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Corte di Cassazione 27/02/2008

Giurisprudenza di legittimità - Delitti contro la pubblica amministrazione - Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro - Fermo amministrativo - Rilevanza – Esclusione

(Cass. Pen., sezione III, 24 settembre 2007, n. 35391)

Giurisprudenza di legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
Sezione III, 14 settembre 2007, n. 35391

Con la decisione in questione, la Corte ha escluso che possa ritenersi configurabile il reato di cui all’art. 334 cod. pen. nell’ipotesi di violazione relativa a cosa sottoposta a provvedimento di fermo amministrativo (art. 214 del nuovo Codice della Strada). Tale misura, secondo la Corte, è assolutamente diversa da quella del sequestro amministrativo disciplinata dall’art. 213 del nuovo Codice della Strada e solo la violazione di quest’ultima integra la violazione dell’art. 334 cod. pen., in ossequio al principio di tassatività e determinatezza delle fattispecie penali che esclude la riconducibilità del “fermo” amministrativo nella nozione di “sequestro” amministrativo, atteso il divieto di analogia in malam partem. 

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Svolgimento del Processo e Motivi della Decisione

Con sentenza in data 18/4/2006 il Tribunale di Napoli mandava assolto M. F. dai reati di cui agli artt. art. 334 comma secondo C.P. e 349 cpv. C.P. (nn. 1 e 2 della rubrica) "perché il fatto non sussiste".

In punto di fatto il Tribunale accertava che in data 4/12/2004, a carico del M., era stato emessa un provvedimento di fermo amministrativo in relazione al motoveicolo Honda Transalp, tg. CC 79624, stante l’accertamento del mancato uso del casco protettivo e, dunque, in applicazione dell’art. 171 C.d. S, Si accertava altresì che il M., che sottoscriveva il verbale di fermo ed affidamento, veniva reso edotto degli obblighi gravanti sul custode e che il luogo di custodia veniva indicato in Piazza (…omissis) Napoli.

In data 18/12/2004 agenti di p.s, si recavano all’indirizzo di cui sopra per verificare la presenza del motoveicolo, constatando che sul citofono non era presente il nome del prevenuto e che nel cortile del palazzo non si trovava alcuna moto. Il M., pertanto, veniva denunciato per i reati di cui agli artt. 334 comma 2 C.P. e 349 comma 2 C.P.

Il Tribunale di Napoli mandava assolto l’imputato da entrambe le imputazioni con formula ampiamente assolutoria.

In particolare, quanto al reato di cui all’art. 334 c.p,, osservava che non sussistevano i presupposti della norma asseritamente violata, punendo espressamente l’art. 334 C.P. la condotta di chi "sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa", laddove - nel caso di specie - il provvedimento emesso a carico del prevenuto era un mero fermo amministrativo e non potendosi operare alcuna estensione, per i principi di tassatività delle incriminazioni e del divieto di interpretazione analogica in materia penale, dell’ambito di operatività della norma.

Quanto alla imputazione relativa al reato di cui all’art. 349 C.P., non risultava alcuna materiale apposizione di sigilli sul motociclo e, dunque, l’ipotesi contestata non poteva dirsi integrata. Oltretutto - osservava il Tribunale - il reato di cui all’art. 349 c,p. non poteva dirsi sussistente nel caso di sigilli apposti non già per assicurare la conservazione o l’identità della cosa, ma al solo fine di impedirne l’uso.

Avverso la pronuncia assolutoria - limitatamente al capo 1) della rubrica (art. 334 C.P.) - ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica di Napoli, deducendo che il Tribunale aveva mandato assolto il M. per la considerazione che il provvedimento di fermo amministrativo esulava dal novero degli atti elencati dall’art. 334 C.P. quali antecedenti necessari della condotta illecita descritta (ovvero procedimento penale e procedimento amministrativo). Ciò posto, non si comprendeva in quale possibile categoria andasse annoverato il fermo amministrativo, atto finale di un procedimento amministrativo di accertamento di un’infrazione al codice della strada.

Si chiedeva l’annullamento della sentenza

Il ricorso del Pubblico Ministero va rigettato perché infondato.

Invero, il fermo amministrativo di un veicolo, disciplinato dall’art. 214 del Codice della Strada, è una misura cautelare amministrativa, che mira a far cessare la circolazione del veicolo ed a provvedere alla collocazione del veicolo stesso in apposito luogo di custodia. Il sequestro amministrativo è, invece, disciplinato dall’art. 213 C.d.S. ed è previsto "nell’ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione accessoria della confisca amministrativa". Ad esempio, si avrà una semplice ipotesi di fermo amministrativo nel caso di destinazione ed uso di un veicolo in modo difforme da quanto indicato nella carta di circolazione o ancora nel caso di utilizzo del veicolo adibito al trasporto delle persone, ad uso proprio senza avere il titolo prescritto. Si avrà, per contro, confisca amministrativa del veicolo nell’ipotesi - a titolo esemplificativo - di cui all’art. 116 comma 18 C.d.S., nel caso di reiterata violazione di guida di autoveicoli o motoveicoli senza aver conseguito la patente come pure nel caso di effettuazione su ciclomotore di modifiche idonee ad aumentarne la velocità oltre i limiti previsti di 45 Km/h o ancora nel caso di fabbricazione, commercio o vendita di ciclomotore sviluppante una velocità superiore a 45 Km/h.

Le due norme (art. 21 3 e 214 C.d.S.) muovono da presupposti ontologicamente diversi ed ubbidiscono a logiche tra loro distinte, con la conseguenza che, per il principio della tassatività e della determinatezza delle fattispecie penali, deve ritenersi che la condotta tipica come delineata dall’art. 334 C.P., parlando di "sequestro" (giudiziario e10 "amministrativo) del bene, non possa ritenersi comprensiva anche del "fermo amministrativo", che è misura diversa, fattualmente e normativamente, rispetto al sequestro.

Ora, è pur vero che l’art. 214 comma 8 C.d.S., prevedendo la condotta di colui che circoli con un veicolo sottoposto al fermo amministrativo, fa salva "l’applicazione delle sanzioni penali per la violazione degli obblighi posti in capo al custode". Tuttavia, tale previsione, mentre sicuramente integra la fattispecie tipica del capoverso dell’art. 649 C.P. (violazione dei sigilli), erroneamente esclusa dal Tribunale e per la quale il Pubblico Ministero non ha dedotto alcuna specifica censura, di certo non può estensivamente ricondursi nell’ambito di operatività dell’art. 334 C.P., ostandovi il principio generale del divieto analogico in malam partem.

Il ricorso proposto dal Pubblico Ministero va, conseguentemente, rigettato

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.

Roma, 24 maggio 2007

Depositata in Cancelleria il 24 settembre 2007

Mercoledì, 27 Febbraio 2008
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