò che implicherebbe "l’idea di una qualche forma di partecipazione al procedimento di formazione dell’atto da parte del Capo dell’esecutivo regionale"; (d) il mantenimento della qualifica della Giunta quale organo esecutivo della Regione, che dovrebbe essere letto come un chiaro indice dell’imputazione alla stessa Giunta del potere regolamentare, stante la circostanza che "la dottrina maggioritaria ritiene che la potestà regolamentare di esecuzione delle leggi costituisca una prerogativa intrinseca ai compiti spettanti al Governo, quale potere esecutivo", ora non più ostacolata dalla norma derogatoria contenuta nella redazione originaria dell’art. 121 della Costituzione; (e) il rilievo che la modifica intervenuta si porrebbe in piena concordanza con l’interpretazione restrittiva che della disciplina preesistente era stata propugnata, sia nei lavori dell’Assemblea costituente, sia nella giurisprudenza costituzionale, la quale ultima "ha sì ritenuto costituzionalmente illegittime le leggi regionali attributive di potestà normativa secondaria alle Giunte, ma ha tradizionalmente lasciato via libera alle leggi regionali attributive alle Giunte di poteri amministrativi da cui scaturissero atti amministrativi generali"; (f) i lavori preparatori della legge costituzionale n. 1 del 1999, che evidenzierebbero chiaramente la volontà di trasferire, a seguito dell’abrogazione delle parole "e regolamentari", la potestà regolamentare dai Consigli agli organi esecutivi delle Regioni.

Nella misura in cui la potestà regolamentare sia da intendersi come insita nella funzione esecutiva, la resistente ritiene che i limiti che si impongono allo statuto regionale secondo l’art. 123 della Costituzione, e segnatamente il limite della necessaria "armonia" con la Costituzione, escludono che, "nell’esercizio della potestà statutaria, le Regioni possano ridistribuire la funzione normativa tra gli organi regionali in una maniera diversa da quella che attribuisce al Consiglio la funzione legislativa e alla Giunta quella regolamentare".

La difesa della Regione Lombardia sottolinea, inoltre, come la tesi della immediata titolarità della potestà regolamentare in capo alla Giunta regionale sia stata "inizialmente accolta" anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, e ciò sia in un parere del 15 marzo 2000 del Dipartimento affari regionali, sia in una direttiva ai Commissari del Governo, redatta dal medesimo Dipartimento in data 17 marzo 2000, sia infine nel rinvio, in data 22 marzo 2000 (cui avrebbero fatto seguito altri di analogo tenore), di una delibera legislativa della Regione Veneto, basato sul rilievo che una disposizione di essa, nel demandare al Consiglio regionale l’approvazione del regolamento di attuazione di talune disposizioni normative, "contrasta[va] con i principi generali dell’ordinamento in tema di riparto di competenze fra gli organi regionali secondo i quali l’esercizio delle competenze regolamentari spetta alla Giunta regionale, così come si desume dal nuovo testo dell’art. 121 Cost.". Conformemente a tale orientamento, alcune Commissioni statali di controllo sugli atti amministrativi delle Regioni avrebbero "uniformemente" annullato regolamenti adottati dai Consigli regionali.

L’attribuzione alla Giunta, e non al Consiglio, della potestà regolamentare si renderebbe peraltro necessaria, ad avviso della Regione, a seguito del notevole ampliamento dell’ambito di applicazione della potestà regolamentare regionale, che postulerebbe, anche ai fini del soddisfacimento del principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, l’esercizio di tali competenze da parte di un "un organo diverso da quello al quale è attribuita la potestà legislativa", giacché "non avrebbe senso [Ö] ampliare la potestà legislativa regionale, fino a farla diventare potestà legislativa generale, per poi ricadere nell’errore della confusione tra potestà legislativa e potestà regolamentare".

Una volta argomentata la voluntas legis volta ad attribuire la spettanza alla Giunta regionale della potestà regolamentare, a seguito della revisione dell’art. 121 della Costituzione, la Regione sottolinea come debba procedersi alla disapplicazione dell’art. 6 dello statuto della Lombardia, a ciò inducendo il "consolidato orientamento" della giurisprudenza costituzionale "in base al quale il fenomeno della invalidità e quello dell’abrogazione coesistono, dipendendo dalla puntualità della norma costituzionale sopravvenuta l’abrogazione o meno della norma ordinaria preesistente". In quest’ottica, la Regione richiama recenti pronunce della Corte costituzionale relative alla sopravvenienza del nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione, e segnatamente la sentenza n. 440 del 2000, nella quale si afferma che "i precetti costituzionali si pongono rispetto alla legge ordinaria non solo come parametri di legittimità, ma, prima ancora, come essenziali punti di riferimento dell’interpretazione conforme a Costituzione della disciplina sottoposta a scrutinio di costituzionalità".

Inoltre, a ulteriore sostegno delle argomentazioni svolte, la resistente menziona la decisione del Consiglio di Stato con la quale è stata accolta, previa delibazione sul merito del ricorso in appello, la richiesta di sospensione di una sentenza del TAR della Lombardia, n. 868 del 2002, la quale aveva annullato un atto regolamentare approvato dalla Giunta regionale, sul presupposto che, fino alla modifica dello statuto regionale, la potestà regolamentare spetterebbe ancora ai Consigli regionali.

Conclusivamente, la Regione evidenzia come le censure mosse dalla parte ricorrente nei confronti dell’art. 1, comma 2, della legge impugnata non potrebbero in alcun modo trovare fondamento, in quanto "non può comunque escludersi che nella fase transitoria, prima della approvazione dei nuovi statuti, le Giunte siano titolari della potestà regolamentare". L’analisi della forma di governo, infatti, manifesterebbe la necessità, sin dalla fase transitoria, e "almeno fino all’ipotetica e non certa approvazione dei nuovi statuti regionali", di "superare i limiti di un modello quasi assembleare in favore di un rafforzamento dell’esecutivo": la "naturale connessione" tra forma di governo e sistema delle fonti si tradurrebbe, dunque, nella necessità di scindere le competenze legislative da quelle regolamentari, quanto meno perché sarebbe "del tutto inutile" introdurre l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e rendere la formazione della Giunta autonoma dal Consiglio, mantenendo al contempo in capo a quest’ultimo la guida politica e l’amministrazione della Regione.

Circa la questione inerente all’art. 1, comma 3, della legge impugnata, relativamente alla asserita "oscurità" del riparto di contenuti tra il regolamento di cui al comma 2 ed il "successivo provvedimento" di Giunta, la Regione, per argomentare l’infondatezza della questione, precisa che la scelta di provvedere alla istituzione della struttura organizzativa del Corpo forestale regionale con atto amministrativo "dipende dalla natura non normativa dei contenuti di tale atto".

E in ordine all’ulteriore obiezione mossa nei confronti dell’art. 1, comma 3, della legge impugnata, derivante dalla mancata previsione di norme attuative dell’art. 48 dello statuto regionale, la Regione assume la non pertinenza del richiamo alla disposizione statutaria, in quanto quest’ultima, nel regolare i poteri della Regione sugli enti o aziende, da essa direttamente istituiti, dotati di autonomia organizzativa e funzionale, non può applicarsi al Corpo forestale regionale, in quanto esso null’altro sarebbe che "un apparato al servizio diretto della Regione, che non esercita un’attività economica", privo di "una struttura assimilabile a quella dei suddetti enti".

2.3. - La Regione sostiene l’infondatezza anche della censura mossa nei confronti dell’art. 2, comma 5, della legge impugnata, nella parte in cui prevede l’intervento del Corpo forestale regionale in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi omettano di intervenire. Nell’atto di costituzione si evidenzia l’attribuzione al Corpo forestale regionale, da parte del comma 4 del medesimo articolo, anche di attività di supporto a favore delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e di altri enti pubblici, negli ambiti materiali descritti dalla medesima norma: tale possibilità di intervento non lederebbe le competenze locali, ma semplicemente andrebbe ad aggiungersi a esse, eventualmente integrandole - nel rispetto dei principi sanciti dal decreto legislativo n. 112 del 1998 e dalla successiva legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 - in caso di inerzia.

Il potere così configurato, oltre che in linea con la statuizione di un potere sostitutivo regionale in caso di inattività degli enti locali, non sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione richiamato dall’art. 120 della Costituzione, poiché la legge regionale impugnata prevede che il Corpo forestale regionale intervenga, in via sostitutiva, "previa segnalazione all’ente competente" (concedendo quindi un’ulteriore possibilità per il medesimo di attivarsi) e, in ogni caso, a intervento eseguito, è previsto l’obbligo del Corpo forestale di dare notizia all’ente competente "degli accertamenti eseguiti, dei rilievi effettuati e dei provvedimenti adottati".

Tale procedura di "raccordo e concertazione", dunque, non andrebbe ad incidere sulle competenze amministrative degli enti locali, né, d’altro canto, sarebbe lesiva delle competenze legislative statali, nella misura in cui la legge regionale "si limita [Ö] a prevedere la possibilità che il Corpo forestale si attivi a tutela dell’ambiente nei casi in cui gli enti locali competenti omettano di intervenire", senza sovrapporsi, in tal modo, alla potestà disciplinata dall’art. 120 della Costituzione, relativa ad "una forma di intervento statale sostitutivo ben più importante" che si attua a garanzia del rispetto delle norme e dei trattati comunitari, ovvero a tutela dei principi di unità giuridica e economica del paese, o quando ancora sopravvengano ragioni di sicurezza e incolumità pubblica.

Con riferimento all’ulteriore profilo di censura (ritenuto privo di "qualsivoglia motivazione") della stessa disposizione, relativo alla violazione dell’art. 114 della Costituzione, la resistente ribadisce che la previsione del potere sostitutivo è limitata all’ambito delle materie di competenza regionale o, comunque, "connesso a materie tradizionalmente di competenza regionale". L’asserita esistenza di una "procedura concertativa", d’altro canto, dimostrerebbe il rispetto prestato dalla legge regionale alle funzioni conferite alle autonomie locali, delle quali, anche ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 143 del 1997, la Regione deve assicurare "l’esercizio unitario".

2.4. - Infondata, ad avviso della Regione, sarebbe anche la questione relativa all’art. 3, comma 2, della legge impugnata, nella parte in cui prevede solo l’adesione degli enti locali alle convenzioni quadro predisposte dalle Regioni. La denunciata assenza di un’adeguata partecipazione degli enti locali nella fase di redazione della convenzione, che lascerebbe agli enti medesimi solo la scelta di aderire o di non aderire, troverebbe una smentita nella circostanza che le suddette convenzioni sarebbero stipulate con le associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali nel pieno rispetto del contraddittorio tra enti, oltre che previo parere, sugli schemi di convenzione, della conferenza regionale delle autonomie.

2.5. - Infondata sarebbe, sempre secondo la Regione, anche la censura mossa nei confronti dell’art. 4, comma 3, della legge impugnata, nella parte in cui attribuisce la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria a determinato personale del Corpo forestale regionale e nella parte in cui prevede che al medesimo personale possa essere attribuita la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza.

Sostiene la resistente che "la norma è [Ö] rispettosa dei confini di azione del Corpo forestale regionale", limitando l’attribuzione della qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria ai soli casi in cui il Corpo forestale esercita le specifiche funzioni ad esso attribuite dall’art. 2 della legge impugnata, funzioni assegnate nell’esercizio della potestà legislativa regionale. La Regione rileva altresì che l’attribuzione della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria sarebbe stata disposta ai sensi dell’art. 57, comma 3, cod. proc. pen., di talché gli appartenenti al Corpo forestale eserciterebbero funzioni di polizia giudiziaria "unicamente nei limiti del servizio a cui sono destinati, peraltro non in relazione a qualsiasi tipo di reato, ma solo rispetto a determinate tipologie di reato (connesse e strumentali al servizio cui sono preposti)". Il riferimento, contenuto nella citata disposizione del codice, a leggi e regolamenti attributivi della qualifica in questione non potrebbe essere interpretato, specie dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, come limitato a fonti normative statali, ben potendosi configurare una attribuzione della qualifica anche da parte delle Regioni.

Alle medesime conclusioni indurrebbero, da un lato, la giurisprudenza della Corte di cassazione e, dall’altro, l’implicita attribuzione, da parte del decreto legislativo n. 143 del 1997 e del d.P.C.m. 11 maggio 2001, della qualifica in discorso ai componenti del Corpo forestale statale, con il che l’esclusione per la Regione del relativo potere condurrebbe "all’assurdo di assegnare la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria in ragione della provenienza dei singoli componenti del corpo forestale regionale (se di provenienza statale avrebbero tale qualifica, se di altra provenienza ne sarebbero privi)".

Ancora, l’infondatezza della censura è sostenuta dalla resistente in relazione alla riserva di competenza delle Regioni in materia di "polizia amministrativa locale", categoria nella quale rientrerebbe anche il Corpo forestale regionale, il quale è chiamato a operare in un ambito esclusivamente locale (quello regionale) e a tutela di beni afferenti alle regioni (ambiente regionale).

In ordine, poi, alla qualifica di "ufficiale o agente di pubblica sicurezza", la Regione sostiene l’inesattezza dei rilievi contenuti nel ricorso, in quanto dal tenore testuale della disposizione impugnata si dedurrebbe che la qualifica potrebbe rilevare solo indirettamente, cioè nei casi in cui la normativa statale ("a cui evidentemente la legge regionale riconosce competenza esclusiva in materia") espressamente lo prevedesse.

3. - Con ricorso notificato il 7 maggio 2002, depositato il successivo 16 maggio (reg. ricorsi n. 34 del 2002), il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato alcune disposizioni della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative).

3.1. - L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del ricorrente, censura in primo luogo l’art. 1, comma 3, lettera b), della legge impugnata, che sostituisce integralmente l’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002, già oggetto di giudizio in via principale promosso con il ricorso iscritto al reg. ricorsi n. 29 del 2002.

Il Presidente del Consiglio dei ministri riprende testualmente le argomentazioni contenute nel ricorso precedente, sia quanto alle funzioni del Corpo forestale regionale (art. 2, commi 1-4, della legge regionale n. 2 del 2002), sia quanto al profilo dell’intervento sostitutivo del Corpo medesimo rispetto agli enti locali (art. 2, comma 5), osservando che le modifiche introdotte con la legge successiva non possono dirsi tali da superare i profili di illegittimità costituzionale evocati nel ricorso avverso la legge regionale anteriore, in quanto, "al di là di una meramente formale espunzione di alcuni riferimenti all’ambiente, la sostanza della normativa attuale non è mutata" rispetto a quella oggetto dell’impugnazione precedente.

3.2. - Nel medesimo atto, poi, il ricorrente denuncia, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, l’art. 3, comma 12, della legge regionale n. 4 del 2002, in materia di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione.

4. - Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, con atto depositato in data 8 agosto 2002, sostenendo, con richiamo di dati normativi e giurisprudenziali, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

5. - Nel primo giudizio, promosso con il ricorso iscritto al n. 29 del 2002, l’Avvocatura dello Stato, per il ricorrente, ha depositato una memoria.

5.1. - Riprendendo il passaggio finale dell’atto di impugnazione, nel quale si dava conto di una proposta legislativa di modifica del Corpo forestale dello Stato pendente in Parlamento, l’Avvocatura evidenzia ora nel testo in questione, approvato in prima lettura nel gennaio 2003 dalla Camera dei deputati, sia alcune previsioni che confermano e rafforzano l’idea della inammissibilità della creazione di Corpi forestali in ambito regionale quali quello istituito in Lombardia, sia altre norme in tema di dotazione di personale, aspetto sul quale - puntualizza il ricorrente - la giurisdizione amministrativa ha peraltro disposto l’annullamento parziale del d.P.C.m. 11 maggio 2001, che stabiliva appunto il trasferimento di una consistente quota del personale del Corpo forestale statale alle Regioni. In questo quadro normativo, le argomentazioni della resistente Regione Lombardia circa una pretesa "espropriazione" di competenze in materia ambientale risultano infondate, poiché non tengono conto del punto di vista essenziale, cioè del punto di vista della Costituzione: né lo Stato né le Regioni sono "proprietari" delle competenze che la Costituzione a essi rispettivamente assegna, e non può esservi dunque alcuna ragione di lamentela nel fatto che la Costituzione, come ha affidato nuovi e ampi compiti alle autonomie regionali, così abbia modificato, per certi altri ambiti o per determinate materie, l’assetto del riparto, riservando allo Stato alcune competenze che nel quadro preesistente rientravano nella competenza concorrente. Ciò vale appunto per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che del resto - prosegue l’Avvocatura - è aspetto che trascende perfino la dimensione dello stesso Stato, poiché rappresenta un problema addirittura planetario, come dimostra il fitto tessuto normativo internazionale e comunitario in questo settore.

5.2. - Sulla censura relativa all’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 2 del 2002, che affida ad un regolamento adottato dalla Giunta regionale la disciplina dell’organizzazione del Corpo forestale regionale, l’Avvocatura sottolinea come la questione della perdurante vigenza dell’art. 6 dello statuto lombardo, pur se "di marginale rilevanza per la controversia in esame", non possa essere risolta "in modo [Ö] sbrigativo attraverso gli strumenti concettuali della abrogazione o, addirittura, della disapplicazione": lo spostamento del potere regolamentare dal Consiglio alla Giunta dovrebbe, quindi, formare oggetto di una modifica statutaria "la quale [avesse] cura di disciplinare presupposti di detto potere [Ö], modalità per il suo esercizio, e - quando del caso - anche garanzie [Ö] per la prevenzione di eventuali sconfinamenti". Una legge regionale ordinaria, dunque, non potrebbe operare siffatto spostamento senza la precostituzione e il supporto di una adeguata cornice statutaria.

5.3. - In ordine alla questione vertente sull’art. 2, comma 5, della legge regionale impugnata ("rimasto invariato nella legge regionale 6 marzo 2002, n. 4"), nella parte in cui prevede l’intervento del Corpo forestale regionale in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi omettano di intervenire, dopo avere rilevato una certa approssimazione del testo, la memoria propone le considerazioni svolte, "per altri (e più penetranti) interventi sostitutivi", in altri ricorsi per giudizi costituzionali, laddove si sottolinea che (a) la "continuità testuale" dei due periodi del secondo comma dell’art. 120 della Costituzione (relativi, rispettivamente, all’attribuzione allo Stato del potere sostitutivo, e al rinvio alla legge per la definizione delle procedure atte a garantire i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione nell’esercizio di tali poteri), (b) le "solenni disposizioni" dell’art. 114, commi primo e secondo, e dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione (che attribuisce allo Stato competenza esclusiva in materia di "organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane") e (c) la "cogente esigenza di una disciplina unica o quanto meno fortemente coordinata delle modalità di esercizio dei poteri sostitutivi sin dal momento della individuazione dell’organo deliberante l’intervento sostitutivo", sono tutti elementi che condurrebbero a ritenere che, con l’espressione "la legge definisce", il legislatore costituzionale si riferisca alle "disposizioni legislative dello Stato".

Sul punto, si rileva ulteriormente che la disciplina degli interventi sostitutivi non potrebbe neppure essere qualificata come normativa "di chiusura" rispetto alle disposizioni legislative o amministrative regionali che stabiliscono obblighi, rimasti inadempiuti o comunque non osservati, con il che la competenza legislativa in materia di potestà di sostituzione sarebbe attribuita alla Regione ogni volta che si tratti della mancata osservanza di una disposizione originata da una fonte della Regione medesima: la materia degli interventi sostitutivi segnerebbe infatti uno dei limiti delle autonomie locali diverse dalla Regione.

5.4. - La difesa del ricorrente riprende altresì il profilo relativo al riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza al personale del Corpo forestale regionale (art. 4, comma 3, della legge regionale n. 2 del 2002), per sottolineare che non è questione di maggiore o minore opportunità di detto riconoscimento, bensì di competenza a disporre in tal senso, che spetta al solo legislatore statale, il quale ben potrà attribuire dette qualifiche al personale di cui si tratta.

6. - Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria nel giudizio in questione.

6.1. - Sulla censura riguardante gli articoli 1, comma 1, e 2 della legge regionale n. 2 del 2002, la difesa della Regione riprende in linea generale il dibattito apertosi dopo l’approvazione della riforma costituzionale del Titolo V, quanto al significato e alla portata dell’attribuzione allo Stato, in via esclusiva, della competenza nella materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e quanto al raccordo di questa previsione con le competenze in precedenza riconosciute alle Regioni dalla giurisprudenza costituzionale, per concludere nel senso che gli orientamenti della dottrina, già menzionati nell’atto di costituzione in giudizio, portano alla medesima conclusione: la riforma costituzionale non potrebbe aver determinato la sottrazione di poteri in danno delle Regioni. E - prosegue la difesa - la Corte costituzionale avrebbe sostanzialmente confermato questa impostazione, con la sentenza n. 407 del 2002: anche secondo la Corte, dunque, l’ambiente è una materia "trasversale", che inevitabilmente interferisce con altre materie, come le foreste, l’agricoltura, la tutela della salute, l’alimentazione, la protezione civile, il governo del territorio, la valorizzazione dei beni ambientali. Inoltre, ancora secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 282 del 2002), ai fini della valutazione del rispetto del riparto di competenze si deve muovere non già dalla ricerca di uno specifico titolo di legittimazione della Regione ma, al contrario, dalla verifica dell’esistenza di una riserva di competenza a favore dello Stato.

La difesa esamina poi la pronuncia del TAR del Lazio n. 6269/2002, con la quale è stato annullato il d.P.C.m. 11 maggio 2001 nella parte in cui disponeva il trasferimento alle Regioni di una quota pari al settanta per cento del personale appartenente alla dotazione organica del Corpo forestale dello Stato, sottolineando che l’annullamento è stato disposto sul rilievo del venir meno, nel testo definitivo, della funzione di concorso nell’espletamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica, originariamente prevista, per il contingente regionale, nello schema del decreto al comma 11 dell’articolo 3; mentre è stato respinto il profilo di censura riferito all’intero "impianto" del provvedimento. Nella sentenza del TAR si afferma anzi che, proprio per superare le anomalie derivanti dalla pregressa separazione tra il livello delle funzioni e degli uffici in materia forestale (di pertinenza regionale) e il livello del personale del Corpo (rimasto allo Stato), il legislatore ha scelto, con il decreto legislativo n. 143 del 1997, di cui il citato d.P.C.m. costituisce svolgimento, di assegnare beni, risorse e personale del Corpo alle Regioni, con una scelta discrezionale in sé incensurabile.

Analizzando, infine, il testo del disegno di leg

Mercoledì, 22 Ottobre 2003
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