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L'amico ubriaco, il tragico schianto: "Mio figlio è morto, nessuno ha tolto la patente a chi guidava"

Carlo Ruvolo, 22 anni, è rimasto ucciso dopo uno scontro frontale nel settembre 2014. Era seduto sul sedile passeggero. Chi era al volante, nonostante un tasso alcolemico di 2.45, ha continuato a guidare per 2 anni, prima di essere fermato nuovamente ubriaco. Ora il processo, i genitori chiedono giustizia
I genitori di Carlo e il fratello Andrea

"Era completamente ubriaco e nonostante ciò non si è mai pentito o scusato per avercelo portato via. Ma nessuno gli ha ritirato la patente, consentendogli di continuare a girare tranquillamente in auto. Una mina vagante. Com'è possibile?". Da quasi tre anni la famiglia di Carlo Ruvolo, pur sapendo di non potere riportare indietro le lancette dell'orologio, si tormenta su questo interrogativo e denuncia numerose anomalie emerse nel corso di processo per omicidio colposo (ancora non era stato introdotto il reato di omicidio stradale ndr). Il loro ragazzo, cresciuto quasi due metri in 22 anni, è morto prima che finisse l'estate 2014 in un tragico incidente in via Messina Marine. L'auto sulla quale viaggiava come passeggero si è scontrata frontalmente con un'altra vettura. Ora alla sbarra ci sono i conducenti dei due mezzi.

Carlo si trovava in auto con un suo amico, l'allora 31enne Giuseppe M., che quella sera aveva bevuto parecchio ad una festa: l’unico esame fatto in ospedale, infatti, aveva evidenziato un tasso alcolemico pari a 2,45 grammi per litro. Nonostante ciò la sua patente, quatomeno allora, non era stata né ritirata né sospesa. Tanto che, nel giugno 2016, il ragazzo è stato nuovamente fermato ad un posto di blocco. Per la stessa infrazione dell'articolo 186 del Codice della strada, i carabinieri hanno avviato l'iter per il ritiro della patente.

La sentenza del processo era attesa per metà maggio, ma il giudice ha disposto un rinvio finalizzato all'acquisizione della perizia dell’ingegnere incaricato per chiarire meglio la dinamica. "Non ci fermeremo davanti a nulla - spiega a PalermoToday la famiglia Ruvolo, che si è costituita parte civile - perché vogliamo giustizia. Chi non si pente e continua a mantenere atteggiamenti irresponsabili, è come se fosse un kamikaze a quattro ruote. Qualcuno qui ha sbagliato e ha delle responsabilità. Per quale ragione chi ha commesso un errore del genere, e non si è neanche pentito, avrebbe dovuto farla franca in questo modo rischiando di fare altri danni?". Pur di avere risposte non hanno concluso la transazione con l'assicurazione in quanto ritengono che i soldi non restituiranno mai una vita umana.

L’INCIDENTE - La tragedia risale al 7 settembre 2014. Carlo, giovane canoista ribattezzato il “gigante buono” per via dell'altezza e della sua indole, si trovava sulla Peugeot 106 di Giuseppe, con il quale era andato alla festa di un loro amico al locale Casa Cuba, in via Messina Marine, dalla quale tornarono intorno alle 3. “Ricordo - si legge nel verbale delle dichiarazioni rilasciate dal 31enne due settimane dopo l'incidente - che era stata una serata piacevole, avevamo ballato e bevuto un po’, e dopo un paio di ore, siamo andati via. Mi sono messo alla guida, Carlo era sul sedile anteriore lato passeggero. Arrivati all’altezza del civico 817, ricordo solo che, mentre mantenevo la mia destra ho visto avvicinarsi dei fari di un altro veicolo che arrivava in direzione opposta alla mia. Da quel momento in poi non ricordo nulla, ho perso i sensi e al mio risveglio mi trovavo al Buccheri La Ferla". Lo scontro con una Land Rover, guidata da un ragazzo che si trovava in compagnia di altri due amici, fu violentissimo. Per Carlo non c'è stato nulla da fare.

ACCERTAMENTI ED ESAMI - Poco dopo il violento impatto sono intervenuti i soccorritori del 118 e la polizia municipale, che sul posto - date le circostanze - non ha effettuato alcun controllo relativo al tasso alcolemico dei conducenti dei due mezzi coinvolti. Giuseppe, che era al volante nell'auto dove c'era Ruvolo, è stato trasportato in ambulanza al pronto soccorso. I medici erano stati allertati dell’arrivo di un giovane in evidente stato di ebbrezza alcolica. "Per motivazioni strettamente mediche - si legge nelle dichiarazioni rilasciate due settimane dopo dalla dottoressa che lo ha preso in cura - abbiamo proceduto all’acceso venoso e all’effettuazione di un prelievo ematico finalizzato alla valutazione del tasso alcolemico, per verificare se il suo stato psicofisico fosse dovuto all’eccessiva ingestione di alcol o se fosse dovuto a traumi cranici conseguenti al sinistro”.

Giuseppe, era particolarmente agitato - ha aggiunto la dottoressa - e non collaborava. L’esame di primo livello ha rivelato un tasso alcolemico di 2,45 grammi per litro (oltre la terza fascia, la più alta, che va dagli 1,5), mentre la Tac ha dato esito negativo. Nel frattempo il giovane si era addormentato e il personale sanitario, non ravvisando pericoli imminenti, ha preferito lasciarlo dormire e fargli firmare il consenso al prelievo ematico e urinario successivamente. Quando il 31enne stava cominciando a riaprire gli occhi il medico si è messo in contatto con il pm di turno per chiedere se fosse necessario trattenerlo in ospedale ricevendo però una risposta negativa. Poi il prelievo di tre campioni di urina, rimandando ad un secondo momento - come da procedura imposta dalla direzione ospedaliera - il prelievo ematico finalizzato all’esame dell’etanolo.

Una volta sveglio, e dopo aver saputo della morte di Carlo Ruvolo e dell’arrivo del nonno della vittima, Giuseppe ha cominciato ad agitarsi, rendendo impossibile il prelievo e necessario l’intervento della polizia. Proprio durante quel parapiglia che rischiava di bloccare il pronto soccorso è riuscito ad allontanarsi, tanto che il verbale per le dimissioni è stato firmato dalla sorella. Sia i passeggeri sia il conducente dell’altro mezzo sono stati sottoposti agli esami - ma questa volta all’ospedale Policlinico - che hanno dato esito negativo. Non è stato, invece effettuato il narcotest per stabilire se l’automobilista avesse assunto stupefacenti o meno.

PATENTE INTATTA - Quella sera non è stato possibile effettuare alcun controllo sul conducente della Peugeot, che è riuscito in qualche modo a sfuggire all’esame di secondo livello. Un dettaglio non da poco se si considera che, così facendo, la sua patente è rimasta ancora per un anno e mezzo nel suo portafogli. In una relazione integrativa la polizia municipale aveva precisato: “Appare opportuno precisare in tal senso che in ragione delle indagini esperite sulla metodologia scientifica dell’accertamento relativo al tasso alcolemico di Giuseppe M., lo scrivente non ha ritenuto di potersi procedere alla contestazione immediata del verbale (attesa la duplice natura amministrativa e penale della sanzione), demandando l’eventuale sanzione accessoria della sospensione o dell’eventuale revoca a conclusione di eventuale dibattimento o comunque di sentenza di condanna da parte dell’autorità giudiziaria”. A distanza di tempo dal comando di via Dogali confermano quanto scritto nella relazione: "Il materiale probatorio non era sufficiente e dunque abbiamo rimandato la sanzione accessoria al dibattimento o all’eventuale condanna penale".

ANOMALIE E DENUNCE
- Da quella notte la vita della famiglia Ruvolo, che si è costituta parte civile nel processo contro i due automobilisti, è stata stravolta. "Pretendiamo solo che venga fatta giustizia - dice Paola, la madre del ragazzo deceduto - perché non possiamo accettare che Carlo non ci sia più e i responsabili continuino serenamente la loro vita, uscendo come se non fosse mai successo nulla, bevendo e mettendosi ancora alla guida. Non è mai venuto a scusarsi o a mostrare pentimento. Nonostante la proposta transattiva pervenutaci dalla compagnia assicurativa già nel 2015 non abbiamo ritenuto opportuno la conclusione della stessa bensì costituirci parte civile per ottenere giustizia dato che i soldi non potranno mai restituirci il nostro angelo".

Negli ultimi due anni, per mantenere viva la memoria e cercare di colmare il vuoto, la famiglia ha organizzato diversi memorial ed eventi dedicati ai più piccoli, finanziando anche momenti di aggregazione all'insegna dello sport, una delle più grandi passioni del "gigante buono". "Siamo pronti a denunciare tutti - spiega l’avvocato Maurizio Di Marco - perché la polizia municipale si sarebbe dovuta limitare a ritirare la patente e inviare tutto in Prefettura, così come stabilito dall’articolo 186 del Codice della strada. Sono tante le anomalie che riscontriamo e per le quali possiamo ipotizzare i reati di rifiuto e omissione di atti d’ufficio se non addirittura l’abuso d’ufficio".
 

da palermotoday.it


Una brutta storia fatta di alcol, morte e patente mai ritirata. (ASAPS)

Lunedì, 12 Giugno 2017
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