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Quei ragazzi morti in bici a Londra
Filippo e Lucia, uccisi in pochi giorni

Lucia Ciccioli appena promossa andava al lavoro: «Amava le due ruote» Filippo Corsini era erede di una nobile famiglia toscana. Otto i ciclisti morti in 10 mesi
Lucia Ciccioli e Filippo Corsini

Cento ciclisti sdraiati sull’asfalto, accanto alle biciclette. «Stop», si legge sui loro cartelli. «Smettete di ucciderci». La protesta era stata organizzata per Lucia Ciccioli, 32 anni, italiana che nella capitale britannica aveva trovato lavoro, casa e un’infinità di amici. Nel giro di una settimana, invece, sulle strade della città si è spento un secondo ragazzo italiano, Filippo Corsini, 21 anni, erede di una nobile famiglia toscana. Otto vittime in dieci mesi, due italiane. Troppe per «Stop Killing Cyclists», l’organizzazione che ha chiesto al sindaco Sadiq Khan di bandire immediatamente i camion dal centro di Londra, troppe per Khan, che vuole subito un sistema a punti che escluda i mezzi più pericolosi, troppe per Londra. Troppe per le famiglie devastate.

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Lucia e Filippo erano ciclisti esperti e attenti. Lucia, raccontano i colleghi del ristorante Carluccio di South Kensington dove aveva lavorato fino a qualche giorno fa, andava sempre a lavorare in bicicletta. «Le piaceva molto mettersi in sella dopo una giornata di lavoro, lo trovava riposante». Un cliente che la ricorda sorridente e simpatica sottolinea che Lucia era conscia dei pericoli delle strade, ma «sapeva cosa faceva».Proprio come Filippo, che stando a testimoni oculari si era collocato all’esterno del camion che lo travolto. Prima di girare aveva indicato le sue intenzioni mettendo fuori il braccio destro, proprio come vogliono le regole. L’autista non lo ha visto. Il camion era tedesco, aveva il volante a sinistra.

Erano ragazzi con sogni e aspirazioni. Lucia aveva trovato un nuovo lavoro, più lontano da casa, presso un ristorante vietnamita, un impiego che rappresentava una promozione da cameriera a semi manager. Aveva deciso che sarebbe andata in treno. Quel giorno, invece, ha preso nuovamente la bici ed è finita sotto un camion. Filippo aveva appena cominciato un corso di laurea in affari internazionali presso la Regent’s University. Era uno studente apprezzato e diligente. «La nostra è un’università piccola, siamo come una famiglia», ha detto il rettore Aldwyn Cooper. «Siamo tutti sconvolti, Filippo ci mancherà molto».

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Come Filippo, Lucia lascia il vuoto nelle vite degli amici. «Era una persona straordinaria», dice Stefano Mastromo. «Era come un raggio di sole», racconta Chiara Bellingeri. Dove Lucia e Filippo hanno perso la vita la gente porta mazzi di fiori. Sui social media si moltiplicano i messaggi di cordoglio. L’università di Filippo ha voluto una messa al Brompton Oratory. Nell’atrio dell’ateneo c’è un libro per le condoglianze. «Lo daremo ai genitori», spiega il sito.

 

La sicurezza dei ciclisti è un tema di cui Londra si occupa attivamente, con uno stanziamento di 300 milioni di sterline per l’ampliamento della rete di piste «segregate», ovvero separate dai mezzi a motore da un mini marciapiedi. È un progetto che ha trasformato l’Embankment, la strada lungo il Tamigi dove oggi il traffico è per il 52% composto da ciclisti, e zone come Walthamstow, già soprannominata mini-Olanda. I ciclisti aumentano, ma il costo umano rimane pressoché invariato. Dieci decessi nel 2015. Un bilancio tragico.

di Paola De Carolis
da corriere.it


 

Anche Londra è una città a rischio per i ciclisti. Otto morti in 10 mesi di cui i nostri due compatrioti. 10 vittime lo scorso anno. (ASAPS)

Venerdì, 04 Novembre 2016
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