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Quelli che ci guardano dall’alto. I Suv - sport utility veichle fra moda ed esibizione, ma la demonizzazione non serve. Meglio ragionare.

Informazioni in serie dal mondo dei SUV



Quelli che ci guardano dall’alto.
I Suv - sport utility veichle fra moda ed esibizione, ma la demonizzazione non serve. Meglio ragionare
di Lorenzo Borselli

C’è una nuova crociata, in atto sulle strade nostre e, per la verità, su quelle di mezzo mondo: è quella contro i famosi o famigerati (dipende dai punti di vista) SUV, acronimo di Sport Utility Veichle, ibridi macchinoni non ancora fuoristrada ma molto più che berline. Macchine grandi, con pneumatici giganteschi e tanti, davvero tanti, centimetri cubici. Una crociata in cui i combattenti non fanno prigionieri, finendo col non distinguere nemmeno più, mancando una categoria definita, tra i fuoristrada veri e propri e i SUV, appunto: negli States vengono considerati SUV anche gli Hummer, quegli affascinanti gipponi (ma fuoristrada a tutti gli effetti) che ci siamo abituati a vedere prima in tv, nei reportage dagli scenari di guerra a partire dal primo conflitto nel Golfo ad oggi, e poi anche al cinema, guidati dagli eroi della celluloide in demolition-movies come The Rock – in cui Sean Connery semina una Testarossa guidata da Nicholas Cage – e via discorrendo. In Italia, la crociata è già alla sua linea Maginot, con propositi governativi di gabellare la categoria con un superbollo, stile diesel anni ’80, e con centri storici offlimits. Nel resto d’Europa, Parigi ha già vietato gli Champs Elysees ai bisonti della strada, mentre la Danimarca è stato il primo paese comunitario a fare propria una direttiva del parlamento europeo, mettendo al bando i bullbar (comunemente detti "paravacche") dalle proprie strade. Firenze, città in cui la moda dei SUV pare davvero in ascesa, sembra avviarsi a seguire l’esempio parigino.
Ma che cosa sta succedendo, con esattezza, e perché oggi si è giunti a questa ennesima rissa?
La questione è fin troppo semplice: da una parte ci sono i contrari, che lamentano eccessivo inquinamento e rischio, dall’altra ci sono i favorevoli, che riempiono i propri gipponi con windsurf o snowboard, e che scorrazzano nei weekend alla ricerca di luoghi lontani dai sentieri battuti per esercitare le proprie passioni. Tra loro, una considerevole parte, ci sono anche quelli che di sport e utilità non hanno alcun interesse, ma che acquistano quelle auto semplicemente perché belle, potenti, di grande sciccheria; non è insolito imbattersi in una casalinga, che lascia i figli davanti alle elementari, o in un rappresentante di commercio, che cerca parcheggio in un centro storico cittadino o file di SUV di fronte a un bagno di Rimini o Viareggio. Altri hanno partecipato al massimo al Camel Trophy fatto in casa, andando a Fiesole o a mangiare una piadina romagnola a Bertinoro, appena 100 metri sul livello del mare. Internet è pieno di siti anti-SUV, nei quali è copiosa l’elencazione di manifestazioni di prepotenza, di eccessivo inquinamento e di pericolosità per gli utenti deboli della strada, mentre nei portali che si occupano di veicoli di quel genere, generalmente, si parla solo di raduni, addestramenti e percorsi di svago.
Quel che è certo è che oggi si combatte quella guerra di cui dicevamo in apertura, ma per vederci chiaro, la querelle andrebbe resa spuria dalle personalizzazioni e dagli integralismi, di entrambe le parti: se infatti è vero che appare esagerato muoversi in un centro urbano con veicoli come la Cadillac Sixteen – in voga negli Stati Uniti – spinta da un propulsore a 13mila e 600 centimetri cubici, è anche vero che si tratta di prodotti esageratamente americani, che qui in Europa, soprattutto in Italia, non circolano affatto. Da noi, difficilmente si oltrepassano i tre litri, e gli stessi propulsori spingono mostri assolutamente stradali, in grado di superare agilmente i 250 orari, che di SUV hanno poco o niente, ma che sembrano essere piuttosto trasposizioni lussuose delle formula uno. Al contrario, è possibile imbattersi in un fuoristrada indispensabile per muoversi sulle strade sterrate, o per divertirsi in percorsi accidentati, esattamente come un motocross. Ecco allora che la battaglia italiana di questa guerra globale – che ha toccato perfino la campagna elettorale per la Casa Bianca – guarda già oltre al semplice concetto di SUV, chiamando in causa, più semplicemente, i veicoli che consumano e che costano di più, che emettono fumi in maniera proporzionale alla benzina che bruciano e che, implicitamente, vanno più veloci e quindi più soggetti a rivestire panni trasgressivi, oltre che esclusivi.
Legambiente ha redatto un dossier contro i SUV, disponibile sul sito internet dell’associazione ambientalista, che mette a nudo la propria intransigente opinione della categoria di veicoli, dal più che eloquente titolo "anatomia di un delirio collettivo". Non manca nemmeno la citazione di partenza, pronunciata da un inquietante Homer Simpson, protagonista animato dell’omonima serie disegnata per la tv: "è una vita che cerco una macchina che mi dia quella certa sensazione... potente come un gorilla, morbida come una palla antistress". Legambiente attacca duramente, e si propone di dimostrare quanto sia assolutamente falso il teorema difensivo degli utilizzatori, che reclamano la propria libertà di muoversi fuori dalle città, senza limiti di strada, di salita o di condizioni meteo. La partenza è proprio questo: smontare la capacità fuoristradistica dei SUV, molti dei quali non sono nemmeno dotati di marce ridotte, indispensabili per la percorrenza di tratti particolarmente accidentati ed impervi. E poi ci sarebbe, sempre secondo Legambiente, la questione di un pericoloso regresso tecnologico, costituito dalla perdita della ricerca ergonomica: in pratica i 10 SUV più venduti consumano tremendamente tanto, fattore questo che comporta, oltre che un maggior sperpero di denaro, un aumento delle emissioni inquinanti.
Il parco veicolare italiano, del resto, ha sempre mantenuto tra le proprie peculiarità più apprezzabili proprio i consumi limitati delle proprie vetture, specialmente quelle prodotte dalle case costruttrici nostrane: si pensi alla rivoluzione della ‘500, ma anche alla Uno, alla Innocenti, alla Y10, con gli economicissimi motori Fire, fino al brevetto Common Rail, per quanto riguarda i propulsori a gasolio, evolutisi ora con l’avveniristico Multijet.
Le aziende consorelle europee hanno sempre guardato ai "motorini" italiani con grande rispetto ed attenzione. In fondo, l’utilitaria, è un’invenzione di casa Agnelli.
La tracotanza del nuovo segmento, inaugurato alcuni anni fa con l’arrivo sul mercato italiano della Honda CR-V, ha in parte posto fine a questo chiodo fisso dell’italiano, al quale sembrava non interessare altro: si pensi che in Italia la produzione dell’ultimo fuoristrada vero, risale agli anni ’60, quando la Fiat Campagnola e la quasi gemella Alfa Matta sembravano aver preso il meglio della Jeep Willys (quella di John Wayne e del Soldato Ryan) celebrata nelle settimane scorse in una mostra a Ravenna; la Campagnola venne prodotta in evoluzioni successive anche negli anni ’80, ma senza troppa convinzione e ricerca, investendo più sulla commercializzazione di quella fantastica utilitaria 4X4 che si è dimostrata la Panda, con qualche guizzo sulle Sport Wagon della Alfa 33 Giardinetta.
Torniamo all’evoluzione verso il SUV: dopo la Honda CR-V, il segmento ha conosciuto un’impennata senza precedenti, e all’alba del nuovo millennio sono arrivate auto sempre più poderose, sempre più potenti. Una vera escalation, che ha visto cadere nella tentazione case che producevano solo fuoristrada tout-court, ma anche aziende dalla vocazione stradistico-sportiva come la Porsche, che ha lanciato la lussuosissima e potentissima Cayenne. Secondo Legambiente le SUV consumano fino al 70% in più delle auto normali, quelle più semplici e piccole, ragionate per l’economia della famiglia.
Certo, nell’era della piccolissima Smart, auto lanciata come superutilitaria dall’alto confort, dai consumi bassissimi e dall’ingombro più piccolo tra le quattroruote sulla piazza, pare strano che veri e propri elefanti dell’asfalto vedano crescere in maniera così elevata il proprio indice di gradimento.
Alla forma contenuta della Smart, si oppongono infatti le grandi dimensioni dei SUV, che possono essere lunghi fino a 5 metri e larghi 1,9: cifre che poco si conciliano con gli sforzi finora profusi per trovare un giusto ingombro che fosse in equilibrio con la necessità di confort e sicurezza negli impieghi sempre più urbani dei veicoli finora usciti dalla catena di montaggio. Un conducente al volante di un SUV, secondo Legambiente, godrebbe poi di una posizione più alta rispetto al piano viabile, che fornirebbe un’illusoria sensazione di potenza e protezione, che inciderebbe in maniera determinante sulla sicurezza delle utenze deboli. In effetti, per constatazioni dirette, i proprietari di veicoli del genere affermano di aver acquistato un veicolo di tali dimensioni per aumentare la propria sicurezza e quella dei trasportati, a scapito di coloro che si trovano sulla loro rotta di collisione.
Stiamo parlando dell’effetto schiacciasassi, che tanto aveva solleticato la fantasia dei disegnatori di Willy il Coyote, brutalmente vittima delle sue stesse trappole, preparate invano per catturare l’acerrimo rivale Road Runner. A sostegno della propria tesi, i nemici giurati dei SUV, e a questo punto anche dei fuoristrada, citano i risultati delle ricerche compiute dalla stampa specializzata: secondo l’autorevole mensile Quattroruote, "per un guidatore di un veicolo, una comune berlina, che viene urtato lateralmente, il rischio di perdere la vita è di 30 volte superiore se ad urtarlo è una fuoristrada o un SUV". Un effetto allarmante, corroborato dalle conclusioni raggiunte anche dall’Insurance Institute for Highway Safety, un centro studi facente capo alle maggiori compagnie assicurative statunitensi, i cui ricercatori hanno raggiunto risultati da brivido: dalla disamina dei dati epidemiologici a loro disposizione, infatti, è stato dimostrato che in caso di speronamento laterale da parte di un SUV, le possibilità di avere vittime sono 5,6 volte superiori rispetto alla norma, mentre in caso di scontri frontali le conseguenze sono – ovviamente – anche peggiori. La particolare conformazione di un veicolo SUV o fuoristrada, infatti, comporta che questo, in caso di impatto frontale, abbia una capacità dirompente assolutamente maggiore, arrampicandosi sul cofano del mezzo antagonista, schiacciandolo e penetrando nel parabrezza. Secondo i dati elaborati dall’agenzia americana – portati ad esempio dalle associazioni ambientaliste e da alcuni sodalizi di consumatori – nel 56,3% dei sinistri letali tra un SUV ed un auto normale, le vittime erano a bordo delle seconde. Analoga questione nei confronti dei pedoni, contro i quali giocano anche gli optional montati per passione su questi veicoli: ci riferiamo ai bullbar. Si tratta di dispositivi storicamente ideati per proteggere gli avantreni dei veicoli dall’urto contro ostacoli di vario genere: nel gergo degli appassionati vengono indicati con il termine composito "paravacca" e sono montati sui furgoni americani o australiani proprio per impedire danni al veicolo perlopiù dall’impatto contro animali. Semplicemente, si tratta di paraurti sporgenti. In caso di scontro con pedoni, ciclisti o motociclisti, le conseguenze sono davvero devastanti, aumentate da una presunta mancanza di visuale da parte del conducente di SUV rispetto a ciò che si trovi nelle immediate vicinanze della prua del veicolo, tesi questa smentita dagli amanti della categoria finita nel mirino.
Recentemente, l’onorevole Elena Montecchi, di Reggio Emilia, ha presentato un’interrogazione al ministro Pietro Lunardi proprio sulla delicata questione: la domanda, sottoscritta da numerosi parlamentari, prende come riferimento proprio quella proposta di direttiva già fatta propria dal governo danese in materia.
Contro i SUV si sono pronunciati anche i medici traumatologici, che parlano di una moda di cui augurano una fine rapida. Nel j’accuse degli specialisti italiani – riuniti nel primo convegno di traumatologia della strada a Bologna agli inizi del mese di ottobre insieme ai colleghi di Spagna e Portogallo – sono finiti proprio i gipponi, troppo alti dal suolo, dalle forme eccessivamente squadrate e pieni di sporgenze, resi ancora più letali dai bullbar anteriori e laterali. Le caratteristiche stesse dei SUV, però, metterebbero a rischio non solo l’incolumità di automobilisti e pedoni, ma anche quella dei passeggeri dei veicoli nel mirino, perché proprio la grande "durezza" che li contraddistingue renderebbe ben più violenti gli effetti di un impatto contro un ostacolo fisso. Gli stessi medici, però, invitano a non criminalizzare tutti i SUV. "Alcuni di essi sono solo automobili modificate per poter essere chiamate fuoristrada (4 ruotemotrici, marce ridotte, ecc.) e sono sottoposti alle stesse procedure di omologazione di sicurezza delle auto – sottolinea il professor Andrea Costanzo, presidente della Socitras, la società italiana di Traumatologia della strada – mentre altri invece sono costruiti al di fuori di queste regole. La situazione peggiora quando vengono aggiunti bullbar del tutto ridicoli in città". Sulla questione delle limitazioni in città, i medici condividono l’ipotesi restrittiva, ma non tanto per le questioni relative all’inquinamento o all’occupazione di spazio, "quanto piuttosto alle conseguenze di alcuni tipi di SUV, in caso di impatto, sugli utenti della strada".
Ma a tanti contro, si oppongono i pro?
L’esperto di guida in fuoristrada, obbietta che niente è relativo.
In questo, francamente, non possiamo dargli torto. La nostra – sia ben chiaro – è una posizione di assoluta neutralità, ma alcune considerazioni possiamo farle.
È ovvio che una maggiore dimensione del veicolo, in termini di massa, comporta un rischio maggiore per chi ci vada a sbattere. Ed è vero anche che per muovere un veicolo di così grosse dimensioni, servano cilindrate maggiori, che poco si conciliano con le necessità di mantenere bassi i consumi e le emissioni di polveri sottili: motivazioni, dunque, di carattere economico ed ambientale.
Sulla questione delle prestazioni, poi, si tratta di un dato ovvio.
I test fatti sulla la prova dell’alce, infatti, non potevano che dare ragione alla fisica: si tratta di veicoli dal baricentro alto, che hanno impostazioni diverse in ogni fase della guida, dalla partenza all’inserimento in curva. La questione delle ridotte, inoltre, non deve essere portata ad esclusiva prova della negazione di questi veicoli a percorsi fuoristradistici.
Abbiamo a che fare con una moda, estremamente costosa e forse – come tutte le mode, del resto – in larga parte inutile. Tutto sta nel buonsenso di chi si trova al volante, che spesso non è addestrato a guidare veicoli del genere, per i quali serve una preparazione adeguata, e che potrebbe soffrire della mancanza di senso civico patita da una larga parte di conducenti. In questo senso, la proposta di prevedere una patente specifica per chi guida questi veicoli appare sufficientemente ragionevole. Con la stessa motivazione tecnica, però, una tale proposta deve essere fatta anche per la conduzione di veicoli commerciali sotto i 35 quintali: un normalissimo Daily, infatti, si guida con una patente B, ma ha un comportamento del tutto diverso da una Smart. Il conducente avrà poi la stessa visuale di un gippone, e anche in caso di impatto le conseguenze con un pedone saranno più o meno le stesse.
Secondo i dati della agenzia federale statunitense National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA), che abbiamo già citato in precedenti articoli o servizi sul nostro sito relativamente alla velocità, più del 30% dei modelli di SUV testati nel 2002 ha meritato meno o poco più della sufficienza in fatto di sicurezza. Legittima citazione, ma i centri urbani sono spesso percorsi anche da veicoli commerciali di grandi dimensioni, che dispongono di masse ben maggiori dei SUV. Sul fronte delle emissioni, poi, sembrerebbe giusto mandare alla sbarra non solo i SUV, ma anche i bus di molte città, o una larga parte di veicoli commerciali in transito sulle nostre arterie, identificati spesso solo in concomitanza ai servizi specifici che la Polizia Stradale effettua con i Centri Mobili di Revisione delle Motorizzazioni.

Diversa, ma comunque intransigente, la posizione del governo, che ha impostato il discorso in chiave del tutto differenti, mettendo nel mirino non tanto i SUV ma i veicoli troppo inquinanti. Al vaglio del ministero dell’Ambiente, infatti, c’è uno studio di fattibilità definito "scientificamente approfondito", sull’impatto ambientale da mezzi di trasporto nelle città. La ricerca dovrebbe identificare le fonti di maggiore emissione per introdurre eventualmente una tassazione differenziata per i veicoli più inquinanti. Il Governo dovrà infatti mantenere gli impegni assunti aderendo al Protocollo di Kyoto, che prevede la diminuzione del 6,5% delle emissioni di gas serra entro il 2012 rispetto al 1990 e l’adozione di pesanti sanzioni per chi resterà fuori dagli standard prefissati. In questa visione futura l’idea è quella di ammodernare il parco macchine italiano facendo fuori i pezzi vecchi a suon di rottamazioni e tassazioni differenziate.
Certo, vedere un gippone parcheggiato sul marciapiede crea fastidio, come qualsiasi atteggiamento trasgressivo che finisca con il restare impunito che magari da meno nell’occhio; si pensi all’auto parcheggiata sullo spazio per la sosta di invalidi.
Sono veicoli portati al ribaltamento? Basterebbe andar piano. Sono veicoli che inquinano di più? Vero, ma non certo più di un’utilitaria immatricolata Euro1.
Senza dimenticare che i SUV e i Fuoristrada, ad oggi, sono il 5,47% dell’intero parco veicolare.
Le nuove regole però, sicuramente servono ed anche altre riflessioni appaiono assolutamente opportune. Specialmente in un periodo come questo, forse sarebbe più indicato cercare un compromesso diverso con la strada. Una strada dalla quale molti cercano riparo, avvertendone la democratica pericolosità, barricandosi su veri carri armati, senza cingoli, veloci e scattanti. Più sicuri per conducente ed occupanti, ma alle attuali condizioni di rispetto delle regole, assolutamente più pericolosi per le utenze deboli.
Come al solito, il problema si riconduce alla medesima matrice.

*Sovrintendente della Polizia Stradale

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Dalla Svizzera uno studio sui SUV, Sport Utility Veicle
Fonte Upi

Gli aspetti di sicurezza a quelli ambientali legati ai cosiddetti Sport Utility Vehicle (SUV), ovvero fuoristrada e veicoli simili, tengono banco. Benché per la Svizzera siano disponibili solo pochi dati, da un’analisi delle informazioni reperibili emerge che i passeggeri degli USV sono ben protetti, tuttavia non quanto lo si potrebbe presumere dal loro aspetto. Gli SUV presentano un’aggressività del veicolo quasi doppi rispetto alle automobili “normali”. Il frontale dalle forme sfavorevoli comporta ferite gravi in particolare per i pedoni, i ciclisti e i motociclisti.

Situazioni e obiettivi

Gli Sport Utility vanno di moda sia in Svizzera che in altri Paesi occidentali. Nonostante siano stati costruiti per l’uso fuori strada, gli SUV vengono usati quasi esclusivamente sulle strade normali. L’abitacolo in posizione elevata, le buone caratteristiche di guida e i motori spesso potenti infondono nei conducenti di questi veicoli più sicurezza rispetto a quelli delle altre automobili. Questo vantaggio, però, si paga in genere con un maggiore consumo di carburante. Per questo motivo e perché si suppone che costituiscano un maggiore rischio per gli altri utenti della strada coinvolti in un incidente, gli SUV sono nel mirino della critica. Con il presente lavoro si intende riportare la discussione attorno agli SUV a un livello oggettivo e motivare il punto di vista dell’upi.

Modo di Procedere

Le seguenti domande sono state analizzate dal punto di vista della sicurezza stradale (gli aspetti ambientali non erano oggetto della ricerca).
· Come può essere definito un SUV (Sport Utility Vehicle)?

· Quanti SUV circolano in Svizzera?

· Quale sicurezza offrono i SUV ai passeggeri e agli utenti della strada coinvolti nella collisione?

· Quali eventuali misure vanno adottate per aumentare la sicurezza stradale?

Per la valutazione della sicurezza stradale non erano disponibili statistiche ufficiali, pertanto è stato necessario ricorrere a ricerche nazionali ed internazionali. Queste fonti contenenti informazioni sulle conseguenze, sui rischi e sulle cause degli incidenti possono essere applicate alla Svizzera.

Risultati

Gli esiti principali relativi alla sicurezza degli SUV sono:

· i passeggeri del SUV sono ben protetti, tuttavia non quanto lo si potrebbe presumere dall’aspetto dei veicoli;

· i SUV presentavano un’aggressività del veicolo (numero di conducenti morti in altri veicoli su 1.000 collisioni) quasi doppia rispetto alle altre automobili;

· rispetto alle automobili, il frontale dalle forme sfavorevole dei SUV – ma anche dei monovolume e dei mini-monovolume – comporta ferite gravi per gli utenti della strada deboli coinvolti nella collisione (in particolare per i pedoni).

La Svizzera, non disponendo né di una propria industria automobilistica né di un importante indotto automobilistico, non riveste un ruolo determinante nello sviluppo tecnico delle automobili. Pertanto è ancor più importante promuovere altre misure di sicurezza stradale e influenzare il comportamento d’acquisto degli automobilisti. Le seguenti misure o gruppi di misure sono oggetto di discussione.

Misure tecniche sui SUV

· ridurre il baricentro del veicolo

· rinunciare ai veicoli di serie nuovi con pneumatici utilizzabili l’intero anno

Misure tecniche generali sui veicoli a motore

· Migliorare la compatibilità con gli altri veicoli (struttura, geometria, massa)

· Migliorare la protezione dei pedoni

Influenzamento del comportamento d’acquisto

· Comunicare per ogni veicolo le informazioni relative alla sicurezza per i passeggeri e i pedoni (p. es. risultati di crash- test EuroNCAP)

· Valutare l’introduzione di etichette dichiaranti i risultati dei crash-test sulle vetture (analogamente alle etichette sul consumo energetico)

Conclusioni

Rispetto alle altre automobili, i fuoristrada e i veicoli di costruzione simile (i cosiddetti Sport Utility Vehicle) causano lesioni di maggiore entità tra gli altri utenti della strada coinvolti nella collisione. A livello europeo, nonostante il suo influsso modesto, la Svizzera deve assumere un ruolo attivo per quanto riguarda la realizzazione di «misure tecniche sui SUV» e «misure tecniche generali sulle automobili». Inoltre, chi vuole acquistare o ha acquistato un tale veicolo, va informato mediante supporti informativi mass mediali sugli aspetti di sicurezza degli SUV e va influenzato cosi facendo il comportamento d’acquisto.


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L’Agente di Polizia Municipale di Firenze Carlo Rinaldi


Suv la parola all’esperto

Carlo Rinaldi, 44 anni, agente di Polizia Municipale a Firenze, ha partecipato al Camel Trophy 1991 in Tanzania come pilota ufficiale del team Italia; nel ’92 ha partecipato come pilota dello staff internazionale in Brasile, mentre dal 1992 al 1996 è stato selezionatore degli equipaggi. È istruttore presso la "Four Drive" di Firenze in tecniche di guida in strada e fuoristrada e addestratore per la motoconduzione al corpo.
Carlo Rinaldi, qual è la differenza tra un SUV e un fuoristrada?
"Semplice: un fuoristrada ha un’altezza da terra molto maggiore rispetto ad un SUV, e questo fa la vera differenza sui terreni accidentati.
Le marce ridotte, che i SUV di norma non hanno, servono a marciare ad una velocità inferiore con la massima potenza ed aderenza, senza dover andare veloci per fare dei passaggi tecnici.
In queste condizioni, la velocità è assolutamente controproducente.
Il telaio a longheroni sui fuoristrada, inoltre, garantisce maggiore resistenza, mentre i SUV hanno telai autoportanti, meno resistenti.
Spesso i SUV sono a benzina, mentre la maggior parte dei fuoristrada è spinta da motori a gasolio: questo perché i fuoristrada sono nati per impieghi militari o da lavoro in condizioni difficili: e il gasolio è meno infiammabile, in caso di incidente, lavora meglio, sopporta più sforzi e consente il mantenimento del propulsore a lungo, anche al minimo, senza particolari problemi.
Tra un fuoristrada e un SUV, inoltre, possono cambiare gli angoli d’attacco, d’uscita e di dosso, che nei fuoristrada sono gli angoli caratteristici; nei SUV sono ridotti, perché non devono fare percorsi così estremi.
Cambia anche la profondità di guado, che nel SUV è praticamente quello di una macchina normale".
Quali sono i pregi di un SUV?
"Le macchine che beneficiano della trazione integrale permanente, vedono ridotta l’usura dei pneumatici e beneficiano – nella progressione di marcia – del freno motore su tutti e due gli assi, fattore questo che si ripercuote positivamente soprattutto in condizioni critiche, sul bagnato e sul ghiaccio. Tutte queste macchine di nuovo concetto, fuoristrada e SUV, sono superaccessoriate per la sicurezza: ABS a parte, dispongono quasi tutte del controllo di sbandata e di potenza erogata.
È l’elettronica che ovvia ad una condotta di guida sbagliata.
Senza elettronica un SUV è praticamente inguidabile da parte di un conducente che non abbia seguito un addestramento specifico, indispensabile per il fuoristrada.
Sempre tra i pregi, anche se molti sostengono il contrario, metterei l’altezza da terra, che è maggiore e che quindi garantisce una percezione più approfondita costituita semplicemente da una migliore visibilità, sempre che il guidatore sia attento a ciò che fa".
E sui difetti, cosa ci dice?
"Sicuramente il baricentro alto e quindi un approccio diverso in curva. Poi i consumi elevati per alcuni modelli in alcune motorizzazioni a benzina. Certo, che se venissero prodotti a idrogeno non ci sarebbero problemi".
Ma lei, perché utilizza un fuoristrada?
"Ho una guida molto prudente e credo con fermezza che viaggiare su un fuoristrada sia più sicuro per me e per la mia famiglia.
Sono un agente di polizia municipale e so benissimo cosa sia la sinistrosità: molti degli 8mila morti che ci sono ogni anno sulle strade, sono spesso vittime innocenti di comportamenti altrui".
Ha consigli da dare per chi guida un fuoristrada o un SUV?
"Sono i consigli che può dare una persona che lavora per far rispettare le leggi e che interviene in soccorso degli automobilisti: bisogna guidare con prudenza, sempre, soprattutto in città.
Ma chi guida un fuoristrada deve addestrarsi a farlo.
Deve sapere quando e come mettere una marcia ridotta, deve sapere quando un passaggio è fattibile o quando è meglio cercare un’altra strada. E deve sapere come si comporta il suo veicolo sull’asfalto, sulla neve e sul bagnato.
Se non si sa cosa si guida, si finisce sempre col farsi male, anche lavorando; perché molti di quelli che guidano un fuoristrada, lo fanno per lavoro.



Suv più sicuri con il sistema di protezione frontale (salva pedoni) adottato per la prima volta in Inghilterra

(ASAPS) – Dopo la burrasca, sembra tornare il sereno sull’universo Suv. I mezzi tanto criticati a causa della loro pericolosità, l’ingombro nelle strade e l’alto tasso inquinante, oggi possono “tirare un sospiro di sollievo”. E questo grazie a un nuovo sistema di protezione frontale, progettato proprio per i grandi veicoli, sempre più presenti sulle strade. Il sistema è stato studiato per garantire la sicurezza di pedoni e ciclisti, nel caso si verificassero incidenti. La novità arriva direttamente dall’Inghilterra, terra che per prima aveva mosso accuse pesante contro i fuori strada. Le prove effettuate hanno messo in evidenza come il rischio di lesioni alla testa, all’addome, agli arti inferiori e al bacino diminuiscano (per quel che riguarda la testa il calo è rilevante). I test sono stati eseguiti sui modelli di Suv, 4x4 e furgoni tra i più diffusi in Europa, che hanno evidenziato come il sistema di protezione frontale sia in grado di assorbire l’energia dell’impatto, riparando i pedoni dall’urto con cofano, radiatore e motore. Per avere maggiori informazioni sul sistema britannico si può consultare il sito:

www. frontalprotectionsystems.eu (ASAPS).


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SUV: sempre al centro di polemiche.
Una vignetta di M. Wuerker rappresenta chi non li sopporta


Una ricerca universitaria contro i SUV.
I conducenti delle 4x4? La loro posizione di guida induce falsa sicurezza.
Così, “abusano” del telefonino e non usano le cinture

(ASAPS) – Non finiscono proprio i guai per i mastodontici veicoli 4x4 divenuti ormai oggetto di culto per chi li adora e ne coltiva la passione, ed un vero e proprio bersaglio per chi invece li odia con tutte le loro forze. Un nuovo studio, stavolta concluso dall’università del Queensland (Australia) in collaborazione con l’Imperial College di Londra, e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica britannica “British Medical Journal”, mette in difficoltà ancora una volta la categoria. Come? Sembra proprio che i conducenti di SUV siano 4 volte più suscettibili all’utilizzo del telefonino durante la guida rispetto a quelli al volante di auto “normali”. L’indagine è stata portata a termine su un campione di 38.182 veicoli cosiddetti “classici” e su una target di 2.944 SUV, selezionati in tre arterie diverse della capitale britannica indicate come quelle a tasso di traffico più intenso. La ricerca si è sviluppata in due tempi diversi, e precisamente prima dell’entrata in vigore in Inghilterra del divieto di fare uso di telefoni cellulari durante la guida, e immediatamente dopo, a proibizione in atto: ebbene, se tutto il mondo è paese, è anche vero che la ricerca scientifica dei due atenei ha consentito di accertare che anche in Inghilterra, le cose – su questo specifico tema – non sarebbero cambiate per nulla rispetto all’entrata in vigore della legge: l’8,2% dei conducenti di veicoli 4x4 è stata vista guidare con il telefonino all’orecchio, contro il 2% di chi sedeva al volante di veicoli classici. Il fatto è che osservare ha rivelato ai ricercatori altre verità non preventivate: una tra tutte, il 20% dei fuoristradisti non aveva le cinture allacciate, mentre la percentuale di coloro che non le avevano invece indossate su veicoli normali è risultata il 2%. Ma perché questa differenza? I ricercatori del Queensland e di Londra hanno concluso che la colpa è dell’eccessivo senso di sicurezza che la guida di un veicolo così alto, rispetto al piano viabile ed agli altri veicoli, infonde nei rispettivi conducenti. Una vera e propria “frattura”, secondo i ricercatori, nel senso del reale, che può comportare l’assunzione spesso incosciente di comportamenti estremamente rischiosi. (ASAPS)


© asaps.it
Sabato, 16 Febbraio 2008
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