Corte
Costituzionale CIRCOLAZIONE STRADALE - INFRAZIONI AL CODICE DELLA STRADA - RICORSO AL GIUDICE DI PACE AVVERSO IL VERBALE DI ACCERTAMENTO - PROPONIBILITÀ DA PARTE DEL TRASGRESSORE (O DEI SOGGETTI COOBBLIGATI IN SOLIDO) "QUALORA NON SIA STATO EFFETTUATO IL PAGAMENTO IN MISURA RIDOTTA NEI CASI IN CUI È CONSENTITO" - CONSEGUENTE INAMMISSIBILITÀ DEL RICORSO PROPOSTO DOPO IL SUDDETTO PAGAMENTO. (Ordinanza n. 46 del 20 febbraio 2007 - man. infond.) ORDINANZA N. 46 ANNO 2007 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE COSTITUZIONALE
ha
pronunciato la seguente ORDINANZA nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo
codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed
integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, promosso con ordinanza del 20
giugno 2005 dal Giudice di pace di Gorizia nel procedimento civile vertente tra
Mario Bevilacqua ed il Prefetto di Gorizia, iscritta al n. 137 del registro
ordinanza 2006 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2006. Visto l’atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di
consiglio del 24 gennaio 2007 il Giudice relatore Franco Gallo. Ritenuto
che il Giudice di pace di Gorizia, con ordinanza del 20 giugno 2005, emessa nel
corso di un procedimento di opposizione ad un verbale di contestazione di
violazioni del codice della strada, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis,
comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27
giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto
2003, n. 214, «nella parte in cui, a pena di inammissibilità, prevede che il
ricorso al giudice di pace competente per territorio può essere proposto dal
trasgressore o dagli altri soggetti indicati nell’art. 196, qualora non sia
stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito»; che, quanto alla non manifesta
infondatezza, il rimettente rileva che la censurata disposizione, non
consentendo al destinatario del verbale di contestazione, nel caso in cui abbia
effettuato il predetto pagamento in misura ridotta, di proporre il ricorso
giurisdizionale, contrasterebbe con l’art. 3 Cost., perché determinerebbe una
ingiustificata disparità di trattamento tra detto destinatario ed i soggetti
che, pur avendo pagato la sanzione amministrativa irrogata con
ordinanza-ingiunzione, possono proporre ricorso al giudice di pace; che infatti, sottolinea il giudice a quo, il pagamento in misura ridotta
non costituisce acquiescenza al verbale di contestazione, perché diretto
esclusivamente ad impedire che tale verbale acquisti efficacia di titolo
esecutivo; che la censurata disposizione violerebbe
anche l’art. 24 Cost., perché impedirebbe a chi ha effettuato il pagamento in
misura ridotta di agire in giudizio; che, quanto alla rilevanza, il giudice a
quo osserva che l’opposizione dovrebbe essere dichiarata inammissibile, ai
sensi del denunciato art. 204-bis, comma 1, del codice della strada,
perché, nella specie, il ricorrente ha effettuato il pagamento in misura
ridotta della sanzione amministrativa pecuniaria indicata nel verbale di
contestazione; che è intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata
manifestamente infondata, perché su di essa la Corte costituzionale si è già
pronunciata nel senso della non fondatezza con la sentenza n. 468 del 2005. Considerato che il Giudice di pace di Gorizia dubita,
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità
dell’art. 204-bis, comma 1, del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno
2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214,
nella parte in cui prevede che il ricorso al giudice di pace, in opposizione al
verbale di contestazione di violazione del codice della strada, non può essere
proposto dal trasgressore o dagli altri soggetti indicati nell’art. 196 dello
stesso codice, qualora sia stato effettuato, se consentito, il pagamento in
misura ridotta, e cioè pari al minimo edittale della sanzione prevista per
l’infrazione; che, ad avviso del rimettente, la
disposizione censurata determinerebbe una ingiustificata disparità di
trattamento tra la posizione di chi, destinatario del suddetto verbale di
contestazione, paghi la sanzione in misura ridotta e quella di chi,
destinatario di un’ordinanza-ingiunzione per violazioni del codice della
strada, effettui il pagamento della sanzione pecuniaria inflitta; che, sottolinea il giudice di pace, solo
nel primo caso e non nel secondo il pagamento della sanzione pecuniaria
preclude la proposizione del ricorso giurisdizionale; che, inoltre, la medesima disposizione
violerebbe l’art. 24 Cost., perché impedirebbe di agire in giudizio a chi ha
effettuato il pagamento in misura ridotta; che questione analoga a quella sollevata
dal rimettente è stata già dichiarata non fondata da questa Corte con la
sentenza n. 468 del 2005; che con tale pronuncia si è escluso che la
censurata disposizione violi l’art. 3 Cost., perché il pagamento in misura
ridotta è un beneficio «offerto al contravventore in funzione deflattiva dei
procedimenti contenziosi, sia amministrativi che giurisdizionali, alla pari di
analoghi istituti presenti in altre discipline processuali», con la conseguenza
che «la situazione di chi non si avvale del rimedio del gravame per lucrare il
beneficio» – consentendo alla norma di raggiungere il suo effetto deflativo
consistente nell’impedire l’insorgere di qualsiasi contenzioso avverso il
verbale di contestazione – non può essere posta a raffronto con quella di chi,
invece, «si avvale del rimedio»; che non può indurre a conclusioni diverse
l’osservazione del rimettente, secondo cui il pagamento in misura ridotta non
costituisce acquiescenza al verbale di contestazione della violazione, perché
tale pagamento sarebbe diretto esclusivamente ad impedire che detto verbale
acquisti efficacia di titolo esecutivo; che infatti, nel caso di pagamento in
misura ridotta, l’interessato manifesta proprio la volontà di prestare
acquiescenza all’accertamento della responsabilità per le violazioni contestate
(come affermato dal diritto vivente e, in particolare, dalle sentenze della
Corte di cassazione n. 3735 del 2004 e n. 2862 del 2005) e, quindi, di non
impugnare il verbale, restando irrilevante che a ciò si sia eventualmente
indotto al fine di impedire che il verbale di contestazione acquisti efficacia
di titolo esecutivo «per una somma pari alla metà del massimo della sanzione
amministrativa edittale e per le spese del procedimento» (art. 203, comma 3,
del codice della strada); che diverso è il caso del pagamento a
séguito di ordinanza-ingiunzione, perché l’interessato, in quest’ultima
ipotesi, ha già instaurato un contenzioso amministrativo che riguarda proprio
il verbale di contestazione, con ciò dimostrando la volontà di non fruire del
beneficio e di accettare il rischio che tale procedimento possa concludersi con
un’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una somma non inferiore al doppio del
minimo edittale per ogni singola violazione contestata (art. 204, comma 1, del
codice della strada); che, pertanto, la scelta del legislatore
di attribuire l’effetto di precludere il ricorso giurisdizionale solo al
pagamento in misura ridotta, e non anche al pagamento della sanzione inflitta
con l’ordinanza-ingiunzione, si giustifica per il fatto che la suddetta
finalità deflativa può essere compiutamente realizzata soltanto nella prima
ipotesi e non nella seconda, nella quale non è stata prestata acquiescenza ed
anzi è già stato instaurato un contenzioso; che la medesima sentenza n. 468 del 2005
ha escluso la denunciata violazione dell’art. 24 Cost. sulla base del rilievo
che «la scelta tra pagare in misura ridotta (e cioè la somma pari al minimo
edittale della sanzione pecuniaria prevista per l’infrazione) ed impugnare
invece il verbale» costituisce il risultato «di una libera determinazione
dell’interessato, il quale non subisce condizionamenti di sorta», in quanto,
«qualora opti per l’esercizio del diritto di azione, non per questo è
destinato, necessariamente, a subire un aggravamento della sanzione
pecuniaria»; che, dunque, poiché il rimettente non
prospetta profili diversi da quelli già presi in esame o comunque tali da
indurre questa Corte a modificare il precedente orientamento, la questione deve
essere dichiarata manifestamente infondata. Visti
gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2,
delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. La Corte
costituzionale dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis,
comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27
giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto
2003, n. 214, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
dal Giudice di pace di Gorizia con l’ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 5 febbraio 2007. Depositata in
Cancelleria il 20 febbraio 2007. |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
© asaps.it |