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Articoli 08/11/2006

Scippi in motorino

 


La strada non nasconde solo le insidie che conducono a un crash. Ve ne sono altre, meno frequenti ma comunque ordinarie, soprattutto se ci si avventura in certi vicoli di certi quartieri di certe grandi città. Alludiamo agli scippi in motorino. Non diciamo anche in certe ore del giorno, perché in quei luoghi, rinomati ed elettivi per questo tipo di scippi, la cosa può accadere in qualsiasi momento. Attenzione, però. Non tutti gli scippi sono uguali sul piano giuridico. C’è una vera e propria graduazione penale dello scippo, una scala con cui il legislatore ha misurato questa criminalità spicciola ed estemporanea, che da sempre è opera di guappi, diseredati, ubriaconi e perdigiorno.
Le conseguenze dipendono anche dalla bravura dello scippatore, se sa farlo con eleganza, “senza colpo ferire”, oppure se lo fa con modalità grossolane e, purtroppo, a volte anche pericolose. Ma non solo di bravura si tratta.
Partiamo dall’ipotesi più benevola, quella del furto con destrezza (semplice circostanza aggravante prevista dall’art. 625 n. 4 codice penale). Cos’è la destrezza?
Se guardiamo all’etimo, questa parola sembra derivare, con tutta probabilità, dal greco dexòs, abile, pronto. Alcuni etimologisti, poi, ricollegano questa parola alla radice daks (sanscrito), da cui il verbo daks-as, daks-ami, che significa muoversi, affrettarsi, essere valido e attivo e, guarda caso, anche colpire.
 D’altronde, “destra” è anche la mano che all’uomo, di regola, è più congeniale per esprimersi e badare a sé (scrivere, mangiare e tante altre cose). E ancora, guarda caso, la destra è anche la mano che sta dalla parte del fegato. Sarà allora un’altra coincidenza il fatto che si dice “avere fegato”? Non sono soltanto sottigliezze, queste. Osserviamo infatti che anche la Cassazione si è spesa generosamente per interpretare questo dato lessicale nudo e semplice, “destrezza”, e dargli il significato più calzante alle modalità e al contesto in cui può maturare un furto particolare (alias, scippo). “Destrezza” è stata quindi definita “una particolare abilità dell’agente, anche espressa tramite astuzia e rapidità, tale da menomare apprezzabilmente la capacità difensiva e la vigilanza del proprietario della cosa”, per cui sussiste l’aggravante quando “la condotta di sottrazione e di impossessamento del bene si realizzi mediante approfittamento, previo attento studio dei movimenti della vittima, delle condizioni più favorevoli per cogliere l’attimo del momentaneo distacco dal proprietario dalla borsa e, dunque, di una condizione di attenuata difesa” (Cass. 15262/2005). Oppure, è stata definita “particolare agilità o sveltezza, con mosse o manovre particolarmente scaltre, tali da eludere la sorveglianza dell’uomo medio, impedendogli di prevenire ire la sottrazione delle cose in suo possesso” (Cass. 10184/2005).

 
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foto da Quotidiano.net
All’“agilità” e “sveltezza” la Suprema Corte aveva già fatto riferimento in epoca meno recente, parlando, contestualmente, anche di “callido artificio ed atteggiamenti, mosse e manovre particolarmente scaltre ed ingannevoli, tali da eludere la pur vigile attenzione dell’uomo medio impedendogli di prevenire la sottrazione delle cose in suo possesso opponendovisi tempestivamente ed in costanza di fatto” (Cass. 13491/1998). Più genericamente, la destrezza era stata anche definita “quella condotta significativamente volta all’approfittamento di una qualunque situazione di tempo e di luogo idonea a svisare l’attenzione della persona offesa, distogliendola dal controllo e dal possesso della cosa” (Cass. 3763/1998). La Corte, peraltro, aveva anche chiarito che per integrare l’aggravante della destrezza, “non si richiede necessariamente l’uso di una eccezionale abilità, per cui il derubato non possa in alcun modo accorgersi della sottrazione; basta invece che si approfitti di una qualsiasi situazione soggettiva od oggettiva, favorevole per eludere la normale vigilanza dell’uomo medio, poiché ciò costituisce espressione già di quella maggiora criminosità, in vista della quale la legge ha disposto un inasprimento della pena” (Cass. 919/1995).
Riassumendo, quindi, l’abilità qui in questione non è una peculiare dote del reo, una bravura innata o acquisita nell’approfittare del momento o della situazione favorevole (o anche nel propiziarla), ma è l’approfittamento in sé, la condotta intesa a cogliere l’attimo, qualsiasi comportamento o atto significativamente volto al carpe diem, indipendentemente dalla capacità del soggetto di approfittare. D’altronde, sarebbe improponibile un’indagine, o anche una semplice riflessione, tesa a chiarire se ci si trova di fronte a un soggetto che, senza essere un acrobata, un saltimbanco o uno stuntman, abbia comunque, di suo, riflessi particolarmente reattivi, prontezza e quant’altro. Non occorre, in altre parole, che sia uno di quei borseggiatori che operano su autobus e metropolitane affollate e operano come veri e propri maghi a far scivolare il palmo della mano all’interno delle giacche per sfilare i portafogli. Basta che il colpo riesca, anche solo per circostanze esterne, oppure che sia stato ideato un colpo che presuppone l’attimo favorevole e l’approfittamento. Siamo già nella destrezza.
La destrezza c’è anche in un furto consumato con una strategia precisa, indipendentemente dalle doti di motorista, di equilibrista o di funambolo del reo. Ipotizziamo che, per creare l’occasione, il reo, ad esempio, dica a una signora seduta su una panchina: “Guardi che suo figlio si sta mettendo nei guai, là su quell’altalena…”. La donna, allertata, si alza e momentaneamente lascia incustodita la borsa sulla panchina, il ladro l’afferra e si allontana correndo. Risultato: furto con destrezza. Qui prevale Ulisse su Achille. Dunque, destrezza qui richiama, più correttamente, il concetto di avere il destro per, ossia il momento buono per, non tanto la capacità o la bravura. Se invece si causano danni (ad esempio, la borsa viene strappata, determinandone una lacerazione), si realizza il delitto di furto con strappo, figura autonoma di reato ai sensi dell’art. 624 bis cp (introdotta dall’art. 2 della legge 128/2001: prima lo strappo era previsto come circostanza aggravante
 , con l’azione traumatica, si causano danni anche alla vittima, ricorre invece la rapina impropria (art. 628 cp). Ha specificato la Suprema Corte che si ha furto con strappo “se lo strappo con violenza si esercita esclusivamente sulla cosa, anche se, a causa della relazione fisica tra persona e cosa, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla persona”, mentre invece, “se la cosa è particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, sì che la violenza necessariamente si estende alla persona, in quanto l’agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa”, ricorre la rapina (Cass. 7386/1991, idem, in precedenza, Cass. 615/1989 e Cass. 298/1990).
Sembra quindi di capire che, se vi è un accenno di colluttazione o di resistenza da parte del possessore, si consuma una rapina, mentre invece il semplice strappo che, per la sua fulmineità, causi, ad esempio, in modo istantaneo, un’escoriazione o una lussazione alla vittima senza che questa abbia accennato ad una reazione, realizza il furto con strappo e, contestualmente, anche il reato di lesioni volontarie (magari aggravate dal nesso teleologico riferibile al furto). Come pure si avranno furto con destrezza e lesioni se, ad esempio, si preleva al volo una borsa dal cesto di una bici, la bici si sbilancia e il ciclista cade e si fa male. Una vera e propria escalation criminale, dunque, che molte volte si decide nella concitazione e nelle circostanze del momento, e che, nello stesso momento dell’azione, possono essere del tutto imprevedibili. Il ladro, quindi, dovrà sperare anche nella fortuna, per cavarsela con la sola ipotesi, meno grave, di furto con destrezza. Sfortuna che, però, a volte può essere anche madornale e paradossale.
Come successe circa sei anni fa a un tizio che decise di afferrare al volo una valigia che si trovava nell’atrio di un aeroporto e darsela gambe, così tanto per fare qualcosa. Il proprietario della borsa era in quel momento impegnato in un’intervista ed era un componente della squadra di atletica degli Stati Uniti, appena sbarcata. Si trattava di Maurice Greene, allora primatista mondiale dei centro metri con il tempo di 9”79. Greene deve aver detto all’intervistatore qualcosa del tipo: “Scusate un attimo…”, in pochi metri rincorse e acciuffò il ladro afferrandolo per la collottola. Giuridicamente, si trattò di tentato furto con destrezza da parte del ladro più sf…ortunato del mondo.



* Gip presso il Tribunale di Forlì
  


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di Michele Leoni
da "il Centauro" n. 106
Mercoledì, 08 Novembre 2006
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