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Articoli 23/08/2007

Quando non esiste più l’originale




foto Blaco

Con una sentenza decisamente al passo coi tempi (sezione prima, 18.9.2006, n. 20117) la Corte di Cassazione ha riconosciuto che ormai la nozione di "originale" di un documento (nel caso, un verbale di infrazione stradale) comincia ad essere qualcosa di incerto. Anzi, di decisamente improbabile. Con tutte le conseguenze del caso, ossia emissione ed esistenza di copie, necessità di attestazione di conformità (all’originale), eccetera. Ma andiamo con ordine. Il Giudice di Pace di Pesaro, con sentenza del 7 agosto 2001, accogliendo l’opposizione proposta dal contravvenuto avverso un verbale della polizia stradale, lo annullava ai sensi del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, art. 6, comma 3, in quanto esso non conteneva la dichiarazione di conformità al documento informatico. La Prefettura di Pesaro proponeva ricorso per Cassazione lamentando che erroneamente era stata dichiarata la nullità dell’atto, posto che la notifica dello stesso, anche se non effettuata con una copia dichiarata conforme all’originale, aveva comunque raggiunto lo scopo di porre l’interessato in grado di difendersi, e considerato altresì che, ai sensi del citato art. 6 quater, negli atti amministrativi emessi mediante sistemi informatici (quale quello in questione) era sufficiente per la loro validità la mera indicazione a stampa del soggetto responsabile. La Corte esaminava e condivideva questo secondo motivo di gravame ritenendolo assorbente. Faceva presente che, da un lato, il D.P.R. n. 513 del 1997, art. 6, comma 3, disciplina "le copie su supporto informatico di documenti formati in origine su supporto cartaceo o, comunque, non informatico", per cui non era applicabile alla fattispecie, e che, d’altro canto, non solo il D.L. n. 6 del 1991, art. 6 quater, dispone che, quando l’emanazione di atti amministrativi da parte degli enti locali avviene mediante sistemi informatici, l’apposizione di firma autografa prevista per la validità dell’atto "è sostituita dalla indicazione a stampa, sul documento redatto dal sistema automatizzato, de nominativo del soggetto responsabile", ma in tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, nel caso di contestazione non immediata della violazione, il D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 385 (reg. att. esec. C.d.S.) stabilisce, al comma 3, che il verbale redatto dall’organo accertatore rimane agli atti dell’ufficio o comando, mentre ai soggetti ai quali devono essere notificati gli estremi viene inviato uno degli originali o copia autenticata a cura del responsabile dello stesso ufficio o comando, e che, quando il verbale è stato redatto con sistema meccanizzato o di elaborazione dati, viene notificato con il modulo prestampato recante l’intestazione dell’ufficio (o del comando). Ne consegue, argomentava la Corte, che il modulo prestampato notificato al trasgressore, pur recando unicamente l’intestazione dell’ufficio o comando cui appartiene il verbalizzante, è parificato per legge in tutto e per tutto al secondo originale o alla copia autentica del verbale ed è, al pari di questi, assistito da fede privilegiata.Non occorre quindi alcuna attestazione di conformità al documento informatico.A commento della sentenza, occorre evidenziare in particolare la lettera della legge citata dalla Suprema Corte, ove si richiama specificamente il dettato: "uno degli originali". Ed infatti, oggi, con la videoscrittura al computer, ciò che costituisce realmente l’originale del documento è la memoria, ossia qualcosa di immateriale (d’altronde, stiamo parlando di intelligenze artificiali), che può essere replicato su supporto cartaceo all’infinito, in tanti esemplari ognuno uguale all’altro, senza che ve ne sia uno, primario (appunto, "originale") distinguibile dall’altro (e come tale fotocopiabile e/o identificabile come copia). In altre parole, l’"origine" del documento non si individua più nella prima stesura materiale su carta, ove, altrettanto materialmente, il redattore appone la propria sottoscrizione ad attestare che si tratta dell’avvenuta formazione di un documento nuovo. Al contrario si individua nel dato memorizzato, in sé non materialmente apprensibile. Occorre comunque fare attenzione. Il documento esistente solo al computer allo stadio di nuda memoria, sappiamo, può essere modificato, per cui occorre comunque estrarre una traccia della sua formazione, e ciò può avvenire solo con la trasposizione del suo contenuto su carta. Ossia, con la fissazione della sua formazione e perfetta esistenza. La stampa del documento (anche la prima stampa, in quanto, come abbiamo detto, si tratta di stampe tutte uguali, non diversamente connotabili l’una rispetto all’altra), quindi, conserva una sua funzione sul piano probatorio. Ossia, ogni stampa, dalla prima in poi, assicura che il documento è esistente in memoria (e si potrebbe dire, in "originale") in quei termini e con quel contenuto. Non esiste più, invece, l’originale sostanziale del documento, quello formato a mano o con la macchina da scrivere a tasto, con tanto di firma autografa, che costituiva un primum e un unicum irripetibile, del quale si potevano solo trarre delle riproduzioni aventi natura e funzione di copie.

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foto Blaco

Questo, probabilmente, costituisce il futuro generalizzato di tutta l’attività di documentazione (amministrativa, giudiziaria, forse anche privata), la quale obbedirà sempre più a un’esigenza di minimizzazione degli sprechi (di carta) e di razionalizzazione degli spazi, con ricorso ad archivi informatici (ove, magari, verranno inseriti i documenti scannerizzati, quindi così "fissati" nella storia, come avveniva e tutt’ora avviene per i documenti microfilmati) e stampa solo in casi limitati e all’occorrenza. Ma questa è anche una storia già vecchia e risaputa, e se ne parlò, ad esempio, quando uscì la famosa (e discussa) legge 5 ottobre 2001, n. 367 (avente ad oggetto la "Ratifica ed esecuzione dell’accordo fra Italia e Svizzera che completa la Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l’applicazione, nonché conseguenti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale"), con la quale si stabilì che per le rogatorie (in questo caso, fra Italia e Svizzera) occorre l’invio di copie o fotocopie munite del visto di conformità, e non più di copie semplici, come sempre era avvenuto (introducendo così, fra l’altro, il rischio di "sgonfiare" e nullificare tutte le rogatorie che già erano in atto e i relativi procedimenti). Allora, in un convegno su "La trasparenza dell’economia" svolto a Genova il 21 novembre 2001, il procuratore generale del Cantone di Ginevra Bernard Bertossa (uno che se ne intendeva) affermò che queste nuove disposizioni avrebbero reso sempre più difficile la collaborazione fra giudici di diversi paesi. Fece infatti notare in quell’occasione Bertossa che l’obbligo di invio di copie autenticate o di documenti originali "fa pensare che al legislatore italiano non piacciano soprattutto i documenti bancari: da anni infatti nelle banche non esistono gli originali, essendo tutto registrato su computer, per cui ora, con la nuova legge, si dovranno inviare alle autorità italiane documenti che di fatto non esistono". Quindi, per i verbali di infrazione stradale (lo ha detto la Cassazione in quanto lo prevede una legge dello Stato) gli originali cartacei non esistono più, con la conseguenza che non si può più parlare di copie autenticate o di copie con visto di conformità. Per i documenti bancari che riguardano affari di denaro condotti fra Italia e Svizzera, un’altra legge dello Stato, un po’ cavillando, ha invece stabilito che gli originali continueranno sempre ad esistere, anche se di fatto ormai non è più vero. Eppure tutto, verbali e atti bancari, viene formato a computer allo stesso modo. Mah….

* Gip presso il Tribunale di Forlì  
© asaps.it

di Michele Leoni*

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Giovedì, 23 Agosto 2007
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