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Consiglio di Stato 01/02/2008

Responsabilità della PA e danno biologico ed esistenziale

Consiglio di Stato , sez. IV, decisione 27.12.2007 n° 6687
Il danno biologico richiede, per la sua risarcibilità, un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione, che è escluso in presenza di una condotta del dipendente contraria alle disposizioni di servizio.

Con tale pronuncia, il Consiglio di Stato torna ad occuparsi del tema della responsabilità della Pubblica Amministrazione e, in particolare, dei presupposti per l’ammissibilità del risarcimento del danno biologico ed esistenziale ad opera della parte pubblica.

Nel caso di specie, un agente della Guardia di Finanza lamenta di aver subito un infortunio nel corso di un’esercitazione militare di tiro, alla quale aveva partecipato in qualità di addetto a funzioni di vedetta. Egli riferisce, in particolare, che durante l’esercitazione, una persona, ignara delle operazioni in corso, si era diretta verso l’area di tiro e tale circostanza aveva reso necessario un suo immediato intervento per allontanare lo sprovveduto passante dall’area di tiro. A seguito di tale intervento, improvviso e repentino, l’esponente aveva riportato un danno biologico e ne chiedeva il risarcimento all’Amministrazione.

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso proposto dall’Amministrazione avverso la sentenza di primo grado, con la quale il giudice di prime cure aveva accolto la domanda risarcitoria del ricorrente, ravvisando nell’operato dell’Amministrazione la violazione di regole cautelari di prudenza e perizia.

Nell’occasione, il Collegio rileva che il dipendente non solo ha agito al di fuori delle proprie mansioni, che consistevano nella segnalazione al direttore dell’esercitazione di eventuali violazioni del divieto di superamento del limite del poligono ma ha, altresì, violato le disposizioni di servizio, che non gli consentivano di allontanarsi, durante le operazioni di tiro, dalla postazione assegnata. Tale circostanza espone, secondo il Collegio, il dipendente alle relative conseguenze dannose, le quali non possono essere addebitate all’Amministrazione, che, al contrario, ha posto in essere tutti gli accorgimenti richiesti dalla normativa in materia di sicurezza nelle esercitazioni militari.

La mancanza del presupposto del colpa nell’operato dell’Amministrazione esclude, pertanto, ad avviso del Consiglio di Stato, la risarcibilità del danno biologico lamentato dal dipendente.

La pronuncia in esame si segnala, inoltre, per una compiuta puntualizzazione dei presupposti di risarcibilità del danno esistenziale.

A tal proposito, il Collegio, dopo aver precisato che tale figura di danno attiene ai riflessi negativi della violazione di un diritto della personalità, ribadisce che la sua risarcibilità postula sia la dimostrazione in giudizio, anche in via presuntiva, a cura del danneggiato, dell’esistenza di tale danno sia l’accertamento positivo, da parte del giudice, di una condotta illecita dell’Amministrazione. Si tratta di un principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa e ordinaria, la quale, in più occasioni, al fine di scongiurare un’eccessiva proliferazione delle istanze risarcitorie, ha precisato che il danneggiato è tenuto a provare, l’an e il quantum di tale voce di danno. L’onere probatorio può, tuttavia, essere alleggerito, nel primo caso attraverso il ricorso alle presunzioni e, nel secondo, mediante l’impiego di criteri equitativi.

Nessuno di tali presupposti risulta sussistente nel caso di specie, in cui, il Consiglio di Stato rileva l’assenza di una condotta illecita dell’Amministrazione e la mancata dimostrazione del danno a cura del dipendente.


(Altalex, 31 gennaio 2008. Nota di Cristina Ravera)


Consiglio di Stato

Sezione IV
Decisione 27 dicembre 2007, n. 6687
Responsabilità della Pubblica Amministrazione – danno biologico – colpa della P.A. –
violazione di disposizione di servizio – insussistenza
[art. 2087 c.c.]

Il danno c.d. biologico (o danno all’integrità fisica e psichica, coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.) richiede, per la sua risarcibilità, che esso sia riconducibile ad un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione.
Se il dipendente viola disposizioni di servizio non vi è colpa della P.A.. (1) (2) (3) (4)
(1) In materia di mobbing, si veda il relativo Focus: Mobbing: le ultime evoluzioni giurisprudenziali.
(2) In materia penale di responsabilità del datore per lesioni gravi al dipendente, si veda Cassazione penale 16422/2007.
(3) Sul tema dello stress da lavoro ed incidente stradale, si veda Cassazione civile 13309/2007.
(4) In materia di cenestesi lavorativa e danno biologico, si veda Cassazione civile 14840/2007.

(Fonte: Altalex Massimario 1/2008. Cfr. notadi Cristina Ravera)


Massima e sentenza

Consiglio di Stato
Sezione IV
Decisione 27 dicembre 2007, n. 6687

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 7406/2004, proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ex lege, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro A. F., rappresentato e difeso … omissis …
per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Salerno – Sez. VI – n. 5669/2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione con appello incidentale di A. F.; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 16 ottobre 2007, il Consigliere Bruno Mollica;
Uditi, altresì, l’Avvocato dello Stato Gianna Maria de Socio e l’avv. G. su delega dell’avv. Sergio G. ;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO E DIRITTO

1.- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze impugna la sentenza di T.A.R. specificata in epigrafe, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da A. F., agente della Guardia di finanza, inteso ad ottenere il risarcimento del danno biologico conseguente ad infortunio occorso in occasione di un’esercitazione militare in data 17 marzo 1998.
Il signor A. resiste al ricorso con articolata memoria difensiva; propone altresì appello incidentale avverso il capo di sentenza che denega il riconoscimento del danno esistenziale nonchè avverso la liquidazione delle spese di giudizio nella misura di mille euro.
2.-La sentenza di prime cure, precisato che l’incidente è avvenuto nel corso di una esercitazione di tiro presso il poligono di Campolongo, in relazione alla quale erano stati assegnati all’interessato i compiti di “vedetta”, assume che l’Amministrazione militare, nell’esecuzione degli obblighi contrattuali di salvaguardia della incolumità fisica del dipendente, venne meno ai doveri della diligenza contrattuale ordinaria. Secondo il primo giudice, sarebbero almeno tre le violazioni colpose delle norme cautelari, delle quali due atterrerebbero a violazione di regole di prudenza ed una a violazione di regole riconducibili a contenuti di perizia. Ed invero: a) il ricorrente A. ed il commilitone M. avrebbero svolto il servizio assegnato in assenza di adeguate protezioni al torace e al viso; b) l’Amministrazione avrebbe disposto lo svolgimento delle operazioni di tiro pur in presenza di un forte vento e, soprattutto, rinunciando al servizio di vigilanza della motovedetta d’appoggio, la cui presenza nello specchio di mare antistante la zona interessata avrebbe consentito di individuare in anticipo la persona che “si stava pericolosamente dirigendo verso l’area di tiro”; c) l’area di tiro non sarebbe stata esattamente individuata né sarebbe stata esattamente calcolata la portata effettiva delle armi utilizzate.
3.-Ciò premesso, e posto che il danno c.d. biologico (o danno all’integrità fisica e psichica, coperto dalla garanzia dell’art. 32 Cost.) richiede comunque, per la sua risarcibilità, che esso sia riconducibile ad un comportamento colposo della Pubblica Amministrazione ex art. 2087 Cod. civ. (cfr. Cass. nn. 9856/2002, 3162/2002, 13887/2004), occorre verificare, per quanto rileva in questa sede, la configurabilità o meno di tale elemento nella fattispecie che ne occupa. Lo scrutinio conduce a conclusioni difformi rispetto a quelle cui è pervenuto il Tribunale amministrativo regionale.
3.1.-Va osservato, in primo luogo, che le misure di sicurezza e le regole di condotta per l’Amministrazione militare risultano analiticamente fissate dall’apposito regolamento approvato dal Comando Reggimento “Cavalleggeri e Guide” dell’Esercito Italiano; le prescrizioni di tale regolamento non sono state oggetto di contestazione alcuna (l’atto è rimasto inoppugnato in prime cure né è stato censurato con appello incidentale): ne consegue che la verifica per cui è causa può solo concernere l’eventuale difformità dell’operato dell’Amministrazione dalle prescrizioni stesse, fermo restando il limite di comportamenti abnormi, in linea generale, direttamente incidenti sul profilo delle condizioni di sicurezza, nella specie peraltro non ravvisabili.
3.2.- Non rientra in tale quadro l’omissione di “adeguate protezioni al torace ed al viso”, quale regola di comune prudenza in considerazione del tipo di operazioni.
Va ricordato in proposito che l’agente A. era stato addetto a funzioni di vedetta – e cioè, a meri compiti di vigilanza sull’accesso all’area di tiro e di segnalazione al direttore di esercitazione, tramite collegamento radio, delle eventuali violazioni al divieto di superamento del limite del poligono – e che la postazione assegnata si trovava sulla linea di sicurezza prescritta per il poligono di Campolongo (cfr. cartografie allegate al regolamento, all. D ed E), non risultando in atti elementi che possano orientare per l’effettiva attribuzione di una postazione diversa (e cioè, a distanza inferiore dalla linea di tiro) da quelle previste dalle cartografie relative al poligono di cui trattasi (la stessa distanza di mt. 336, citata dall’appellato, per quanto possa rilevare, è riferita alla chiazza di sostanza ematica, e non ad altro).
Da ciò l’inconsistenza, anche, dell’assunto della non esatta individuazione dell’area di tiro e del non esatto calcolo della portata effettiva delle armi utilizzate, che la sentenza ritiene desumibile non da elementi concreti ma “in considerazione di quanto accadde”.

Dai compiti assegnati alle vedette e dalla rilevata collocazione delle postazioni discende la non necessarietà delle “protezioni” indicate, dovendo escludersi la diretta partecipazione alle operazioni di tiro e l’applicabilità al personale di vedetta, in quanto non impiegato nelle esercitazioni di tiro, delle prescrizioni di cui alla pubblicazione n. 5939/1991 in ordine al casco protettivo, la cui obbligatoria utilizzazione non può farsi inoltre derivare, ex se, dalla asserita circostanza che le vedette indosserebbero tute da combattimento.
3.3.-Quanto al “forte vento” presente nella zona, appare semplicistico, avuto riguardo alla esistenza di ovvie esigenze addestrative in qualunque situazione climatica, ricollegare a siffatta condizione atmosferica (rectius, ad una pretesa condotta contraria ad una regola di prudenza che avrebbe dovuto sconsigliare le operazioni di tiro) il verificarsi dell’incidente occorso all’agente A. ; ne può fondatamente sostenersi che la rinuncia al servizio della motovedetta d’appoggio abbia concorso al verificarsi dall’evento: basti por mente alla circostanza che la funzione della vedetta a mare è quella di assicurare lo sgombero dei natanti nel tratto di mare prospiciente il poligono (all. G al regolamento), e non già quella di evitare intrusioni da terra (come avvenuto nella specie).
4.-In realtà, è la stessa sentenza impugnata ad ammettere, condivisibilmente, che la verificazione dell’incidente è “verosimilmente da ascrivere” alla circostanza della presenza di una “persona che, ovviamente ignara delle operazioni in corso, si stava pericolosamente dirigendo verso l’area di tiro e che costrinse i due agenti ad andargli incontro, inducendoli al movimento repentino (ed improvviso)”.
Solo che la sentenza ritiene “doveroso” tale movimento, richiamando la deposizione del finanziere M. : il che non trova conforto nelle prescrizioni regolamentari che assegnano alla vedetta il mero compito di “segnalazione” mediante opportuno mezzo di collegamento (nella specie, radiotelefono) alla direzione di esercitazione delle eventuali inosservanze al divieto di transito (cfr. punto 2, lett. a), ai fini della immediata sospensione delle operazioni, e non già quello dell’intervento diretto per l’allontanamento dell’intruso.
In altri termini, il pur – per altri versi – apprezzabile intento di evitare pregiudizio all’incolumità fisica della persona presente nell’area di tiro (“i militari si portavano celermente verso tale persona”, espone la relazione di servizio in data 20.4.1998) si pone in violazione di una precisa disposizione di servizio, che non consentiva alla “vedetta” di allontanarsi dalla postazione assegnata durante le operazioni di tiro, con ciò, determinando un comportamento censurabile del militare, le cui conseguenze non possono fare carico all’Amministrazione che, per converso, ha posto in essere tutti gli accorgimenti richiesti dalla disciplina normativa in tema di sicurezza nel poligono di tiro, sì che non può ad essa addebitarsi una condotta colposa o dolosa causativa dell’evento.
E’ ben vero che l’agente A. singolarmente afferma di non essere a conoscenza delle disposizioni di servizio; ma risulta dagli atti versati in causa che il ten. C. aveva provveduto ad illustrare i compiti demandati ai due militari di vedetta, a specificare l’esatta posizione di servizio e ad inviarli alla postazione assegnata, a consegnare agli stessi le bandiere e l’apparato radio portatile necessari per gli adempimenti da espletare. E che ciò sia avvenuto nel giorno stesso delle operazioni e non in quello precedente non appare di alcun rilievo ove si consideri la mera finalità di previa informazione della disposizione regolamentare di cui l’appellato assume la violazione.
5.- In conclusione, l’appello principale proposto dall’Amministrazione appare fondato e deve essere accolto.
6.- Con l’appello incidentale il signor A. censura la sentenza di primo grado, in primo luogo, nella parte in cui rigetta la domanda di riconoscimento del diritto alla liquidazione del danno esistenziale.
Posto che tale specie di danno inerisce, nella sua più comune accezione, ai riflessi esistenziali negativi che ogni violazione di un diritto della personalità produce, non può comunque prescindersi, nella verifica in ordine alla ricorrenza dei presupposti di risarcibilità, dalla dimostrazione in giudizio dell’esistenza del danno medesimo e della condotta illecita dell’Amministrazione: nella specie, quest’ultima resta esclusa dalle considerazioni in precedenza esposte, mentre la configurabilità del danno – pur nella ritenuta ammissibilità della prova per presunzioni – è preclusa dalle non probanti allegazioni di parte.
7.- Quanto all’impugnativa incidentale concernente le spese di giudizio, liquidate dal primo giudice in euro mille, va solo ricordato che la decisione in ordine alle dette spese è sindacabile nelle limitate ipotesi di evidente illogicità o erroneità del giudizio compiuto dal giudice di primo grado. Comunque, a seguito dell’accoglimento dell’appello principale, non vi è soccombenza dell’Amministrazione.
8.- L’appello incidentale proposto dal signor A. va pertanto respinto.
9.- Le spese di giudizio del doppio grado possono essere compensate in ragione delle peculiari condizioni soggettive della parte privata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), accoglie il ricorso
principale; respinge il ricorso incidentale.

Compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Depositata in Segreteria Il 27/12/2007.

Da Altalex.com

© asaps.it
Venerdì, 01 Febbraio 2008
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