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Articoli 19/08/2017

di Lorenzo Borselli (*)
Spagna, altri attacchi, altri morti
La Rambla era sicuramente un obiettivo. È stato fatto tutto il possibile per salvarla?
La responsabilità è dunque politica? E in Italia?

(ASAPS) Barcellona, 19 agosto 2017 – Atteniamoci ai fatti. L’Isis ha perso il 60% del suo territorio: le varie coalizioni internazionali, nel bene e nel male, hanno messo alle corde il califfato.
Le città di Da’esh, quelle che avevano innalzato il vessillo nero tra la Siria nord-occidentale e l’Iraq occidentale, cadono una dopo l’altra e con esse vacilla il sistema di riscossione di tasse, di espropri e del contrabbando di petrolio; cade, insomma, l’organizzazione economica voluta dal leader salafita Abu Bakr al-Baghdadi per sostenere lo Stato islamico.
Ma questo è il fronte militare.
Tra il 2014 e il 14 luglio 2016, data della strage di Nizza, gli attentati di matrice islamica nel mondo hanno avuto quale denominatore comune l’impiego di terroristi addestrati, armati di fucili d’assalto e di esplosivi, dotati di logistica e di complicità.
Che si sia trattato di foreign-fighters di ritorno, costretti a rimpatriare dalla debacle militare al fronte, di cellule dormienti o di lupi solitari, poco cambia, perché il risultato è stato sempre puntualmente centrato, con la precisione di un bombardamento chirurgico: morti, feriti, immagini choc in giro prima sui social media e poi sui media tradizionali. Quindi, paura, o più propriamente Terrore, di giacobina memoria: il 14 luglio 2016, 228 anni dopo la presa della Bastiglia, la Francia e l’intero mondo occidentale provano una nuova forma di panico, consistente nella prima applicazione pratica dei consigli di Abu Muhammad Al Adnani, il portavoce del califfo al-Baghdadi, poi fortunatamente ucciso – prima di altri proclami – in un raid aereo su Aleppo giusto un anno fa.
Era stato lui a diramare un video nel quale chiamava a raccolta tutti i musulmani nel territorio dei Crociati (il nostro), appellandosi alla loro fede affinché utilizzassero ogni strumento possibile per ammazzare i miscredenti. “Condanniamo ogni musulmano che abbia la possibilità di versare una singola goccia di sangue crociato – disse – e che non lo faccia con un ordigno esplosivo, un proiettile, un coltello, un’auto, una pietra o anche uno stivale o un pugno”.
Dopo le stragi parigine di Charlie Hebdo e del Bataclan, ecco il tir bianco sul lungomare di Nizza, sotto le cui ruote rimasero 86 morti e 303 feriti, molti dei quali orribilmente mutilati: sono seguiti Berlino, il 19 dicembre 2016 (12 morti e 48 feriti), Londra, il 22 marzo 2017 (6 morti e 36 feriti), Stoccolma, il 7 aprile 2017 (5 morti e 15 feriti), Manchester, il 22 maggio 2017, dove un kamikaze è tornato alla vecchia scuola facendo 22 morti, 120 feriti e 14 dispersi, vaporizzati con lui al deflagrare della cintura esplosiva che aveva indosso;  ancora Londra, il 22 giugno 2017, dove un furgone ha prima travolto i passanti e poi, una volta scesi, i tre terroristi a bordo hanno accoltellato chi era rimasto in piedi, facendo 8 morti e 48 feriti prima di essere abbattuti dai Firearms di Scotland Yard.

È poi toccato al pavimento decorato della “rambla” di Barcellona veder scorrere il sangue innocente di 14 vittime e di un centinaio di feriti, a cui ha fatto seguito il lungomare di Cambrils, un centinaio di chilometri a sud, dove gli unici morti sono stavolta quattro terroristi, tra cui il killer della Rambla, tutti abbattuti dai Mossos d’Esquadra; in un altro raid a Turku (Finlandia), nella notte del 18 agosto, un islamico ha accoltellato a casaccio nella folla, facendo 2 morti e 6 feriti.
Dunque, l’appello di Al Adnani non è rimasto inascoltato.
Le analisi delle vite dei terroristi rivelano che non si trattava di integralisti cresciuti nelle scuole islamiche del califfato, ma di soggetti apparentemente normali, tutti con un passato da pregiudicati e delinquenti di bassa leva, nel cui animo è improvvisamente scattato qualcosa, come se ciascuno di loro fosse collegato a un radiocomando azionato secondo una logica che ci è oscura, ad accezione del terrore che deve scatenare con la sua attivazione.
Di cosa si tratti, toccherà agli esperti dei servizi di sicurezza e della magistratura, ma a noi tocca il compito di provare a fare un’analisi di ciò che è accaduto e di ciò che potrebbe accadere se il dito sul comando attivasse un fighter dormiente in Italia.
È evidente che l’intelligence italiana funzioni, ma è altrettanto vero che l’Italia, almeno fino a questo punto, ha potuto sicuramente contare sul fattore di neutralità rappresentato dall’essere, nella strategia dell’invasione di cui Da’esh non fa mistero, la testa di ponte dello sbarco, così importante dal non dare seguito ai tanti proclami di attacco a Roma, simbolo della cristianità e capitale dei Crociati.
La nuova strategia del governo, in particolare quella del ministro dell’Interno Marco Minniti che ha ristabilito il confine marittimo, grazie anche alle indagini della Procura di Trapani sul ruolo di alcune Ong ed alle richieste del procuratore capo della città, potrebbe oggettivamente far scattare la necessità da parte dell’Isis di mandare un segnale a Roma.
Eccoci chiamati in causa.
Cosa non ha funzionato a Barcellona?
Perché, diciamolo chiaro, qualcosa non ha funzionato: intanto, la strada pedonale per eccellenza, in una delle capitali europee di cultura e architettura, simbolo di cristianità e di modernismo (la Sagrada Familla è solo un esempio), meta di famiglie e punto di partenza del turismo dello sballo per chi vi approda o atterra, diretto a sud nella Costa Brava, è affiancata nel chilometro e 200 metri della sua lunghezza da due corsie aperte al traffico veicolare.
Ai lati delle due corsie vi sono altrettanti marciapiedi, con negozi e locali frequentatissimi, che dalla piazza di Catalogna al Porto Vecchio si aprono a un dedalo di viuzze e altri negozi e locali.
Perché il governo locale non ha seguito il consiglio di Madrid di pedonalizzare o almeno installare barriere che impedissero l’accesso di veicoli al piano pedonale?
Non era chiaro che nemmeno un plotone d’esecuzione avrebbe potuto impedire ad un furgone lanciato in velocità di percorrere almeno qualche centinaio di metri prima di essere fermato, o di doversi fermare (come è poi accaduto) e di lasciarsi dietro una carneficina?
A questa domanda non è facile trovare risposte: secondo alcuni, il “no” alle richieste dell’Interno nazionale sarebbe dovuto al cattivo sangue che corre con Madrid; per altri la ragione sarebbe di carattere economico e sigillare al traffico la Rambla avrebbe significato ridurre i guadagni di una città che vive soprattutto di turismo.
Eppure, il rischio era già al massimo livello, anche alla luce dell’esplosione di Alcanar, dove il tritolo che avrebbe dovuto rendere più terrificante l’attentato (un altro furgone era stato noleggiato dai terroristi) era stato innescato per sbaglio, facendo collassare la palazzina dove la cellula aveva tessuto i propri piani.
Dunque, se così fosse, alla reazione composta e ben organizzata dei Mossos d’Esquadra, la polizia regionale catalana, ben addestrata e ben equipaggiata, “padrona” del territorio, bonificato in pochissimo tempo, si contrapporrebbe un madornale errore di sottovalutazione del rischio.
Giusto o sbagliato?
In Spagna, il 112 funziona davvero. In Italia no, ed alle centrali operative ancora quasi tutte in capo alle rispettive forze di polizia, nazionali e a ordinamento locale, fa eco il numero unico, smistato solo grazie a un software.
In Spagna ciò è stato reso ancora più semplice dal fatto che solo i Mossos sono entrati in azione, ma tutti gli agenti di tutte le polizie hanno una radio portatile individuale su una sola frequenza, tutti indossano giubbotti antiproiettile sempre, e tutti gli operatori sono abituati ad operare in simbiosi con colleghi sconosciuti, anche di altre forze, grazie ad addestramenti e protocolli comuni.
Dunque, poniamo noi una domanda: siamo pronti?
La risposta deve darla la politica.

(*) Sovrintendente Capo della Polizia di Stato
Responsabile per la Comunicazione di ASAPS
lorenzo.borselli@asaps.it


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Tocca alla politica cambiare marcia: lo dice lo studio dell’Asaps sull’evoluzione del Terrore e dei suoi adepti (ASAPS)

Sabato, 19 Agosto 2017
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