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Corte di Cassazione 01/03/2008

Giurisprudenza di legittimità - Sottrazione di beni sottoposti a sequestro - Veicolo soggetto a sequestro amministrativo - Concorso apparente tra l’art. 334 c.p. e l’art. 213 cod. Str. - Esclusione - Concorso formale – Ammissibilità

(Cass. Pen., sez. VI, 15 gennaio 2008, n. 2168)
Giurisprudenza di legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sezione VI, 15 gennaio 2008, n. 2168

La Sez. VI della Corte ha definito un contrasto interno, insorto tra recenti decisioni adottate dalla stessa Sezione, in ordine al problema del concorso di norme tra l’art. 334 cod. pen. e l’art. 213, co. 4, cod. str. (che sanziona, sotto il profilo meramente amministrativo, il comportamento di “chiunque, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto a sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso”), ritenendo maggiormente aderente ai principi generali l’orientamento che esclude qualunque relazione di specialità o di assorbimento e ravvisa il concorso formale tra le norme sopra citate. Secondo la Corte deve escludersi un concorso apparente tra la norma penale e la violazione amministrativa, risultando differenti le condotte, i soggetti attivi e lo stesso bene giuridico protetto. Ne consegue, in particolare, l’enunciazione dei seguenti principi: a) il custode o il proprietario sorpreso a circolare con un veicolo sottoposto a sequestro ai sensi dell’art. 213 cod. str. risponde sia dell’illecito amministrativo, sia del reato previsto dall’art. 334 cod. pen.; b) nell’ipotesi in cui a circolare con il veicolo in sequestro sia una terza persona, il custode risponde del reato di cui all’art. 334, co. 1, cod. pen.,, ovvero del reato di cui all’art. 335 cod. pen., a seconda che abbia voluto favorire il proprietario, o abbia colposamente agevolato la sottrazione del veicolo in sequestro, mentre il proprietario - custode risponde del reato di cui al secondo comma dell’art. 334 o, in caso di mera colpa, di quello di cui all’art. 335 cod. pen.; c) il terzo (non proprietario, né custode) che circoli con il veicolo sequestrato risponde del solo illecito amministrativo, a meno che non abbia concorso nel reato di sottrazione posto in essere dal soggetto qualificato.

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Fatto e diritto

1-
I1 Tribunale di Napoli, con sentenza 3/11/2006, assolveva Benedetto Ricci dall’imputazione di cui all’art. 334 C.P. contestatagli, perché il fatto non
& previsto dalla legge come reato.
All’imputato era stato addebitato di essere stato sorpreso, in data 3 1/5/2005, circolare sulla pubblica via con il motociclo “Piaggio Vespa” di sua proprietà, sottoposto, il precedente 29 dicembre, a sequestro amministrativo, perché privo della copertura assicurativa contro la responsabilità civile, ed affidato alla sua custodia.
Riteneva il Tribunale che il fatto era inquadrabile nella previsione di cui all’art. 21314” cod. str., che sanziona -sotto il profilo meramente amministrativo- il comportamento di “chiunque, durante il periodo in cui il veicolo
è sottoposto a sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso”; aggiungeva che tale norma, per la sua collocazione sistematica nell’ambito di una completa regolamentazione del sequestro amministrativo e in assenza di una clausola di sussidiarietà, era da considerarsi speciale rispetto a quella penale di cui all’art. 334 C.P., la cui operatività potrebbe trovare spazio soltanto nel caso in cui dalla circolazione del veicolo ne derivasse un deterioramento, inteso come “apprezzabile e concreto deprezzamento del bene”.
2- Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello partenopea, denunciando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale (art. 334 C.P. in rel. all’art. 213 cod. str.).
Ha osservato, in particolare, il ricorrente che il reato di cui all’art. 334 C.P., in quanto compreso tra i “delitti contro la Pubblica Amministrazione”, tutela l’interesse di questa a mantenere intatto il vincolo imposto con il sequestro; ha aggiunto che il concetto di sottrazione
è integrato dal semplice spostamento della cosa senza preavviso agli organi competenti; ha sottolineato -infine- che non poteva trovare applicazione, nella specie, il principio di specialità amministrativa di cui all’art. 9 della legge n. 6891’81, il quale presuppone l’esatta coincidenza tra le due fattispecie, quella amministrativa e quella penale: il fatto della circolazione su strada con veicolo sottoposto a sequestro amministrativo (art. 213 cod. str.) e condotta ben diversa da quella integrante il reato di cui all’art. 334 C.P., che ben può realizzarsi con la semplice amotio del veicolo, rispetto alla quale la circolazione costituisce manifestazione della condotta stessa.
3- Il ricorso è fondato e va accolto.
La quaestio iuris sulla quale si è sollecitata la verifica di legittimità pone il problema del concorso di nonne tra l’art. 334 C.P. (o 335 s.c., per l’ipotesi colposa) e l’art. 213 cod. str. E dell’eventuale operatività, per risolverlo, del principio di specialità.
Al riguardo, si registra un contrasto tra recenti decisioni di questa stessa Sezione, pervenute a conclusioni diverse.
3a- Secondo un primo orientamento, che sostanzialmente avalla la tesi del giudice di merito, il principio
di specialità opererebbe, almeno in astratto, a favore della norma dettata dal codice della strada (art. 213), in quanto la “circolazione7’ abusiva del veicolo sequestrato dall’organo di polizia concreta una condotta specifica di “sottrazione”, sia pure limitata nel tempo; l’elusione del vincolo è elemento comune alle due fattispecie, ma l’uso del bene, per assumere rilievo sotto il profilo sanzionatorio penale (art. 334 C.P.), deve comportare il suo deterioramento, inteso come danneggiamento da verificarsi in concreto e non come mero logorio conseguente all’uso occasionale, ipotesi quest’ultima inquadrabile, invece, nella violazione amministrativa di cui all’art. 213 cod. str., tenuto canto del contesto normativa in cui essa è inserita e che disciplina specificamente e compiutamente il sequestro amministrativo del veicolo (cfr. sentenza 10/10/2007, P.G./Illiano).
3b- Altro indirizzo esclude qualunque relazione di specialità o di assorbimento tra le citate nome e ravvisa il concorso formale tra le medesime: l’art. 213 cod. str., si sostiene,
è indirizzato a un numero indeterminato di soggetti attivi, mentre l’art. 334 C.P. individua nel custode o nel proprietario il solo soggetto punibile (reato proprio); la prima da rilievo alla sola circolazione abusiva del veicolo sequestrato, la seconda prevede una pluralità di condotte; diversi, inoltre, sono i beni giuridici tutelati dalle due disposizioni, avendo la prima di mira la regolarità di circolazione del veicolo e la seconda l’indisponibilità del bene conseguente al vincolo su di esso impresso e, quindi, il rispetto dovuto alla volontà dello Stato diretta a quello speciale scopo cautelativo che è proprio del sequestro (cfr. sentenza 16/10/2007, P.M./Piscopo).
4- La rimeditazione della questione induce a ritenere più aderente ai principi generali in tema di concorso di nonne e ai dati normativi che vengono in considerazione il secondo orientamento, che deve essere, però, più diffusamente esplicitato. <>Deve ribadirsi che, nel caso in esame, non può trovare applicazione il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 6891’81.
Il primo comma di tale norma, richiamando il principio di specialità di cui all’art. 15 C.P., regola, in relazione ad “uno stesso fatto”, il concorso apparente tra norme, siano esse plurime disposizioni che prevedono illeciti amministrativi ovvero una disposizione penale e altra sanzionata sotto il solo profilo amministrativo.
Il concorso apparente tra disposizioni amministrative, derogando al criterio del cumulo materiale, costituisce applicazione del generale principio del ne bis
in idem, la cui operatività non pone alcun particolare problema, essendosi in presenza di sanzioni omogenee previste da uno stesso sistema.
Più problematica
è la estensione del principio al concorso fra illecito penale e amministrativo.
Sul punto, il legislatore del 1981 ha adottato una soluzione di tipo misto: operatività del principio di specialità per il concorso tra disposizioni penali e amministrative nel caso in cui queste ultime siano previste da leggi dello Stato (art. 911’); privilegiare la sanzione penale (art. 9 / 2 O ) ne117ipotesi che lo stesso fatto sia previsto come violazione amministrativa da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano, e ciò per evitare che una fonte normativa subprimaria possa violare il principio di uguaglianza (art. 3/1° Cost.), determinando situazioni differenziate nell’ambito spaziale di efficacia della norma penale.
<>Tale estensione del principio di specialità, la quale rappresenta una innovazione rispetto all’opinione tradizionale di ravvisare un rapporto da genus ud speciem solo tra fatti inquadrabili in schemi propri di uno stesso ramo dell’ordinamento, stravolge “il rapporto di rango tra il maggiore disvalore dell’illecito penale rispetto a quello dell’illecito amministrativo”, rinuncia a considerare come appartenenti a distinti rami del170rdinamento le nome punitive penali e amministrative e rende inoperante l’effetto deterrente della sanzione penale in tutti quei casi nei quali la fattispecie amministrativa presenti elementi specializzanti.
Ed
è perciò che la regola introdotta dal legislatore del 1981 sul concorso apparente tra norma penale e norma prevedente la sanzione amministrativa deve essere interpretata e applicata in senso rigorosamente restrittivo, vale a dire verificandone scrupolosamente la ricorrenza dei relativi presupposti.
Va premesso che il concorso apparente di norme riguarda le ipotesi in cui più norme sembrano prima facie disciplinare un medesimo fatto, ma una sola di esse
è effettivamente applicabile al caso concreto, perché il legislatore ha preventivamente optato – introducendo il criterio regolatore di cui al citato art. 9/1° della legge n. 689131- per l’operatività di una singola disposizione in ragione del principio del ne bis in idem sostanziale, secondo il quale nessuno può essere assoggetto a una duplice sanzione per lo stesso fatto.
Il rapporto di specialità
è un rapporto di continenza strutturale fra due norme, nel senso che le relative fattispecie possono inscriversi -come due cerchi concentrici aventi un raggio disuguale - l’una nell’altra; una di esse contiene in sé tutti gli elementi presenti nell’altra e, allo steso tempo, presenta uno o più elementi specializzanti, per specificazione o per aggiunta; la fattispecie speciale ha un’area di applicazione logicamente minore rispetto a quella della fattispecie generale.
Presupposto per delimitare l’ambito di operatività del principio di specialità
è, quindi, l’esistenza di un concorso apparente di norme che sanzionano, in modo convergente, uno stesso fatto, intendendosi per tale, secondo un canone di tipo strutturale, la medesima situazione di fatto, la cui verifica comporta il raffronto tra le due fattispecie, al fine di stabilire se tra le stesse, considerate in astratto, vi sia omogeneità, quanto agli elementi costitutivi dell’illecito, all’ambito dei soggetti attivi, all’oggetto giuridico e all’interesse protetto, salva la presenza nella norma speciale di quel quid pluris che ne determina l’applicabilità in via esclusiva.
In difetto di convergenza sullo stesso fatto, non v’& spazio per risolvere, in base al principio di specialità, il concorso tra la disposizione sanzionata penalmente e quella sanzionata come mero illecito amministrativo.
5- Alla luce degli esposti principi, deve escludersi che tra l’art. 334 C.P. e l’art. 21 3 cod. str. possa determinarsi, in relazione alla condotta addebitata all’imputato, un concorso apparente di norme.
Ed invero, differenti sono le condotte considerate dalle due norme: la disposizione penale prevede una serie di comportamenti, tra loro equivalenti e alternativi, che si sostanziano nella sottrazione, soppressione, distruzione, dispersione, deterioramento della cosa sottoposta a sequestro nel corso di un procedimento penale o dal17Autorità amministrativa; la violazione amministrativa contempla un’unica condotta, la circolazione abusiva del veicolo durante il periodo in cui lo stesso
è sottoposto a sequestro ex citato art. 2 13. Diversi sono i soggetti attivi degli illeciti: l’art. 334 C.P. punisce il “custode”, il “proprietario custode”o il semplice “proprietario”, trattasi, quindi, di reato proprio; l’art. 213 cod. str. Si rivolge genericamente a “chiunque” e ha come destinatati0 anche il soggetto che non riveste la qualità di custode o di proprietario. Diverso è anche il bene giuridico protetto, che, pur implicando giudizi di valore estranei -a stretto rigore- alla sfera di operatività del criterio di specialità, può rivestire e, nel caso in esame, certamente riveste un valore sintomatico: l’ipotesi di reato mira a predisporre una tutela penale per l’interesse cautelativo proprio del vincolo imposto con il sequestro, che rappresenta un momento di protezione strumentale per il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione in senso lato, la quale riceve certamente pregiudizio dalla violazione degli obblighi di custodia, perché viene frustrato o reso più difficoltoso il raggiungimento degli scopi caratteristici dei singoli procedimenti cautelari; l’illecito amministrativo ha, invece, di mira esclusivamente, perché irregolare, l’abusiva circolazione stradale del veicolo sequestrato, tanto che, oltre al pagamento di una somma di denaro, prevede anche la sospensione della patente di guida, sanzione accessoria -questa- tipica del diverso interesse protetto, che è quello della sicurezza stradale.
Ciò posto,
è di tutta evidenza che trattasi di due norme eterogenee e strutturalmente diverse, che disciplinano differenti quadri di vita sociale e non sono, pertanto, in concorso apparente tra loro, con l’effetto che non può operare, nella specie, il principio di specialità dell’art. 911” della legge n. 689/81.
Non rileva l’assenza nell’art. 21 3 cod. str. di una clausola di salvezza della norma penale, posto che tale clausola si sarebbe rivelata superflua proprio per l’impossibilita di applicare il principio di specialità al rapporto tra le due norme.
Conclusivamente deve affermarsi che, quando autore della circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a sequestro amministrativo sia il custode o il proprietario, non sussistono ragioni, connesse alla struttura delle norme che vengono in rilievo, per escludere il concorso formale tra la violazione amministrativa di cui all’art. 213/4” cod. str. e il reato di cui all’art. 334 C.P..

6- Tale concorso formale dei due distinti illeciti, tuttavia, presuppone l’individuazione dei rispettivi ambiti applicativi delle due norme citate e, in particolare, la soluzione dell’ulteriore e residuale problema relativo all’inquadrabilità della circolazione abusiva del veicolo sottoposto a sequestro amministrativo in una delle condotte previste dall’art. 334 C.P. e, più specificamente, in quella della sottrazione o in quella del deterioramento, le uniche concettualmente compatibili con una circolazione del veicolo da cui non ne derivi la soppressione, distruzione o dispersione.
6a- La circolazione non autorizzata del veicolo sequestrato implica, di per sé, la sottrazione del bene al vincolo d’indisponibilità della misura reale ed
è, pertanto, condotta sufficiente a integrare il reato (oltre ovviamente l’illecito amministrativo ex art. 213 cod. str.), considerato che è obiettivamente idonea, almeno in astratto, a impedire o a rendere più difficoltosa l’acquisizione del bene sequestrato ovvero a determinare la compromissione delle finalità di preservazione della cosa, insite nel vincolo d’intangibilità, strumentale - quanto al sequestro amministrativo di cui si discute- alla confisca.
Il termine “sottrarre” di cui al17art. 334 C.P. deve essere inteso nella sua accezione più ampia, tenuto conto della sua collocazione nell’ambito di una norma che prevede un delitto contro la P.A., posto a tutela del buon andamento di questa, e non contro il patrimonio, con l’effetto che il concetto di sottrazione non coincide necessariamente con quello di appropriazione ed
è integrato anche dalla semplice amotio del bene, la quale - di norma – è idonea a pregiudicare la finalità pubblicistica del sequestro, perché, eludendo il corrispondente vincolo, crea -quanto meno- ostacoli e difficoltà al compimento degli ulteriori atti esecutivi, compromettendone o addirittura vanificandone gli effetti.
Più in particolare, quando oggetto del sequestro
è un autoveicolo o motoveicolo, la disinvolta utilizzazione dello stesso, attraverso la messa in circolazione non autorizzata e, quindi, lo spostamento non più controllabile dal luogo di custodia, integra la condotta di “sottrazione”, perché il bene esce dalla sfera giuridica propria della procedura ablatoria ed entra in quella di fatto e privatistica del17utilizzatore, sia esso il proprietario o il custode, con conseguente incidenza negativa sulla regolarità della procedura, avviata, nel caso in esame, con l’imposizione del vincolo di coercizione reale da parte dell’Autorità amministrativa.
Né la circolazione del veicolo può rappresentare, come sostenuto nella sentenza P.G./Illiano, una forma speciale di sottrazione, tenuto conto della particolare natura del bene, destinato fisiologicamente alla mobilità.
Certo, non va sottovalutata anche la verifica in ordine alla oggettiva offensività della condotta di sottrazione e alla sussistenza dell’elemento soggettivo, al fine di scongiurare una applicazione eccessivamente formalistica del precetto penale, la quale ne tradirebbe lo spirito. Si pensi al caso limite di una utilizzazione del veicolo momentanea, occasionale, circoscritta nello spazio e non sorretta da coscienza e volontà di eludere il vincolo, come esemplificativamente potrebbe verificarsi nel caso di temporaneo spostamento dal luogo di custodia del veicolo, per evitare il deperimento di parti meccaniche o del17impianto elettrico o per fronteggiare altre contingenti esigenze meritevoli di considerazione.
6b- La circolazione del veicolo sequestrato pub comportare altresì il deterioramento dello stesso, conseguenza questa che, però, va apprezzata e valutata in concreto dal giudice di merito, che deve avere riguardo alla durata e alle condizioni di uso del mezzo. In sostanza, non va confuso il concetto di deterioramento, che consiste nella diminuzione della idoneità del bene a svolgere la propria funzione, con quello di usura, che, se contenuta entro limiti di tollerabilità, non necessariamente comporta uno scadimento qualitativo del bene.
7- Alla luce delle argomentazioni svolte, devono essere riassuntivamente enunciati i seguenti principi:
- il custode o il proprietario sorpreso a circolare con un veicolo sottoposto a sequestro ai sensi dell’art. 213 cod. str. risponde sia dell’illecito amministrativo di cui al quarto comma della stessa disposizione sia del reato previsto da117art. 334 C.P. (in relazione alle distinte ipotesi in esso disciplinate), considerato che tale utilizzazione del bene presuppone –di norma- la sottrazione dello stesso al vincolo d’indisponibilità, fatti salvi casi marginali di oggettiva inoffensività della condotta o di assenza dell’elemento soggettivo, e può comportare, ove concretamente accertato, anche il deterioramento del bene medesimo;
- se a circolare con i1 veicolo sequestrato sia una terza persona, il custode sarà chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 334/1 c.p., qualora abbia voluto favorire il proprietario, ovvero del reato di cui all’art. 335 C.P. se abbia colposamente agevolato la sottrazione del veicolo in sequestro; il proprietario-custode risponderà del reato di cui al secondo comma dell’art. 334 C.P. o, in caso di mera colpa, di quello di cui all’art. 335 C.P.;
- il terzo (non proprietario ne custode) che circoli con il veicolo sequestrato risponde del solo illecito amministrativo, a meno che non abbia concorso nella sottrazione del bene, nel qual caso deve rispondere, quale extraneus, a titolo appunto di concorso nel reato posto in essere dal soggetto qualificato.
8- L’impugnata sentenza, emessa in sede dibattimentale, non avendo fatto buon governo della legge penale in relazione ai punti esaminati, deve essere, pertanto, annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli.
Il ricorso del P.G. e, infatti, precedente alla decisione n. 26/07 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge 20/2/2006 n. 46 nella parte in cui, sostituendo l’art. 593 C.P., esclude che il pubblico ministero possa appellare le sentenze di proscioglimento (ad eccezione delle ipotesi di cui all’art. 603/2° c.p.p. se la prova
è decisiva), per cui trova comunque applicazione l’art. 569/4° c.p.p., essendo stato, nelle more del ricorso, ripristinato l’appello del pubblico ministero.
La Corte territoriale, in sede di rinvio, dovrà rivalutare la vicenda nei suoi elementi di fatto e adeguarsi ai principi innanzi esposti.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli per il giudizio.
Così deciso in Roma il 28 novembre 2007.

Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2008

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Sabato, 01 Marzo 2008
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