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Corte di Cassazione 14/08/2006

Giurisprudenza di legittimità - Depenalizzazione – Pluralità di violazione amministrative – Violazione compiute con una sola azione od omissione – Artt. 23 e 25 c.d.s . Concorso formale – Sussistenza

(Cass. Civ., sezione II, 24 novembre 2005, n. 24787)

Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Civile
Sez. II, 24 novembre 2005, n. 24787

Depenalizzazione – Pluralità di violazione amministrative – Violazione compiute con una sola azione od omissione – Artt. 23 e 25 c.d.s . Concorso formale – Sussistenza.

La violazione, con un’unica condotta, dell’art. 23 del codice della strada, che vieta la collocazione sulla sede stradale e sulle sue pertinenze, o in prossimità della stessa, di «insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione», e del successivo art. 25, che vieta, invece, di utilizzare «con proprio impianti ed opera», senza autorizzazione dell’ente proprietario, la sede stradale e le relative pertinenze, integra un’ipotesi di concorso formale di illeciti amministrativi, la quale è configurabile ogni qual volta le singole disposizione di legge violate, essendo rivolte a tutelare interessi giuridici obiettivamente diversi, non siano tra loro in rapporto di specialità.    

Svolgimento del processo. – La Polizia Municipale di Firenze contestò a M. A. R., che, nelle circostanze di luogo e di tempo nel dettaglio specificate, aveva «installato un impianto pubblicitario» in una pertinenza stradale, senza l’autorizzazione del Comune, la violazione sia dell’art. 23, sia dell’art. 25 del codice della strada.

Il prefetto rigettò, il 22 maggio 2001, il ricorso proposto da M. A. R. il 5/6 febbraio 2001 contro il secondo dei due verbali a lei notificati.

Con la sent4enza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Firenze ha rigettato l’opposizione proposta da M. A. R. contro l’ordinanza prefettizia.

Ha in particolare affermato che tale opposizione era stata tempestivamente emessa, e che tra due norme del codice della strada innanzi indicate non è configurabile il rapporto di specialità affermato dalla ricorrente, per la diversità degli interessi protetti.

M. A. R. chiede la cassazione di tale sentenza, per tre motivi.

La Prefettura di Firenze non si è costituita.

Svolgimento della decisione. – Con il primo motivo del suo ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per aver affermato che la sua opposizione è stata proposta contro il primo dei due anzidetti verbali, mentre invece è stata proposta contro il secondo; e dunque che la statuizione con cui il Giudice di pace di Firenze ha confermato l’ordinanza prefettizia relativa al primo verbale non risponde alla sua domanda. La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata è, per tale ragione nulla, e denunzia violazione dell’art. 112 del codice di rito.

La censura è inammissibile.

L’errore che si sostiene essere stato commesso dal giudice di pace è, tenuto conto della sua pronunzia (il cui momento esenziale è l’affermato concorso formale delle due norme innanzi dette, e dell’esclusione di un rapporto tra di esse), un mero ed evidente errore materiale, che non può essere denunziato con il ricorso per cassazione.

Con il terzo motivo del suo ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per aver apoditticamente affermato che l’ordinanza prefettizia è stata tempestivamente (ossia nel rispetto dei termini previsti dall’art. 204 del codice della strada) emessa; e denunzia al riguardo omessa motivazione.

Anche tale censura è inammissibile, perché da quanto riferito dalla ricorrente nel suo ricorso, relativamente alla data in cui propose ricorso al prefetto e alla data in cui quest’ultimo emise la sua ordinanza, risulta all’evidenza il rispetto del detto termine; e perché nulla al riguardo la ricorrente ha argomentato nel suo ricorso, o riferito di aver argomentato nella sua opposizione proposta innanzi al giudice di pace.

Con il secondo motivo del suo ricorso M. A. R. censura la sentenza impugnata per aver affermato che con un’unica sua azione ella ha violato entrambi i divieti sanciti dalle norme del codice della strada di cui le è stata contestata la violazione, escludendo che tra di esse esista un rapporto di specialità; e denunzia violazione dell’art. 9 della legge n. 689 del 1981, sostenendo che tale rapporto invece esiste, e ponendo l’accento sulla circostanza che le due violazioni sarebbero conseguenza del «medesimo fatto».

La censura è infondata.

Il concorso formale di due violazioni si caratterizza per il fatto che le due o più violazioni di legge sono commesse con un unico comportamento. E tale concorso è configurabile tutte le volte in cui tra le norme incriminatrici non esiste un rapporto di specialità.

Tale rapporto è da escludere quando sia diversa l’obiettività giuridica degli interessi protetti dalle diverse norme (cfr. in particolare la sentenza di questa Corte n. 5047-2005), come per l’appunto nel caso di specie, essendo evidente, dalla lettura dell’art. 23 e dall’art. 25 del codice della strada, che con il primo si vieta la collocazione (sulla sede stradale e sue pertinenze, ma anche in prossimità delle stesse) di «insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione»; mentre con il secondo di far «uso della sede stradale e relative pertinenze (e soltanto di queste)… con propri impianti ed opera», senza autorizzazione dell’ente pubblico proprietario.

Nulla sulle spese, perché l’intimata non ha svolto attività difensiva. (Omissis). [RIV-0605P616]


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Lunedì, 14 Agosto 2006
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