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di Lorenzo Borselli*
Omicidio stradale, un anno dopo
Convegno a Verona per fare il punto sulla legge 41/2016
La cronaca di una giornata che ha analizzato con numeri e valutazioni una legge discussa che sta dando però i primi importanti risultati

Il tavolo dei relatori

 

(ASAPS) VERONA, 24 marzo 2017 – Si è tenuto al palazzo della Gran Guardia, pieno centro di Verona, con l’Arena che faceva attenta guardia, un convegno seminariale organizzato dal comune di Verona e dall’Asaps, con il comandante della Polizia Minicipale, Luigi Altamura (apprezzatissima penna de Il Centauro) a fare gli onori di casa, forte anche del patrocinio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.


Il format non è stato quello solito, merito probabilmente del moderatore, il giornalista di Quattroruote Mario Rossi, bravissimo non solo a legare un intervento all’altro – segno di grande padronanza della materia – ma anche nel dare pepe alla giornata, che rischiava di diventare il solito polpettone. Più avanti spieghiamo.

 

Il pubblico in sala

 

Al tavolo dei relatori, Giandomenico Protospataro, funzionario del Servizio Polizia Stradale e apprezzato autore di testi e prontuari, Luigi Altamura, comandante del corpo veronese ed ex funzionario Polstato, l’avvocato Beniamino Migliucci,  Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, il procuratore capo di Rovereto e “oriundo” veronese Aldo Celentano, Stefano Guarnieri, vice presidente dell’associazione Lorenzo Guarnieri Onlus e il nostro presidente Giordano Biserni. Il vice ministro ai trasporti Riccardo Nencini, vecchia conoscenza dell’ASAPS, ha chiuso i lavori, aperti dal vero padrone di casa, il sindaco Flavio Tosi, che non ha mancato di dire la sua. “Sono orgoglioso di ospitare una manifestazione così importante - ha detto Tosi inaugurando il convegno – che celebra il primo anno di vita di una legge etica. Alcuni, oggi, sostengono che si tratti di una norma errata e che le pene siano eccessivamente elevate. Ebbene, io dico che questa legge ha corretto uno sbaglio, perché uccidere una persona al volante non può essere considerato semplicemente un errore. Si tratta di un crimine e come tale va sanzionato. È questo il suo valore educativo – ha concluso il sindaco Tosi – e vedrete che i comportamenti sulla strada diverranno più disciplinati e rispettosi della vita altrui. Non dimentichiamoci mai delle famiglie che hanno perduto qualcuno in un modo così barbaro. Lo Stato non deve abbandonarle e loro non devono sentirsi abbandonati dallo Stato. Certo, ci sono criticità, ma saranno corrette, ne sono sicuro”.

Luigi Altamura, Comandante Corpo Polizia
Municipale di Verona
Il sindaco di Verona Flavio Tosi


In platea era presente anche l’onorevole Alessia Rotta, quota PD, sostenitrice della prima ora.
I lavori sono entrati così subito nel vivo e Mario Rossi non ha perso tempo, introducendo l’intervento di Giandomenico Protospataro, ricostruendo il percorso della Legge 41/2016.
Il compito del funzionario era quello di illustrare i dati della sinistrosità italiana, almeno quelli della Polizia Stradale, per cercare di capirne intanto l’andamento (visto che nel rapporto ISTAT 2015 la mortalità era tornata a crescere del +1,5%) e per verificare se, alla luce dei segnali di miglioramento già noti per il 2016, l’entrata in vigore della legge su Omicidio e Lesioni stradali avesse potuto contribuire, in chiave preventiva (ricordate l’effetto “patente a punti”?) alla riduzione del numero di vittime.

Intanto, diciamo subito che il 2016 è stato un anno migliore, con 87 vittime in meno (-5%), almeno tra gli incidenti rilevati da Polizia Stradale e Carabinieri: al dato dovrà essere aggiunto il “malloppo” numerico delle Polizie Locali, che rilevano da sole il 66% dei sinistri, ma anche su quel fronte le notizie dovrebbero essere buone.
“Siamo lontani dal raggiungimento degli obiettivi europei – ha detto il dottor Protospataro – però siamo comunque in diminuzione. Dico subito che è un dato troppo esiguo per dire che l’introduzione delle legge sia stata determinante alla diminuzione, ma certamente la norma ha retto la prova dell’equilibrio, vista la scarsità di arresti e denunce effettuati ed elevate nei confronti di soggetti indagati per omicidio e lesioni stradali. Chi si aspettava di vedere in manette centinaia di persone è rimasto deluso”.

Il vice questore ha dunque proiettato – alle circa 300 persone del pubblico, in larga parte addetti ai lavori, con operatori di polizia, magistrati e avvocati – una lunga serie di slides con i numeri raccolti ed elaborati dalla Specialità relativamente al periodo compreso tra il 25 marzo 2016 e il 12 marzo di quest’anno: 52.208 incidenti, di cui 677 mortali e 21.840 con lesioni, mentre i sinistri con soli danni a cose rilevati sono risultati essere 29.691. In tutto, per omicidio stradale, sono state arrestate 16 persone, mentre i casi accertati sono stati in tutto 21. Per cinque conducenti le manette non sono scattate perché gli esiti sulle loro condizioni psicofisiche sono arrivati successivamente.
“Vi sono delle criticità importanti – ha spiegato Protospataro – che la Polizia Stradale ha segnalato al Ministro. In primis la difficoltà oggettiva dell’accertamento dello stato di alterazione, soprattutto in campo infortunistico, visto che i tempi non sono compatibili con le garanzie difensive. Inoltre, la procedibilità d’ufficio per le lesioni potrebbe produrre sovraccarichi burocratici e, infine, riteniamo che debba essere corretta l’inflessibilità delle sanzioni accessorie conseguenti alla condanna, auspicando l’introduzione della possibilità di graduarne la durata in maniera più coerente rispetto ai comportamenti. Ma il giudizio complessivo della Polizia di Stato sulla norma è positivo”.

I dati della Polizia Stradale sono in genere quelli più freschi e consentono di fare da antenna a quelli complessivi, con l’arrivo della mole di informazioni da parte delle Polizie Locali.
Per il convegno, il comandante Luigi Altamura ha portato un’importante novità, consistente nell’enunciazione di dati, freschissimi, dalle dieci principali città italiane: dal 25 marzo 2016, gli arresti effettuati per omicidio stradale sono stati in tutto tre.

“Le patrie galere – ha detto Altamura – non si riempiono con questa norma, che ora comincia farsi valutare anche grazie all’esito delle prime condanne pronunciate: abbiamo 10 anni di condanna ad un ubriaco, drogato e senza patente emessa nell’ottobre 2016 dal Tribunale di Genova, una condanna a 2 anni e 20 mesi per un ubriaco a 120 orari ad Aosta, 11 anni a Messina per due soggetti arrestati dopo un omicidio stradale commesso nel corso di una gara clandestina e, soprattutto, abbiamo responsabilità anche per genitori disattenti, tecnici di enti proprietari di strade dissestate o mal progettate, con avvisi di garanzia anche per qualche assessore. Non ci risultano – ha proseguito il comandante della Locale di Verona – problemi di incostituzionalità, non abbiamo notizia di prelievi coattivi mentre sappiamo che aumentano le autopsie, disposte dai magistrati. Quindi, le indagini iniziano a farsi serie anche per questi crimini”.
Altamura ha poi aggiornato il pubblico sulle procedure e sulle ultime novità in maniera di investigazioni, spiegando come si tutela la scena e come si utilizzano tecnologie, dalle videosorveglianze alle dash-cams ed alle scatole nere e le banche dati.
Dunque, pochi arresti. Rossi ha dunque scaldato i toni chiamando in causa Beniamino Migliucci,  presidente Unione Camere Penali, fortemente critico nei confronti della legge, che in molte interviste, parlando di “imbarbarimento del diritto penale”, aveva dichiarato che la norma era stata emanata “sotto la spinta dell'emotività e soltanto per ottenere consenso: non costituisce un deterrente, né favorisce comportamenti virtuosi, che dovrebbero essere premiati con un'attenuante”. Al contrario, aveva dichiarato a Repubblica il presidente dei penalisti, “proprio la durezza delle pene, e il rischio di subire un arresto obbligatorio, in alcuni casi potrebbe portare alla fuga e a non prestare soccorso”.

Migliucci ha spiegato di non aver cambiato idea, ma ha chiesto di voler cogliere il senso delle proprie affermazioni. “Il primo punto – ha detto – è che c’è una componente di questa norma che è simbolica ed emotiva. Qualcuno ha parlato anche di una norma mediatica. Credo che questo sia parzialmente vero, ma l’analisi di un giurista dev’essere oggettiva e obiettiva. Ebbene – ha proseguito l’avvocato Migliucci - Il legislatore deve intervenire quando c’è un vuoto legislativo che in questo settore non c’era. Prima di questa legge avevamo un articolato che prevedeva una pena da 3 a 10 anni, pari a quella della rapina, che è un fatto doloso e che prevede una violenza sulla persona. Ricordo a tutti – ha spiegato il presidente dell’Unione Camere Penali – che esiste anche la colpa cosciente, prevista al 61/3° CP, con pene potenziali fino a 15 anni alle quali potevano essere aggiunte le pene per l’ebbrezza. Il tema vero non era quello della mancanza di una norma che punisse correttamente: le norme c’erano e c’erano specifiche aggravanti. Purtroppo però il fatto legato a colpa veniva minimizzato, ma non è colpa del vuoto legislativo, ma dell’interpretazione della norma”.

Colpa dei giudici dunque?
Migliucci ha spiegato anche che l’aumento delle pene non ha mai costituito un deterrente. Anzi, secondo il suo parere, più la pena è alta, più si cerca di sfuggirne, ponendo seri dubbi sulla costituzionalità della norma, sulla quale il giudice non ha il suo ruolo discrezionale fortemente limitato.
Qualche schermaglia verbale, a questo punto, ha acceso i toni, con il presidente dell’ASAPS Giordano Biserni che è intervenuto facendo notare che nessuno dei condannati per quello che oggi è omicidio stradale, prima dell’entrata in vigore della norma, ha mai visto limitata la propria libertà personale.
Impunità?

Aldo Celentano, procuratore capo presso la Procura di Rovereto, ha detto – da magistrato – che la 41/2016 è una risposta che il legislatore doveva dare a un problema reale. “Comprendo ciò che dice l’avvocato – ha detto – ma quasi tutte le volte il cui i pubblici ministeri si sono prodigati per consegnare al giudice un insieme di fonti di prova che potessero convincerlo a irrogare una pena adeguata al comportamento degli imputati, non ci sono mai riusciti. La verità è che fino all’entrata in vigore di questa norma, la risposta repressiva è sempre stata inappropriata. Ci siamo riusciti? Non lo so – ha concluso Celentano – ma io credo che la strada sia questa. Come può lo Stato innalzare il livello di prevenzione stradale? Una volta il buon padre di famiglia pensava che innalzare il livello punitivo potesse servire. Una serie di meccanismi stanno funzionando: morti e lesioni stanno diminuendo”.
Celentano, soffermandosi sulla funzione retributiva della pena, di cui avevano già parlato anche Protospataro e Migliucci, ha anticipato in parte l’intervento di Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo e della stessa legge sull’Omicidio Stradale, costruita insieme ad ASAPS ed all’associazione Gabriele Borgogni.
Guarnieri, autore di un intervento lucidissimo, ha spiegato perché le vittime abbiano bisogno dello Stato. “Anche oggi parliamo sempre della condanna del reo – ha detto – ma nessuno parla mai di noi, di quelli che restano. Stalin diceva che milioni di morti sono una statistica, ma una morte è una tragedia. Ecco, parliamo un po’ anche della tragedia”.
I fatti sono questi: il 2 giugno 2010 Lorenzo Guarnieri 17 anni viene ucciso, a Firenze, da un uomo che percorre una strada contromano, in sella al suo scooter, in stato di ebbrezza per alcol (1,6 g/l dopo 3 ore dall’evento) e cannabinoidi. Nessuno lo arresta, la legge non lo prevede. Sarà condannato a 2 anni e 8 mesi ed alla sospensione della patente per tre anni.
“Per mio figlio non c’era nemmeno un lenzuolo adeguato”, ha detto Stefano Guarnieri, prima di rivolgersi a magistrati e avvocati in sala. “Toglietevi le toghe e pensate per attimo al male che questi fatti generano alla società. È un fatto che gli amici di Lorenzo hanno trovato intollerabili queste circostanze: contromano, ubriaco e drogato, uccidi e torni a casa? Piero Passerò, questo il nome dell’uccisore di Lorenzo, mettendosi ala guida in quelle condizioni aveva 600 probabilità in più di uccidere qualcuno e dopo averlo fatto torna a casa?”

Guarnieri ha poi mostrato a tutti il portafoglio di suo figlio ed ha spiegato che se l’uomo che gli ha portato via Lorenzo gli avesse rubato il portafoglio, avrebbe avuto la stessa pena.
Ecco. La legge è nata così, con un percorso di analisi che ha consentito di stabilire che in Italia, la pena media per omicidi colposi è di 1 anno e 1 mese, secondo i dati istat e che su 52mila detenuti, solo 193 sono dentro per quel reato.
“Che le pene ci fossero già – ha sbottato Guarnieri – è una favola. Non c’erano. Ed a chi dice che la nuova legge intaserà i tribunali e le procure, rispondo coi dati. Secondo i numeri forniti dalla Polizia Stradale, che parla di circa 600 casi all’anno per omicidio e lesioni, e quelli prevedibili delle polizie locali, che potrebbero essere 5.000, non arriveremmo a 6.000. in Italia, ci sono 600mila notizie di reato all’anno. Dico solo che le vittime esistono, ci sono e vogliono tornare a vivere, ma per farlo devono essere riconosciute tali, deve essere loro chiesto scusa, devono essere risarcite e devono sapere che qualcuno è stato punito”.

Il turno del presidente dell’ASAPS è arrivato subito dopo. L’intervento di Biserni è iniziato col ringraziamento a tutti coloro che hanno sostenuto la lunga battaglia, passando poi alla stilettata contro i detrattori della Legge. “Una parte della politica – ha detto – è passata dall’essere difensore di Abele a difensore di Caino. Siamo consci che la legge stabiliva pene congrue, ma quando abbiamo fatto il percorso parlamentare e abbiamo parlato soprattutto con parlamentari avvocati o giudici, dov’erano tutti questi giuristi se la legge da loro fatta fa così schifo? Dopo aver ricordato i numerosi casi di impunità di fatto come gli omicidi ad opera di ubriachi del sovrintendente della Polizia Stradale Pier Luigi Giovagnoli o il piccolo Gionatan a Ravenna, Biserni ha domandato dov’è che tutti quei pirati e ubriachi drogati stanno scontando le pene? E ha concluso con “stasera metterò una candelina sulla torta per il primo compleanno della legge n.41”.

Non è una legge di pancia – ha aggiunto Biserni – e questa critica , non l’accettiamo”, spiegando che da qualche tempo l’ASAPS è stata riconosciuta parte civile nei processi per Omicidio Stradale legati ad alcol e droga. Stasera metterò una candelina sulla torta”.
Infine, Riccardo Nencini,
“Possiamo smentire una cosa – ha detto il vice ministro ai trasporti – e cioè che è vero che c’è stata una forte pressione delle associazioni, ma non era una pressione di categorie numericamente rilevanti. Non c’è una ragione elettorale o di pancia. No. La norma esisteva, però nella sua applicazione non funzionava. Spiegatemi perché la legge oggi non dovrebbe funzionare”.
 

*Responsabile della Comunicazione Asaps
e Consigliere Nazionale

 



Mercoledì, 29 Marzo 2017
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