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Articoli 04/05/2007

Passeggero senza cinture: in caso di incidente il conducente è sempre responsabile

Da "Il Centauro"
Passeggero senza cinture: in caso di incidente il conducente è sempre responsabile

di Ugo Terracciano*



La
cintura di sicurezza? Il passeggero è obbligato ad indossarla se vuole evitare settanta euro di multa, il conducente a fargliela allacciare se non vuole finire in Tribunale. Con questa decisione (Cass. pen. sez. VI, sentenza 12 settembre 2006, n. 30065) la Suprema Corte ha affermato anche nel campo della responsabilità penale, un principio già noto in giurisprudenza civile in tema di risarcimento del danno. In sostanza chi guida l’auto, al pari del pilota d’aereo, deve assicurarsi, prima della partenza, che i trasportati abbiano osservato le regole della sicurezza a bordo poiché, in caso contrario, risponde direttamente della loro incolumità personale. La decisione ha fatto naturalmente discutere, presupponendo un potere, da parte di chi sta al volante, di ordinare un comportamento la cui inosservanza comporta, peraltro, una sanzione amministrativa direttamente irrogabile al passeggero. Infatti, l’art. 172 del codice della strada obbliga chi è trasportato, pena la sanzione di 70 euro, ad allacciare le cinture di sicurezza. Ma un conto è il rapporto tra il trasportato che non lo fa ed il vigile che controlla e sanziona, altro conto è la responsabilità di chi guida in caso di incidente. Secondo la Cassazione, qualora i passeggeri non abbiano allacciato le cinture, il conducente non deve mettersi in marcia e se lo fa, se ne assume ogni negativa conseguenza al limite della condanna penale. A sollevare il caso è stata una signora, automobilista di Asti, che in primo e secondo grado aveva riportato una lieve condanna per lesioni personali colpose. La sua negligenza stava, secondo i giudici, nell’aver omesso di controllare che tutti fossero ben incollati al sedile mediante quelli che tecnicamente si chiamano dispositivi di ritenuta. Così, quando ha perso il controllo dell’autovettura andando a collidere, le lievi contusioni del trasportato le erano state addebitate. La pena irrogata era poco più che simbolica (200 euro) ma evidentemente, la signora condannata non si capacitava di come potessero addossarle ogni addebito quando, a non osservare le norme di comune cautela ancor prima che la legge, era stata la persona trasportata la quale aveva deciso di viaggiare senza cintura. In proposito la Cassazione è stata lapidaria: “è obbligo del conducente - ha sentenziato il Collegio - verificare che i trasportati facciano uso delle cinture di sicurezza” . Ora la domanda di fondo, nel caso in esame è: con l’uso delle cinture, le lesioni si potevano evitare? Certamente sì, e su questo le parti si sono trovate d’accordo. Perciò - ha sostenuto la signora che guidava - era il passeggero che avrebbe dovuto allacciarle, dato che è un suo obbligo sanzionato addirittura per legge (art. 172 c.d.s.). Nient’affatto - ha stabilito la Cassazione - poiché la signora non avrebbe dovuto mettere in marcia il veicolo, constatato che il passeggero non aveva fatto il suo dovere relativamente all’utilizzo dei sistemi di ritenuta: senza partire non avrebbe provocato un incidente; partendo dopo aver controllato il corretto uso del sistema di ritenuta l’incidente sarebbe accaduto ugualmente ma con esiti meno gravi. In realtà, per verificare che non si tratta di un orientamento del tutto nuovo basta dare uno sguardo alla giurisprudenza di merito. All’inizio degli anni ‘90, la Pretura di Milano (sentenza, 23 gennaio 1991) aveva stabilito che dovevano rispondere del reato di omicidio colposo due conducenti di automobile i quali, nell’impegnare contemporaneamente a velocità sostenuta, alle due di notte, un incrocio con fondo stradale bagnato e semafori lampeggianti, senza minimamente curarsi se altri sopraggiungessero, si erano urtati provocando la morte di una donna priva di cintura di sicurezza, passeggera di una delle due autovetture. Nella specie, la determinazione percentuale del concorso di colpa era stata fissata nella misura del venti per cento riguardo alla violazione dell’obbligo di indossare la cintura di sicurezza e la rimanente responsabilità era stata attribuita, rispettivamente, per il settanta per cento al conducente che aveva trasgredito l’obbligo di dare la precedenza, di moderare la velocità e di far rispettare l’obbligo di indossare la cintura, e per il trenta per cento all’altro conducente che si era limitato a non moderare a sufficienza la velocità. Il pretore di Lecco poi nel 1996 aveva condannato un conducente per omicidio colposo, avendo accertato che durante l’incidente il malcapitato passeggero non indossava la cintura di sicurezza. Qualche anno dopo, il giudice di pace di Catanzaro (sentenza, 4 ottobre 2000), aveva stabilito: “posto che la cintura di sicurezza è una misura introdotta obbligatoriamente al fine di evitare il rischio di lesioni del conducente o del passeggero, risponde a titolo di concorso di colpa, nella misura del trenta per cento, il passeggero danneggiato che non abbia osservato tale obbligo”. Intorno alla maggiore o minore corresponsabilità nella colpa, tra conducente e passeggero privo di cintura, oscillerà poi la giurisprudenza civile. In questo senso è estremamente rilevante un’altra decisione della Cassazione (sentenza 11 marzo 2004, n. 4993) passata pressoché in sordina. Il caso, questa volta è tragico: l’auto esce di strada, cozza violentemente contro un muro e nel terribile impatto una giovane trasportata viene addirittura sbalzata fuori dall’abitacolo e rimane in coma per sempre. Il Tribunale di Ragusa stabilisce che una piccola percentuale (5%), è da ascriversi all’infortunata che non indossava la cintura, il resto della responsabilità viene invece ascritta al conducente che, peraltro, dal sinistro era uscito solo con qualche graffio. In appello, a Catania, le percentuali di colpa vengono riviste: trenta all’infortunata, il resto al conducente. Piuttosto articolati saranno poi i motivi del ricorso in Cassazione. Tra questi, di rilievo, c’è la contestazione della sussistenza di colpa dell’automobilista. Ritorna lo stesso ragionamento: il codice della strada obbliga il passeggero ad allacciare la cintura e se non lo fa è lui che si assume il rischio di maggiori danni e più gravi lesioni, oltre che di essere direttamente sanzionato (salvo si tratti di minore) dalla polizia stradale. E se la colpa è tutta sua si applica l’art. 1227, comma 1 del codice civile, secondo cui il danneggiato non può ottenere il risarcimento quando lui stesso sia stato causa del danno. Qui però, secondo la Cassazione, il problema della violazione al codice della strada ed il principio della responsabilità aquiliana sono da tenersi ben distinti: il passeggero pagherà la multa, ma deve essere al tempo stesso indennizzato per la parte di responsabilità che non ha, che poi è la più cospicua.

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Tra le forme della colpa (cioè della negligenza rilevante ai fini del diritto) non c’è solo quella specifica, per inosservanza delle leggi, ma anche quella generica, che nel caso di specie consiste nell’essersi messo il conducente in marcia senza pretendere che la ragazza allacciasse la cintura. Certo, un po’ di colpa si attribuisce a chi non ha utilizzato gli strumenti di ritenuta, ma questa cooperazione colposa, ricorda la Corte, non interrompe il nesso causale fra condotta del conducente e danno, né, come la Cassazione aveva già avuto modo di affermare (sentenza 1816/1982), vale ad integrare un valido consenso alla lesione patita, dal momento che si verte in materia di diritti indisponibili. In altre parole, non è che chi non indossa la cintura acconsente tacitamente al danno. Infine, la Corte, recentemente aveva sciolto un altro nodo intorno alla questione: quello del trasporto di cortesia. Non appariva del tutto giusto che, oltre ad aver fatto un favore concedendo un passaggio all’infortunato, oltre al fatto che lui stesso, l’infortunato, non aveva protetto adeguatamente la propria incolumità omettendo di allacciare la cintura, a pagare alla fine dovesse essere il conducente generoso. In materia di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli - ha detto la Cassazione nella sentenza 31 Ottobre 2005, n. 21115 – l’art. 2054 cod. civ. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia, ovvero contrattuale (oneroso o gratuito); in particolare, per vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054, primo comma, cod.civ. il conducente del veicolo deve fornire la prova positiva di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nella specie, la Corte Suprema ha cassato la sentenza di merito, rilevando che, da un lato, l’esistenza di una insidia stradale, risultante da un’altra sentenza relativa agli stessi fatti, non costituiva accertamento idoneo ad escludere la responsabilità del conducente, né poteva dirsi raggiunta la prova liberatoria a suo carico per il solo fatto che il soggetto rimasto ferito nel sinistro, trasportato a titolo di cortesia, indossasse le cinture di sicurezza allacciate, corrispondendo ciò ad una elementare regola di prudenza imposta per legge. Andando alle conclusioni, un po’ come nel codice della navigazione, il conducente è il capitano del veicolo, responsabile della sicurezza interna come della rotta.

* Funzionario della Polizia di Stato
e
Docente di Politiche della Sicurezza Presso l’Università di Bologna

Da “Il Centauro” n.111

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di Ugo Terracciano

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Venerdì, 04 Maggio 2007
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