Nella foto Ansa, i
nomadi protestano pochi minuti prima dello sgombero forzato da parte della
Polizia
(ASAPS) ROMA, 2 novembre 2007 –Giovanna Reggiani, la donna
aggredita a Roma da un nomade, seviziata e poi gettata in un fosso, è morta alle
19.34 di ieri (1 novembre): dopo che la morte cerebrale è stata dichiarata, i
medici hanno ottenuto l’autorizzazione a staccare il respiratore automatico.
Pochi minuti dopo, le accuse per Romulus Nicolae Mailat, il romeno di 24 anni
fermato dagli agenti del commissariato Ponte Milvio, si sono tramutate in
omicidio volontario, con le aggravanti, tra l’altro, della crudeltà. Lui nega
ogni addebito, come confermato da un senatore di Rifondazione Comunista che è
andato a trovarlo in carcere, ma gli indizi sembrano inchiodarlo alle proprie
responsabilità. Il procuratore aggiunto di Roma, Italo Ormanni, ed il sostituto,
Maria Bice Barborini, che hanno assunto la direzione delle indagini, andranno
all’udienza di convalida del fermo con molte certezze. In primis, le condizioni
della sfortunata Giovanna, che si è difesa con tutte le forze dal suo
aggressore, ma c’è anche la testimonianza chiave di una donna del campo, che ha
fermato un autobus dell’Atac per dare l’allarme: è lei che ha visto Mailat
portare sulle spalle il corpo morente della Reggiani, ed è lei che è stata
sottratta alla vendetta dei suoi connazionali e che ora viene tenuta sotto
protezione. Quando l’equipaggio della Volante ha fatto irruzione nella tenda
del presunto assassino, questo aveva ancora il volto sanguinante e la schiena
graffiata. Ubriaco fradicio, ha detto di aver rubato una borsa alla stazione, e
continua a dirsi innocente. Lo stesso poliziotto che lo ha arrestato, poco
prima aveva soccorso la vittima, trovata coi pantaloni abbassati, gettata in un
fosso come un animale. L’episodio, di una cruenza inusitata, ha scosso l’intero
paese alzando una nuova cortina con i Rom, e sembra destinato ad un lungo
strascico. In passato, molti giri di vite italiani sono stati adottati quando
la misura – già dichiarata colma – aveva passato ogni limite. Pare proprio che
ci siamo. Ne sa qualcosa Giovanni Gumiero, marito della vittima e capitano di
vascello della Marina Militare. Il campo nomadi, abusivo, è stato subito
sgomberato, insieme a molti altri sorti come funghi attorno alla capitale. (ASAPS) |
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