ROMA - “Truccare” è
un verbo comune, ed è usato solitamente per indicare la cosmesi femminile. Ma
la voce ha da sempre un doppio significato, che riporta al gergo motoristico,
quando del propulsore “si modificano impianti o parti di esso, abusivamente o
con autorizzazione dell’autorità competente, per aumentarne il rendimento,
specialmente in gare sportive”. Il dizionario De Agostini, che abbiamo
consultato, recita più o meno così. Dunque, “abusivamente”. Si vede che la
Cassazione è ben informata, e con la sentenza n. 6885, emessa il 22 marzo
scorso dalla sua Seconda Sezione Civile, ha sancito che “…se un figlio
minorenne modifica le caratteristiche del proprio motorino per ottenerne una
maggiore velocità, la responsabilità è sempre del genitore”. Ma qual è
l’antefatto? Ad un papà di Padova la Polizia Municipale notifica un
provvedimento di confisca del ciclomotore del figlio, ovviamente minorenne,
pizzicato in sella ad un piccolo mostro monomarcia. Si tratta di uno scooter,
un normalissimo ciclomotore spinto da un motore di 48cc, al quale il giovanotto
- desideroso di aumentarne le prestazioni - aveva eseguito alcune modifiche
strutturali tali da fargli superare agevolmente i 45 km/h stabiliti dal codice.
Pochini, in effetti, ma là sopra c’è un ragazzino - magari col casco jet sulle
“sei e mezzo” - e già un impatto a quella ridicola velocità implica il
serio rischio di un esito fatale. Comunque, la Polizia Municipale testa il
motorino sui rulli e procede secondo quanto prescritto dal codice della strada
(articolo 97), confiscandolo e notificando il provvedimento al genitore, il
quale impugna la serie di atti e propone opposizione al giudice di pace di
Cittadella: nella sua memoria difensiva, sostiene di non essere stato
sostanzialmente in grado, per la contingenza dei fatti, di poter vigilare
compiutamente sull’operato del figlio. Lui, il “truccatore”, è di fatto
domiciliato presso i nonni, dopo lo scioglimento del matrimonio dei genitori,
ed essendo il motorino incriminato nella sola ed esclusiva disponibilità
dell’adolescente, non gli è stato possibile accorgersi che la sostituzione di
carburatore, espansione e silenziatore e tutto quello che in più era stato
fatto per aumentare le prestazioni, aveva alterato le caratteristiche
costruttive del veicolo. Il giudice di pace aveva accolto in pieno la tesi
difensiva, ed aveva immediatamente annullato l’ordinanza emessa dal Prefetto
che disponeva la confisca (per la distruzione) dello scooter, che avendo
superato i limiti previsti dall’articolo 52 era di fatto divenuto un motociclo,
andando peraltro soggetto alla disciplina riguardante la patente di guida
(articolo 116) ed età (articolo 115). L’Autorità Amministrativa, sulla scorta
di precedenti pronunciamenti della Suprema Corte ha però deciso di non fermarsi
alle determinazioni del primo grado di giudizio, impugnando a sua volta la
decisione del GDP e depositando una ricca serie di considerazioni in piazza
Cavour, e dopo un’attenta valutazione del caso in esame la Cassazione ha ripristinato
la confisca dello scooter. “…Qualora il fatto sia commesso da minorenne,
questa Corte ha già avuto modo di affermare che la dimostrazione del genitore
di non aver potuto impedire il fatto va fornita attraverso la prova di avere
esercitato la massima vigilanza sul minore e di aver fatto il possibile per
evitare che il medesimo circolasse su strada con un veicolo capace di
sviluppare una velocità superiore a quella consentita e di aver controllato che
il veicolo non venisse a tali fini modificato”. Il che suona più o meno come un
rimprovero al genitore destinatario del provvedimento, che se non è stato in
grado di sapere cosa facesse il figlio - aggiungiamo noi - non ha avuto un
comportamento in linea col suo ruolo di educatore e garante dell’incolumità del
ragazzo. Perché di questo stiamo parlando: del rispetto di una norma che tutela
l’incolumità dell’utente, in questo caso il minore. Ma come si può truccare un
motorino? Come fa un ragazzino di 14 o 15 anni a decidere autonomamente di
“trasformare” un ciclomotore in un piccolo missile? La risposta è semplice.
Abbiamo usato il verbo “trasformare” non a caso: da sempre, infatti, gran parte
dei negozi specializzati forniscono una vasta gamma di “trasformazioni” -
perché è così che si chiamano - in grado di modificare radicalmente ciò che nel
motore termico, sia questo a 2 o 4 tempi, è in grado di aumentare le
prestazioni. Lo si faceva una volta per le Vespe, con kit completi in grado di
trasformare una normale ET50 in vere e proprie 125 da competizione, e persino i
leggerissimi Piaggio Ciao godevano delle attenzioni di molte aziende meccaniche
(alcune notissime ancora oggi) in grado di maggiorare la cilindrata fino a
75cc, con l’aggiunta di carburatori a doppio corpo (21mm anziché 14,12),
pacchi lamellari studiati ad hoc, sostituzione dei giglair e utilizzo di
sistemi di scarico particolari fino al gioco dei rapporti. La difficoltà era la
messa a punto, ma una volta trovato il giro giusto, quei ronzini a pedali
superavano agevolmente i 100 all’ora e finivi col vederli sfrecciare senza
cavalletti e parafanghi, magari coi mattoni sulle forcelle per non farli
impennare di potenza. In quel giro chi cominciava, “finiva” col non smettere
più: partivi truccando le vespine o i motorini a marce, per poi elaborare anche
i 125 e via fino ai 350 ed oltre: molti si sono arricchiti, altri non sono
andati oltre l’adolescenza, ma tutti sempre impegnati a cercare prestazioni
maggiori solo in velocità e nessuno a consigliare che forse era il caso di
mettere magari anche un freno più potente. Impossibile, anche allora, che un
genitore non si accorgesse di ciò che il figlio faceva. Qualcuno ordinava di
smontare, i più severi arrivavano anche a togliere il motorino ai figli, ma la
tolleranza si è sempre dimostrata cattiva consigliera. Oggi, con i nuovi
scooter, è cambiato ben poco: al rivenditore arrivano con i cosiddetti “fermi”,
ma capita spesso che proprio alla consegna - quando si fissa l’appuntamento per
il primo tagliando - venga prospettata ai genitori la possibilità di rimuovere
quei “morsi”, gli unici capaci di tenerli sotto la soglia dei 45 orari.
Ovviamente servirà una firmetta degli esercenti la potestà, per l’esclusione di
responsabilità di chi li ha prima imboniti e poi convinti, magari per attirare
di nuovo il ragazzino a comprare pezzi per aumentare ancora la velocità e così
il “primo” motorino dopo il “primo” tagliando, inaugura un lungo elenco di
molte altre “prime” trasgressioni. Un giro su internet ed il novello utente
della strada sa subito come muoversi; ecco un esempio di cosa si trova su un
forum: “Salve a tutti possiedo uno scooter Scarabeo 50 a 4 tempi elaborato nel
seguente modo: variatore malossi multivar, frizione malossi fly clutch, rulli
malossi 4.8, cinghia ergal blu. Lo scooter accelera ottimamente, passo
tranquillamente gli Zip 4 tempi le Vespe 4 tempi e sopratutto i Liberty… solo
una cosa non mi convince… La velocità prende solo 80 km/h , subitissimo però
secondo voi e normale ? o dovrebbe avere una velocita max + elevata?” Poco dopo
arriva la risposta: “ma guarda ke non hai un’elaborazione pesante… Per capirci
la frizione è solo per le partenze, la cinghia non dà quasi niente di
apprezzabile. L’unico è il variatore... cmq se vuoi + prestazioni c’è la
trasformazione Polini (cilindro + pistone maggiorati) ke porta la cilindrata a
circa 75cc e una potenza massima di 6,5cv. Volendo ci sono anke marmitta
apposta per i 4t”. Abbiamo corretto una serie di strafalcioni grammaticali per
renderlo pubblicabile, ma il gergo pare quello di un paddock della MotoGP.
Dunque, a mettere tutti quei pezzi nuovi, ci vogliono anche soldi e questo la
Cassazione lo sa benissimo. “Il tipo di violazione in discorso - e torniamo
alla sentenza 6685 - non è inquadrabile in una condotta episodica che può
sfuggire al controllo di un genitore, ma comporta una modifica stabile della
meccanica del motoveicolo, che l’esercente la potestà avrebbe potuto e dovuto
verificare, tenuto anche conto che trattasi di un’operazione non inusuale e la
cui facile realizzabilità è notoria. Né può - conclude la Suprema Corte - il
genitore esercente la potestà eludere i propri obblighi di vigilanza adducendo
la non coabitazione con il minore, peraltro dimorante nella medesima città”. Il
genitore, lasciatecelo dire, avrebbe fatto bene ad educare meglio il proprio
figlio, anziché ricorrere contro chi gliel’ha fatto tornare a casa, vivo.
(ASAPS) |
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