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Rassegna stampa Alcol e guida del 2 febbraio 2008

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

TRENTINO

Ventenne di Avio fermato dai carabinieri venerdì notte sulla statale nei pressi di Ala. Stava tornando da una festa

Brucia in un colpo due patenti e mezza

Cinquanta punti persi: ubriaco, contromano e velocità pericolosa

LUCA MARSILLI

 
ROVERETO. In un colpo solo si è bruciato due patenti e mezza. E non è andato oltre solo perchè i carabinieri, che lo stavano seguendo, sono riusciti a fargli capire che era meglio si fermasse quasi subito. Vent’anni, di Avio, era reduce da una festa con amici. Non si sa se in maschera, ma sicuramente non a base di aranciata, visto che il suo tasso alcolemico era di 1,60, contro lo 0,50 tollerato.

 La guida in stato di ebbrezza è sanzionata con la sottrazione di 10 punti dalla patente. Ma diventano 20 in caso di neopatentato, e con le recenti modifiche del codice della strada, è “neopatentato” chi ha la patente da meno di tre anni. Quindi nel caso del giovane aviense, facevano già 20 punti. Solo che sfortuna ha voluto che non abbia nemmeno visto i carabinieri, quando l’ha incocciati sulla statale ad Ala, diretto verso sud. E la pattuglia, non potendolo certo lasciare andare visto che il suo modo di guidare rendeva manifesto anche ad un cieco che non stava affatto bene, si sono messi al suo inseguimento. Durato poco, ma abbastanza perchè i militi potessero (dovessero) annotare altre due evidenti infrazioni al codice della strada: velocità pericolosa (altri 10 punti da scalare) e una curva presa completamente contro mano: altri 20 punti. In pratica quando si è fermato, aveva un debito di 50 punti, su 20 che sono riconosciuti ad una patente ancora intonsa. Ovviamente il permesso di guida gli è stato ritirato e sarà revocato. Significa ricominciare da zero: teoria, guide, esame. Ed è solo uno degli aspetti sgradevoli del fine serata del ventenne. I carabinieri gli hanno già verbalizzato la curva contromano (148 euro) e la velocità pericolosa (370): totale 518 euro di multa. E lo hanno denunciato per la guida in stato di ebbrezza. Toccherà al giudice dargli una multa congrua anche per quella e decidere una eventuale sospensione aggiuntiva della patente. Significherebbe, rifarla, ma tenerla poi nel cassetto fino a sospensione scaduta.

 Quanto al numero di punti persi, comunque, si può consolare. Fossero stati anche solo 20, le conseguenze sarebbero state le stesse. La patente si rifà sempre una volta sola.

 


L’ADIGE

la multa Ventunenne di Avio fermato dai carabinieri: stato d’ebbrezza, velocità e guidava contromano

In tre curve perde 50 punti

DAVIDE PIVETTI d.pivetti@ladige.it 


Non è certo da iscrivere nel Guinness dei primati, ma quello stabilito da un ventunenne di Avio l’altra notte è con ogni probabilità un record. Poco invidiabile e non certo da inseguire. In pochi minuti, quelli necessari per percorrere i dieci chilometri di statale che dividono Ala ed Avio, è riuscito a collezionare tre tra le più gravi infrazioni al codice della strada, tutte perseguibili con la cancellazione di preziosi punti dalla patente di guida, che nel caso del giovane automobilista aviense rappresenta una sanzione ancora più pesante visto che è ancora neopatentato e che quindi la decurtazione deve essere raddoppiata per ognuna delle voci contestategli. Solo in questo modo si spiega il primato stabilito l’altra notte: 50 punti di patente evaporati in un paio di minuti e qualche curva. Il giovane aveva trascorso un normalissimo venerdì in città a Rovereto. La sera si era dato appuntamento con gli amici ad Ala, per trascorrere un po’ di tempo in compagnia e scambiare quattro chiacchiere. Il problema è che alla conversazione si è aggiunta qualche birra di troppo, sufficiente - stando a quanto rilevato dai carabinieri - per far schizzare in alto il tasso alcolemico del giovane. Lui, salutati gli amici, è salito sulla sua utilitaria e ha fatto per tornare a casa. Erano circa le due delle notte tra venerdì e sabato. Non si è accorto che subito dopo aver lasciato Ala dietro di lui è apparsa la pattuglia dei carabinieri. Che l’hanno seguito per un paio di minuti osservandone il comportamento alla guida. Il giovane è stato presto fermato e i carabinieri gli hanno subito contestato l’eccesso di velocità e la guida pericolosa. Era all’altezza di Sdruzzinà e il giovane probabilmente viaggiava ad una ventina di chilometri oltre il limite fissato sulla statale. I militari gli hanno poi contestato la guida contromano, perché avrebbe tagliato una curva oltre la mezzeria. Poi l’etilometro. E qui il disastro si è compiuto: un primo tentativo non è andato a buon fine perché l’automobilista non è riuscito a soffiare abbastanza. La seconda volta, invece, la macchinetta ha raccolto una quantità di fiato sufficiente per l’analisi chimica, rilevando un tasso alcolico di 1,60, più di tre volte lo 0,50 consentito dal codice della strada. La somma è presto fatta: 20 punti cancellati per la guida in stato di ebbrezza (sarebbero 10 ma vengono raddoppiati perché il giovane è ancora neopatentato), altri 20 per la guida contromano e 10 per l’eccesso di velocità. Totale 50 punti, cioè l’equivalente di due patenti e mezzo. L’unica che il ragazzo aveva è andata in fumo. Dovrà ricominciare tutto daccapo.

 


L’ADIGE

Il giovane: «Non sono un delinquente»


Ammette le sue responsabilità e non si nasconde dietro un dito. Sa di aver sbagliato ma non capisce perché deve pagare un prezzo così elevato per quello che considera un errore, non certo un grave delitto. Il giovane aviense racconta così la sua disavventura: «Tornavo da Ala dopo una serata con gli amici. Sapevo di aver bevuto almeno un paio di birre e l’ho detto subito ai carabinieri. Quando mi hanno fermato mi hanno contestato l’eccesso di velocità. Ho firmato il verbale da 72 euro e poi ne é spuntato un altro per la guida contromano, da 280 euro. Non volevo firmarlo e allora è arrivato anche l’alcoltest. È vero, forse non ho rispettato il limite sulla strada ma se l’ho superato è stato per poco e di poco. Così come il contromano si riferisce ad una curva tagliata, niente di più. Quando ho visto l’etilometro mi sono agitato, ed è per questo che non sono riuscito a validare già il primo test. Ma la verità è che non sono un alcolizzato: ho solo condiviso un paio di birre con gli amici. Noi ragazzi che viviamo in posti come Avio dobbiamo per forza prendere l’auto e spostarci se vogliamo avere una vita sociale. Poi rischiamo di trovarci senza patente per una serata con gli amici. Non sono un delinquente, non sono un alcolizzato e non è giusto trattarmi come tale». (*)

 

(*) Nota: leggete con attenzione i tre articoli che descrivono questo episodio: li ho messi ad inizio rassegna perché mi sembrano esemplari nel descrivere quanta cultura ci sia ancora da costruire sul problema alcol e guida.

Francamente queste dichiarazioni, rese presumibilmente da questo ragazzo in stato di  sobrietà, sono preoccupanti almeno quanto la sua condotta alla guida.

Chi lo dovrà giudicare per la guida in stato di ebbrezza dovrebbe considerare come aggravante queste parole: a una persona che ragiona in questo modo non può essere concesso di guidare per strada.

 


ALICE.IT

IN GB DIBATTITO POLITICO SU CONSUMO ALCOL SUPERIORE A 12,5 CL

Primo ministro Brown potrebbe vietare apertura non stop dei pub


Londra, 3 feb. (AP) - Più è grande il bicchiere, più ti ubriachi. Un’astuta conclusione alla quale sono arrivati alcuni deputati e responsabili della sanità pubblica britannica decisi a proibire a tutti i costi il consumo di bevande alcoliche servite in bicchieri di più di 12,5 cl.

La Gran Bretagna, nota come altri Paesi anglosassoni per il forte consumo di alcolici, sembra essere confrontata da molti anni al cosiddetto fenomeno del "binge drinking" ("sbronza immediata"), il consumo occasionale ed eccessivo di alcolici nei giovani volto alla sola ubriacatura. Un fenomeno che, secondo alcuni specialisti, sembra oggi riguardare anche gli adulti e soprattutto le donne.

Ci siamo ritrovati a bere sempre di più rispetto al passato" sottolinea il deputato liberale democratico Norman Lamb, specialista dei problemi di sanità in seno al partito. "Prima l’ampiezza standard di un bicchiere di vino servito nei bar e nei pub era di 12,5 cl, mentre ora ha raggiunto il doppio, 25cl. Quindi, sono in molti a bere più di quello che vorrebbero" aggiunge Lamb il quale auspica l’adozione di una legge che obblighi gli esercenti alla vendita di bevande alcoliche non superiori a 12,5 cl a bicchiere.

Secondo Danny Blackmore, proprietario di un pub nel centro di Londra, ad essere sotto accusa sono le abitudini britanniche e non la capacità contenitiva di bicchieri. "Se uno ha deciso di ubriacarsi, puoi servirgli il vino in una brocca o in un ditale, si ubriacherà lo stesso e la grandezza del bicchiere non cambierà nulla".

I britannici non hanno alcuna idea del loro consumo di alcol" dichiara Srabani Sen, responsabile dell’Alcohol Concern, un’associazione di aiuto agli alcolisti senza scopo di lucro, aggiungendo che "si tratta di un vero campo minato perché mentre dieci anni fa ti davano un bicchiere di 12,5 cl con un vino sicuramente meno alcolico, oggi i bicchieri sono più ampi e i vini molto più forti".

Secondo i dati disponibili, il consumo regolare di bevande alcoliche da parte di sette milioni di Britannici sarebbe molto al di sopra dei limiti raccomandati ossia di due bicchieri standard per gli uomini e di uno e mezzo per le donne.

Per le donne, la tendenza ad alzare il gomito sembra essere molto pericolosa soprattutto per quanto riguarda l’aumentato rischio di cancro al seno" precisa Sen.

Il ministro britannico della Sanità ha deciso di lanciare, nel corso dell’anno, una vasta campagna di sensibilizzazione diretta agli adulti, mentre il Primo ministro Gordon Brown ha lasciato intendere che potrebbe tornare sulla decisione del suo predecessore Tony Blair di autorizzare l’apertura non stop dei pub.

 


IL GAZZETTINO (Belluno)

QUERO Drammatico episodio nella serata di venerdì sulla regionale Feltrina, protagonista un giovane marocchino 

Ubriaco lancia sassi sulle auto 

Alcune vetture sono state colpite ma nessuno è rimasto ferito. L’uomo ricoverato in psichiatria

Quero


Non sono chiare le cause
che hanno indotto un uomo di origine magrebina residente nella frazione di Santa Maria a lanciare grosse pietre contro le auto in transito sulla regionale Feltrina. Certo è che il 22enne extracomunitario in regola con il permesso di soggiorno, come rilevato dal nucleo operativo e radiomobile dei Carabinieri di Feltre, era ubriaco. (*) «Erano circa le 21,30 - racconta una delle vittime - quando stavo transitando di fronte all’abitato di Santa Maria per recarmi al lavoro. Ad un certo punto un grosso sasso delle dimensioni di una noce di cocco ha frantumato il finestrino lato guida colpendomi ad una spalla. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se il lancio fosse stato un po’ più forte. Ho rallentato ed accostato poco oltre sulla destra nei pressi dell’ingresso dell’abitato di Santa Maria dove c’erano già altre auto ferme. Dopo aver capito cosa stava succedendo in quanto anche gli altri automobilisti si erano fermati per lo stesso motivo, abbiamo cercato in tutti i modi di far desistere l’uomo dal suo incomprensibile atto ma, per tutta risposta, lo stesso si è avvicinato alle auto in sosta lanciando altri grossi sassi». Dopo aver danneggiato diverse auto e dopo l’arrivo dei carabinieri, il magrebino ha finalmente dato fine al suo incomprensibile gesto. Sul posto sono intervenuti i sanitari del Santa Maria del Prato che lo hanno trasportato nel reparto di psichiatria dove è attualmente ricoverato in attesa della valutazione da parte delle forze dell’ordine di eventuali responsabilità penali oltre alle evidenti responsabilità civili e amministrative. I proprietari delle auto alle quali sono stati frantumati finestrini e cristalli e provocate evidenti ammaccature alla carrozzeria, ora si interrogano sul se e sul come potranno essere risarciti dal particolare danno subito.

Fulvio Mondin

 

(*) Nota: eccola qui, la causa. Chiarissima.

 


Riceviamo e volentieri pubblichiamo

“NON LA BEVO” AL CARNEVALE DI VIAREGGIO

Siamo giunti quest’anno alla terza edizione di “Non la Bevo.. a carnevale mi diverto con la fantasia.”

Ci lasciamo alle spalle,dallo scorso carnevale ad oggi, un anno importante nel lavoro verso una consapevolezza critica nell’uso dell’alcol, nel rafforzamento del rapporto con le Istituzioni e con le scuole del territorio, con le Associazioni sia di riferimento al tema da noi trattato, come l’ Acat, che con quelle che si occupano più in generale del benessere e delle attività ludico-sportive dei giovani.

Tre i momenti importanti dopo la nostra presenza nel 2007 al Carnevale di Viareggio:

 

1-         la delibera dell’Amministrazione Comunale di Viareggio, che nel prendere atto delle problematiche alcol correlate, in particolare per i problemi derivanti per la sicurezza stradale, ha determinato linee guida per la realizzazione di manifestazioni sportive, ricreative, di promozione a sociale, promosse, patrocinate o sostenute dalla stessa Amministrazione; gli indirizzi che sollecitano e attivano un “atteggiamento di responsabilità sociale fra i promotori e i fruitori delle manifestazioni” con  alcune regole generali di cui si ritrova traccia anche nella proposta di legge del Governo, sono sostenuti da un contributo economico da parte dell’Assessorato alla Mobilità;

2-         la costituzione da parte di Unicoop Tirreno- sezione Soci versilia-, dall’Asl 12, dall’ Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada e dalla Croce Verde di Viareggio, di un Comitato per darci l’organizzazione necessaria ad affrontare  nuovi impegni e garantire i presupposti alla base del nostro lavoro (come  l’esclusione di iniziative di tipo proibizionistico o censorio, il messaggio teso a stimolare la consapevolezza critica sull’uso dell’alcol come di qualunque sostanza o prodotto, la coscienza della necessità, così come indica il documento del Ministero della Salute “Guadagnare Salute” secondo il programma dell’Unione Europea, di rompere il nesso tra “divertimento” e “sballo” che è il binomio che accompagna i nostri giovani e giovanissimi nelle attività e nei contesti di feste, ecc).

      Il Comitato si è aperto all’adesione di singoli cittadini ed altre Associazioni;

3-         la predisposizione di due progetti, uno per la Regione Toscana, l’altro per la Conferenza dei Sindaci della Versilia con i quali in sintesi copriremmo con varie iniziative tutto l’arco dell’anno ed entreremmo, nel corso di tre anni, in tutte le scuole medie inferiori e superiori della Versilia tra l’altro con interventi di formazione degli insegnanti, studenti e genitori interessati.

Carnevale 2008.

Abbiamo riproposto la cartolina-concorso, ambasciatrice del messaggio”bevi meno è meglio, a carnevale mi diverto con la fantasia” 

Siamo presenti lungo il circuito dei carri allegorici con uno stand con materiale informativo e un questionario sul tema del consumo e dell’abuso dell’alcol ma anche materiale sulle iniziative di Coop di solidarietà come il “progetto Matteo” , promozione della carta socio ecc.

All’apertura del Torneo Internazionale della Coppa Carnevale, torneo giovanile di calcio, abbiamo sfilato con uno striscione del Comitato ”Non la bevo” recante i loghi delle quattro promotrici e che resterà appeso nello stadio per tutto il tempo del torneo.

Siamo stati presenti, sempre con materiale informativo e promozionale, ad una delle tre serate del Rione Torre del Lago.

La sera dell’otto febbraio nell’ambito della festa rionale organizzata dalla Croce Verde, “Non la Bevo” ha in programma, nello spazio a noi riservato, una serie di iniziative.

 Avremo la presenza degli studenti del Liceo Classico , del Liceo Scientifico e del Nautico a cui è affidato l’accompagnamento musicale della serata per mezzo delle loro band.

 I boy scout anche quest’anno saranno il perno per il coinvolgimento dei giovani ad attività varie di divertimento o di informazione.

Tra l’altro, ma certo di grande importanza, verrà presentato e messo a disposizione della serata, il simulatore di guida acquistato dall’Asl.  La presenza di personale specializzato (medici, psicologi,formatori) accompagnerà la simulazione favorendo attraverso il gioco l’acquisizione di consapevolezza da parte dei giovani delle necessarie abilità e dei rischi della guida.

Avremo una nostra animatrice che proporrà tra l’altro la creazione di “etichette consapevoli” per i prodotti alcolici,uno spazio per disegnare la cartolina-concorso, spazi per la creazione di piccole maschere, cappellini, trucchi carnevaleschi ecc

Insomma una piccola-grande mobilitazione volontaria per far sì che si ritrovi il gusto di divertirci appunto “con la fantasia” .

Inoltre dal sei al quattordici febbraio, nel punto vendita di Viareggio si allestirà la mostra delle mille cartoline-concorso dello scorso anno, mostra a cui saranno invitate le scuole della Versilia.

In grandi linee ho cercato di riportare l’insieme delle iniziative, future ed attuali.

La nostra sezione soci è fortemente coinvolta in questo progetto ma crediamo di poter affermare che c’è tanta attenzione e sensibilità anche tra i nostri dipendenti perché tutti comprendono che abbiamo toccato un tema della “sicurezza alimentare” coniugando in modo moderno ed attuale i criteri per cui in generale come coop ci prodighiamo.

La sicurezza dei prodotti alimentari  spesso non sta solo nella loro igienicità e qualità; ci sono alimenti, come l’alcol, il cui uso o consumo scorretto possono produrre effetti che mettono a rischio il benessere e la sicurezza sia personale che di altre persone.

VI ASPETTIAMO ! BUON CARNEVALE E TANTA FANTASIA

 


IL GAZZETTINO (Treviso)

I gestori di discoteche contro la legge che vieta gli alcolici dopo l’una di notte


Il Silb di Treviso, l’associazione che riunisce le imprese di intrattenimento danzanti e dello spettacolo, scende in campo e punta il dito sulla normativa regionale del Veneto che, dal primo aprile, vieterà la somministrazione delle bevande alcoliche dopo l’1 di notte. Lo fa con il suo presidente, Renzo Venerandi. "In primis il divieto viene imposto ai nostri locali - comincia a spiegare Renzo Venerandi - vale a dire che all’una e un minuto di notte un ragazzo esce dal locale e beve quanto vuole nei chioschi ambulanti che ci ritroviamo nelle strade pubbliche. Ma gli stessi clienti possono uscire e festeggiare come vogliono in auto o in altri luoghi pubblici". Esistono, infatti, altre forme di somministrazione degli alcolici che in Veneto dal primo aprile potranno funzionare anche dopo l’una di notte. "Poi comunque si parlerà di stragi del sabato sera sempre criminalizzando chi fa il nostro mestiere".

 


L’ARENA di Verona

NEL SAVONESE. Aveva accompagnato un amico al pronto soccorso in seguito a una precedente aggressione

Massacrato di botte dopo la rissa in «disco»

 SAVONA


Mortale spedizione punitiva, dopo una rissa in discoteca
, di alcuni albanesi contro tre italiani. Sull’asfalto, nei pressi dell’ospedale San Giuseppe di Cairo Montenotte è rimasto un artigiano edile, Roberto Siri, di 37 anni di Cairo, colpito a pugni e calci e ucciso da un colpo alla trachea. Aveva accompagnato al Pronto Soccorso un amico, Salvatore Tomaselli, 44 anni, a farsi medicare le ferite al volto subite nella precedente aggressione (picchiato di nuovo, l’uomo è ora ricoverato a Genova). Illeso un terzo componente del gruppetto, che è riuscito a chiudersi in auto.

«Il movente del pestaggio mortale deve essere ancora stabilito. (*) Stiamo compiendo indagini per arrivare, speriamo quanto prima, ad avere un quadro più preciso di quello che è accaduto», ha commentato il procuratore capo di Savona Vincenzo Scolastico. Scolastico non esclude alcune ipotesi, dal litigio occasionale alla vendetta per gelosia o per altre ragioni. Salvatore Tomaselli, che fa l’imbianchino, era rimasto ferito nella rissa con gli albanesi davanti alla discoteca B Spider a Bragno, una frazione di Cairo Montenotte, il capoluogo della Val Bormida.

Siri, con un terzo amico, lo aveva accompagnato all’ospedale. Verso le 4,15, il gruppo di albanesi, composto forse da quattro persone, è riapparso proprio all’uscita del pronto soccorso. Gli albanesi hanno bloccato l’auto dei tre italiani impedendo ogni via di fuga. Siri e Tomaselli sono stati aggrediti. Ma mentre il secondo è riuscito a rientrare nel Pronto soccorso e a dare l’allarme, Siri è stato circondato e massacrato di botte.

Ora è caccia agli aggressori tra la comunità di immigrati albanesi della val Bormida. Di loro, però, finora non si è trovata traccia. Già in passato la valle era stata teatro di risse tra giovani fuori da locali notturni.

 

(*) Nota: l’articolo che segue lascia intendere che questo efferato omicidio, avvenuto fuori da un Pronto Soccorso,  abbia a che fare con l’alcol.

 


LA STAMPA

Sangue e ferocia in nome dell’onore

Retroscena

Marco Neirotti

La logica tribale del clan


“Che volete da me? Volete farmi confessare? Volete riempirmi di botte fino a domani mattina? E che mi fa una scarica di legnate? Non sapete su quanti cadaveri ho camminato io?”.

Alla ferocia dell’altra notte qui in Val Bormida è controcanto il dialogo tra un arrestato albanese e la polizia di Torino. Non mi fa paura niente, era il messaggio, e la morte è un’abitudine.

È un’abitudine, uno strumento, una forma di dialogo né più né meno di quanto lo siano dolcemente le carezze in una tranquilla coppia che vuole trasmettersi a vicenda amore. C’è una forma mentale radicata, antica, la naturalezza della violenza più atroce come strumento di risoluzione di un problema. Fondamentali ora sono le indagini, la cattura, l’arresto dei colpevoli, ma questa inchiesta avrà anche un valore sociale, perché è “l’anatomia di una vendetta” senza movente, senza fatti gravi. Nasce da una stupidaggine ubriaca in un locale, il “B. Spider”.

La vittima Roberto Siri, 37 anni, nato a Lagos, in Nigeria, dove suo padre lavorava, è un artigiano edile, ha avuto qualche problema per un po’ troppo hashish in tasca, ma non risultano storie più complicate e gravose per il codice penale e la vita quotidiana racchiusa nei lunghi capelli neri, e la barba come cornice.

Salvatore Tommaselli, 43 anni, catanese d’origine, con un figlio, è imbianchino e, prima di quella scarica di violenza, aveva un volto serio, con della malinconia nella foto tessera da documento. Massimo Scopa, illeso, ha 42 anni, lavora anche lui tutta la settimana all’Italiana Coke di Bragno (dove un carrello settimana fa ha schiacciato e ucciso un suo amico). Del quarto italiano non si sa il nome, è un testimone che i carabinieri stanno interrogando. Per loro il “B: Spider” è davvero la pausa prima di riprendere.

Che cosa è invece il “B: Spider” per il gruppo che si incontrano e con cui si scontrano? Visto dal di fuori è un piccolo condominio, una di quelle case che il geometra mette su in fretta per affittare gli appartamenti. Fa molto provincia, sa di Anni ’60 o ’70, lontani dal Piper di allora o dai macrolocali di oggi. È anche, per quegli altri, dove farsi valere, è l’autoaffermazione.

Lì c’è il primo impatto, che diventa fondamentale per capire la ferocia, fino a spaccare più o meno scientificamente un osso del collo, fino a renderlo irriconoscibile a un conoscente. Il peggio sta nel perché. Lo confermano i carabinieri: nè droga, né debiti , ne donne né rancori datati. Una stupidaggine di serata. Sta di fatto che vola un pugno e i quattri italiani (un ferito, un altro un po’ bevuto) si allontanano in auto, fuggiaschi, verso l’ospedale.

“Finire il lavoro”

due di loro entrano, due si attardano fuori. Ma li hanno tallonati, con una determinazione impietosa. È qui l’anatomia di una vendetta senza un passato: il pugno la fuga non bastano, non soddisfano. Si deve “finire il lavoro”. Uccidere più che dare una lezione. Tant’è che quando comincia la traballante corsa di Tommaselli insanguinato sulle scale lì fuori si sta scatenando improvvisa una furia alla quale è sfuggito per pochi secondi. Roberto Siri è ammazzato a botte, né coltelli né pistola. Scopa si salva perché si chiude in auto.

L’esperienza di chi ha indagato sui fenomeni criminali dell’Est fa pensare ad una metodologia della risposta a qualunque affronto vero o visto attraverso la lente del bicchiere. Perfino nel vademecum del personale italiano – militare e civile – in Kosovo si faceva presente che è norma locale consumare la vendetta per qualunque sgarbo entro le 24 ore. Qui non si è perso tempo.

La lite fuori discoteca non è finita lì, con la vittoria e fuga, ci sono due che non demordono e colpiscono in un luogo ben visibile: in piena notte c’è gente che va e viene, c’è l’uomo che avverte del giovane “che sta morendo”. Colpire subito, chiudere i conti. c’è dietro una logica di capo che decide.

Anche quando il crimine organizzato si occupa d’interessi alti, la malavita albanese è comunque tribale, non c’è piramide, sono piccoli o medi clan, più simile alla camorra che alla mafia. Ma soprattutto c’è l’uomo che decide. E c’è una consuetudine con la violenza. Non esiste mediazione. Non esistono scuse. Esiste l’offesa e basta. Il percorso è obbligato. E l’offesa, lo sgarbo a che involontario sono l’umiliazione del capo. Nascono da lì molti delitti inutili.

Alla discoteca Boccaccio di Torino, mandati via, ritornano con una pistola e spararono all’impazzata sui clienti che uscivano, senza per fortuna far vittime. In Liguria, a Cencio, sempre in Val Bormida, per una discussione al Luna Park le serata è finita con bastone, spranghe e martelli. Ancora a Cairo un’altra lite in discoteca finì a coltellate, ferito anche il giovane che voleva far capire l’inutilità. A Pietra Ligure volano bottigliate. Ma l’esecuzione di ieri, a mani nude, non ha soltanto l’odore dell’ubriachezza, ha la storia della morte come metodo e soddisfazione.

 


IL GAZZETTINO (Udine)

Parla la responsabile del Sert Maria Maisto 

«Così si lavora di più ma aumentano i rischi» 

«C’era un progetto, non ci sono i fondi»


(pt) L’uso di cocaina è in aumento, in questi ultimi anni. Anche sul lavoro, in generale. Perché? Non si deve abbassare la guardia, bisogna tenere il passo sennò si viene tagliati fuori; bisogna essere sempre pronti, eclettici e disponibili. Brillanti. Pena la squalifica. «La cocaina è una sostanza che può aumentare le performance - spiega la responsabile del Sert dell’Azienda sanitaria del Medio Friuli, Maria Maisto -. Purtroppo chi si rivolge al nostro centro per farsi aiutare raramente è un assuntore di sola coca: più spesso sono persone che usano un mix di droghe. Possiamo comunque presumere che l’incidenza dell’uso della sostanza eccitante tra chi lavora, e al lavoro, sia altrettanto in aumento. Per questo avevamo avviato un progetto specifico, nel 2000, l’Euridice. Insieme alle organizzazioni sindacali, a Confartigianato, all’Associazione degli industriali, a una cooperativa e ad alcune realtà di volontariato locale, abbiamo sottoposto ai lavoratori una serie di domande esplorative sul tema, sotto forma di questionario». Destinatarie le maestranze di una decina di aziende del Medio Friuli. «È emerso come la conoscenza degli effetti e della dannosità delle droghe sia assolutamente scarsa. Molti fanno uso di sostanze illegali sporadicamente, anche degli stessi alcolici. Pensano così di essere al riparo dalla dipendenza. Ma lavorare in questo modo espone a rischi elevati, soprattutto per chi è attivo in settori dove già l’occupazione di per sé è delicata: l’area metalmeccanica e quella dell’edilizia, in particolare. Abbiamo quindi organizzato dei corsi di formazione per i responsabili della sicurezza e per i medici del lavoro. Il piano era stato finanziato dalla legge statale 309, con una somma di circa cento mila euro all’anno, per sei anni, e si è concluso di recente. Abbiamo creato una rete di supporto, contatto, di osservazione e controllo, anche in collaborazione con i distretti sanitari, il Club alcolisti in trattamento e gli Alcolisti anonimi. Un percorso difficile e importante, per la prevenzione soprattutto. La prevenzione viene vista troppe volte solo come un fiore all’occhiello della sanità, non come una cosa necessaria. Infatti, dopo sei anni, i fondi della 309 sono spariti e non abbiamo più potuto continuare con questo progetto. È un peccato. Stesso discorso per gli interventi informativi nelle scuole. I finanziamenti previsti da questa legge non sono spariti: sono stati dirottarti agli Enti locali, ma senza una finalità specifica».Per il problema della diffusione sempre maggiore di sostanze stupefacenti non riguarda solo il mondo del lavoro. Un’altalena tra eccitazione estrema e voglia di stare calmi. Sostanze illegali contro psicofarmaci prescritti dal medico, sempre più di largo uso. «Un segno dei tempi - dice la Maisto -; la diffusione del tipo di stupefacente è lo specchio della nostra società. Di giorno, al lavoro, oggi, dobbiamo essere sempre perfetti e capaci. In questo caso rientra l’uso di eccitanti. Poi, esaurito il nostro compito, tornati a casa, abbiamo bisogno del contrario: calma e pace. Di dormire. Ecco allora il ricorso a calmanti e, nei casi peggiori, a sostanze illegali deprimenti come anche l’eroina. Non facciamo più affidamento sulle nostre capacità e risorse fisiche».

 


IL GAZZETTINO (Belluno)

Lettere

Sicurezza sul lavoro

Una necessità vissuta solo come un peso


Gli interventi di questi giorni sulla sicurezza mi inducono ancora una volta ad intervenire, perché a differenza di quel imprenditore (spero vivamente sia l’unico) che imputa all’alcol e alla droga la responsabilità degli incidenti sui posti di lavoro, io penso invece che la vita e l’integrità dei lavoratori devono essere messi al centro della responsabilità comune di strutture amministrative, imprese e lavoratori.
La fine dell’anno 2007 è stata triste per la tragedia della Tyssen Krupp, lugubre suggello ad un anno nero in cui i morti sul lavoro si sono contati a centinaia, anche se, a ben osservare, non è mancato l’impegno su questo terreno. Più volte ne ha parlato il Presidente della Repubblica, il Parlamento ne ha dibattuto per deliberare, a più livelli è continuato l’impegno per l’applicazione delle leggi, anche la Cisl di Belluno ha prodotto durante l’anno documenti frutto di sessioni di studio sull’argomento. Ma se tutto questo non è servito per migliorare la situazione, vuol dire che non è tutto questo che da solo può portare alla risoluzione di un problema che ha evidentemente carattere strutturale. Sono convinto che c’è qualcosa che non va nella mentalità con cui il problema della sicurezza viene vissuto, a partire dai luoghi di lavoro; una mentalità poco portata all’assunzione di responsabilità secondo i diversi livelli che si occupano nella gerarchia aziendale. La sicurezza è diventata qualcosa come le tasse, un onere da sopportare, pesante e burocratico, al quale se è possibile si sfugge per trovare soluzioni meno costose. Così la burocratizzazione del problema della sicurezza si somma ad un apparato amministrativo del tutto insufficiente a svolgere quei compiti di vigilanza che dovrebbero essere esercitati in una miriade di posti di lavoro. E il risultato che si ottiene è che l’Italia del XXI secolo è un posto pericoloso per chi lavora, ma la colpa non si sa bene di chi sia. Per uscire da questo circolo vizioso c’è solo una strada e si chiama assunzione di responsabilità da parte di ciascuno, a partire dai luoghi di lavoro. Luoghi che devono poter essere controllati in modo non superficiale dai soggetti pubblici preposti, che devono essere curati da chi amministra l’Azienda facendosi carico di tutti gli aspetti della sicurezza e dove i lavoratori devono dire (ma soprattutto poter dire) la loro in maniera costruttiva, non per spirito di contestazione ma per il fatto di essere i primi interessati ed anche i primi a conoscere i problemi che emergono. E tutti devono concepire la vigilanza come una responsabilità comune, non come qualcosa che compete prima agli altri che a stessi. La Cisl si sente mobilitata su questo terreno, ma purtroppo riscontriamo che non sempre da parte delle imprese c’è la sensibilità necessaria ad impostare la questione su basi nuove. La concezione proprietaria dell’azienda finisce sempre per non valorizzare il ruolo prezioso che i lavoratori, a cominciare da quelli più esperti, possono avere soprattutto per la vigilanza e la prevenzione delle situazioni pericolose. Mentre sarebbe ora che tra lavoratori e azienda ci potesse essere un dialogo costante e senza pregiudizi, non limitato alla corretta applicazione delle leggi (anche se è una premessa indiscutibile) ma esteso alla assunzione comune della responsabilità, dei lavoratori verso l’impresa e dell’impresa verso i lavoratori, sapendo che in queste situazioni sono le persone che lavorano a correre i maggiori rischi sulla propria pelle. La sicurezza nei luoghi di lavoro è una grande questione nazionale e se è giusto rendere omaggio in modo solenne, come avvenuto in questi anni, agli italiani caduti in missioni di pace nel mondo, è altrettanto giusto onorare, a cominciare dalla cura delle famiglie, gli italiani e gli immigrati che cadono in Italia per guadagnarsi il pane. La Cisl pensa sia giunto il momento di istituire una giornata nazionale per la sicurezza sul lavoro, come occasione per rilanciare costantemente l’impegno su questo terreno. Tralasciando definitivamente opinioni inaccettabili che riguardano invece problemi di una società che non sa rispondere alle esigenze individuali e familiari che spesso portano all’abuso di alcol e all’assunzione di droghe. (*)

Primo Torresin

Segretario provinciale Cisl

 

(*) Nota: diversi anni fa mi capitò di parlare al telefono con una responsabile di una sede del “Telefono Rosa”. Le parlai dei Club degli alcolisti in trattamento, e dell’importanza di costruire una collaborazione insieme tra le due associazioni, nell’interesse delle tante donne che soffrivano per problemi alcol correlati.

Questa gentile signora mi espresse la sua massima disponibilità, perché reputava molto importante affrontare il problema delle donne disperate a causa del bere di figli, compagni e mariti.

Benissimo, dissi io, a queste vanno aggiunte anche tutte quelle donne disperate a causa del proprio bere.

A questo punto la gentile signora diventò meno cortese, cambiò tono, per affermare severamente che i problemi alcol correlati delle donne in Italia sono colpa degli uomini che bevono.

Cercai di spiegarmi meglio, ma la signora interruppe offesa la comunicazione.

 

A chi volesse approfondire il problema alcol e lavoro, suggerisco una visita ai due seguenti link:

http://www.veneto.dronet.org/avanzate/veneto/sospsico/upload/art072.pdf , http://www.ausl.mo.it/DSP/Attialcollavoro/Rapporto_alcol_lavoro.pdf 

 


IL GAZZETTINO

Indagine della Regione Veneto sugli stili di vita: tanti difetti, ma anche virtù. Le donne beriche le più magre, i maschi del Polesine i più grassi 

Siamo così: fumatori, pigri e mangiamo male 

Nel Bellunese record di suicidi. Il 5\% degli intervistati ha ammesso di aver guidato più volte alticcio. "Palestrato" il 15\% degli uomini

Venezia


Le Vicentine sono le più magre, Padovani e Veronesi fumano oltre misura, i maschi rodigini sono sovrappeso. La nostra salute è legata a molte variabili, tra queste gli stili di vita rappresentano uno degli aspetti che maggiormente influenzano l’insorgere di patologie anche gravi. Il Veneto, con i sui 4 milioni e mezzo di abitanti, è davvero un’area a macchia di leopardo: se i Padovani fumano più della media, gli abitanti di Rovigo e Vicenza sono i più pigri. Lo studio che inquadra le abitudini dei Veneti è stato condotto dal Sistema Epidemiologico regionale di cui è direttore il dottor Paolo Spolaore. Si comincia dal fumo, il vizio che è causa di gravissime patologie tumorali e cardiovascolari: il 33 per cento dei maschi intervistati ha dichiarato di essere un ex fumatore, percentuale doppia delle donne (16\%). Padova per gli uomini (32 per cento) e Verona per le donne (25\%) sono le province con la più elevata percentuale di fumatori attivi.

Per quanto riguarda invece il consumo di alcolici, una donna su tre riferisce di essere astemia, percentuale che scende al 13\% per gli uomini. Un altro dato preoccupante riguarda invece l’abuso di bevande alcoliche: il 5\% degli intervistati ha ammesso di essersi messo alla guida uno o più volte un po’ alticcio.

Altro aspetto è quello relativo alla corretta alimentazione. Le buone norme indicherebbero l’assunzione di almeno 5 porzioni di frutta o verdura durante la giornata: solo il 9\% dei maschi segue queste raccomandazioni, percentuale doppia per le donne. L’area dove si cura maggiormente la dieta è il Bellunese: le donne "mangiano sano" il doppio dei maschi.

Altro punto "nero" dei veneti è rappresentato dall’attività fisica. L’Oms raccomanda 30 minuti di attività moderata almeno 5 giorni la settimana, oppure 20 minuti di attività intensa 3 o più volte la settimana. Quando si tratta di muoversi i maschi sono più rigorosi delle donne (15\% rispetto all’8): vanno in palestra e fanno ginnastica autonomamente. A differenza di quanto si possa credere, sono gli anziani a dedicare più attenzione alla propria forma e a muoversi maggiormente. Il veneto "sedentario-tipo" è: donna, fumatrice, sovrappeso, con una dieta scorretta e un titolo di studio basso. Tra le città più sedentarie, Rovigo e Vicenza. Poco movimento, niente frutta e verdura ed inevitabilmente il peso aumenta: la metà dei maschi veneti è sovrappeso, mentre lo è una donna su tre. Rovigo è la provincia dove i maschi sono più "grassottelli" (sovrappeso il 60\%), Vicenza quella dove le donne sono più magre (70\%). Per quanto riguarda poi lo stato di salute percepita (cioè come ci si sente), più del 30\% degli uomini e il 45 delle donne hanno dichiarato di sentirsi molto spesso male fisicamente o psicologicamente. Lo stato di salute generale è stato in ogni caso giudicato buono o eccellente da 4 uomini su 10 e complessivamente accettabile dal 90\% degli intervistati. Un dato su tutti crea allarme: un quarto della popolazione è ipertesa, una percentuale analoga ha il colesterolo alto. Se si lega questo aspetto all’abitudine a bere e al fumare, oltre che alla sedentarietà, è facile vedere quanto siano destinati a crescere i fattori di rischio. Non ultimo l’uso delle cinture di sicurezza in auto: il 96\% dei maschi e il 98\% delle donne le usano regolarmente. Ma non quando salgono nel sedile posteriore: allora se e ricorda solo un terzo. Percentuale davvero bassa rispetto alla media europea. Anche nell’ambito della salute ci sono macroscopiche differenze tra comune e comune. I tumori, ad esempio, provocano più vittime a Belluno e Venezia e limitatamente ai maschi nel Rodigino. Belluno è anche in testa per le malattie dell’apparato respiratorio e per i suicidi. Treviso ha una elevata incidenza del morbo di Alzheimer.

Daniela Boresi

 


IL GAZZETTINO (Padova)

Un liceo che aspetta…


Un liceo che aspetta di trovare una sua essenza stabile da 18 anni, decine di anziani che giocano il triste ruolo di precari della vita, il proliferare di muri, cancelli, recinzioni per tentare, invano, di assicurare un minimo di sicurezza alla gente, migliaia di giovani e di adolescenti che trovano uno dei punti centrali della loro vita nell’assumere a nastro spritz superalcolici magari miscelandoli con altre sostanze dopanti, mentre gli operatori sociosanitari dei Sert provinciali lanciano, inascoltati, l’allarmante messaggio del ritorno prepotente dell’eroina, che non viene più solo iniettata, ma sniffata e fumata, mentre si abbassa sempre più l’età dei clienti dei Servizi, giunta ora alla fascia tra i dodici ei quattordici anni e il discorso potrebbe continuare.

Ecco, questi, se riflettiamo bene, sono gli aspetti per cui Padova e la sua provincia sono oggi conosciuti dall’opinione pubblica nazionale e anche straniera, come dimostrano le recenti cronache dei massmedia. Certo, a scanso di essere accusato di un facile qualunquismo, Padova non è solo questa: c’è anche una città onesta, che fa il suo dovere ogni giorno, ci sono anche dei politici (pochi, purtroppo) che concepiscono la loro attività come un dovere civico e non una passerella dove sfilare ogni giorno come dei manichini, in nome di una presunta visibilità (eufemismo che nasconde in verità una sete inestinguibile di potere). Sta di fatto, però, che i mali sociali sopra citati appaiono ormai come un cancro inguaribile, che si trascina stancamente e che assomiglia ad una nave impantanata in una palude o nelle sabbie mobili.

Guardiamo, infatti, qual è l’atteggiamento delle nostre guide, cioè dei partiti politici che gestiscono il potere: un vuoto pneumatico assoluto, o meglio tonnellate e oceani di discorsi e di parole inutili. Prendiamo il caso del Marchesi: i giovani che diciotto anni fa si sono iscritti al liceo oggi hanno superato la trentina e quelli che allora frequentavano la terza liceo, oggi potrebbero essere i padri degli studenti che si iscrivono alla quarta ginnasio. Bene, o meglio male, perché siamo arrivati al punto di contrapporre la costruzione di una scuola nuova in un’unica sede (attualmente il Marchesi è frazionato in cinque sedi!) che assicuri la funzionalità dell’educazione al d

Lunedì, 04 Febbraio 2008
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