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Irlanda, Paese prodigio: -14% di vittime nel 2015. A Dublino il record, con -41,4% rispetto al 2014
La situazione europea: tra luci e ombre l’Italia non se la passerebbe nemmeno troppo male, ma…

Di Lorenzo Borselli
Foto di repertorio dalla rete

(ASAPS) Forlì, 14 aprile 2016 – Mentre in gran parte d’Europa i tecnici della sicurezza stradale si scervellano per capire verso quali orizzonti puntare per invertire la purtroppo generalizzata tendenza della crescita – alla quale si oppone il dato ancora incoraggiante di Spagna, Regno Unito e Danimarca – in Irlanda si guarda con ottimismo al futuro. Il 2015 mandato da poco in archivio, infatti, ha fatto segnare un dato migliore del 14% (!) rispetto al 2014: alla fine il bollettino ha registrato 166 vittime, facendo segnare un tasso di mortalità tra i più bassi dell’intero continente, pari a 43 uccisi per milione di abitanti, contro un a media europea di 51. C’è da dire che l’Eire è una nazione di modeste dimensioni, che supera di poco i 4 milioni e mezzo di residenti, e quindi il bilancio finale di ogni anno resta fortemente legato agli eventi plurimortali, ma ciò che incoraggia moltissimo e che comincia a far parlare di modello irlandese è il fatto che proprio nella cerchia del più grande reticolo urbano del paese, quello di Dublino, che è stata rilevata la diminuzione maggiormente marcata.

Nella capitale, infatti, nel 2015 sono stati accertati 17 decessi stradali, contro i 29 del 2014 (-41,4%). A proposito di Europa: un rapporto targato UE che riassume il livello di decremento della mortalità tra il 2010 e 2014 e che ha come scopo il monitoraggio dei progressi in chiave del traguardo decennale del dimezzamento delle vittime entro il 2020, piazza l’Irlanda al 23esimo posto, ma la fucina di dati che sono stati magistralmente riassunti dalla Commissione, devono essere necessariamente commentati. Non ci soffermeremo troppo, perché sappiamo benissimo che nel 2015 la situazione è decisamente cambiata in gran parte del continente e sappiamo altresì che il dato italiano non può essere preso troppo sul serio, visto che ISTAT e ACI riescono concludere l’elaborazione dei dati dell’anno precedente solo al novembre successivo. Comunque: l’Italia nel periodo 2010/2014 ha conquistato un buon 7° posto sulla riduzione del numero di vittime (-23%), preceduta da Grecia (-37%), Portogallo (-34%), Spagna (-32%), Danimarca (-28%), Croazia (-28%), Malta (-27%), Cipro (-25%) e dalla Romania (-24%). Dopo di noi ci sono Austria e Slovenia (-18%),  Finlandia e Repubblica Slovacca (-18), Polonia (-17%), Bulgaria (-16%), Ungheria, Francia e Belgio (-15%),  Repubblica Ceca (-14%), Lituania e Olanda (-11%), Germania (-8%), Irlanda (-4%), Regno Unito (-4%), Lettonia (-3%) e infine l’Estonia (-1%). Da questa speciale classifica restano fuori Svezia e Lussemburgo, che nel periodo hanno fatto piuttosto male, evidenziando un aumento rispettosamente del 3 e del 9%. La media europea è attestata al -18%.

Se il nostro livello di sicurezza stradale dovesse basarsi sull’analisi di questo dato, non ce la passeremmo certo male, ma…
Il coefficiente vero sul quale basare il livello di sicurezza stradale di un paese deve essere purtroppo valutato su un altro parametro, quello cioè relativo al numero di vittime per milione di abitanti.
Su questo fronte, il quadriennio ci vede scivolare indietro all’11esimo posto: senza infamia né lode: in questo campo, a fronte di una media europea di 51 vittime per milione di abitanti, lo stivale è attestato a 52, subito prima della Francia che, dunque, non ha fatto troppo meglio di noi. L’hit-parade è guidata da Malta (26), le cui dimensioni non possono costituire un paragone attendibile, ma subito dopo ci sono l’Olanda e il Regno Unito (28), la Svezia (29), la Danimarca (33), la sempre più sorprendente Spagna (36), e poi Finlandia (41), Germania (42), Irlanda (43) e Austria, in perfetta media europea (51). Seguono Slovenia, Cipro e Italia a pari merito (52), Francia (53), Slovenia (54), Portogallo ed Estonia (59), Ungheria (63), Belgio (64), Repubblica Ceca e Lussemburgo (65), Grecia (72), Croazia (73), Polonia (84), Lituania e Bulgaria (90), Romania (91) e  l’inquietante Lettonia (106).

Il 2015 ci racconta altre cose: che la Spagna, ad esempio, sembra destinata a guidare la classifica dei virtuosi, con un super incoraggiante -26% di vittime rispetto al 2014, con un futuro fatto di strategia e di programmi, sia sul fronte legislativo che su quello di law-enforcement e infrastrutture. Dietro di lei, però, troviamo subito Danimarca e Regno Unito: la prima marca stretto la Spagna anche nella riduzione della mortalità tra il 2010 e il 2014 (i morti danesi sono il 28% in meno, contro il -32% di quelli spagnoli), mentre il Regno Unito non ha saputo fare meglio del 4%.
Tuttavia, c’è da considerare che in Inghilterra e dintorni il livello di sicurezza raggiunto è già prossimo, soprattutto per le cosiddette categorie deboli, alla soglia fisiologia al di sotto della quale sarà sempre più difficile scendere: si consideri, infatti, che nel Regno Unito la mortalità tra gli under 18 è già la seconda più bassa d’Europa, con 7 decessi per milione, (prima di lei solo Svezia, Cipro e Olanda, a pari merito con 6 decessi). In Italia, siamo a 11 morti per milione.

Senza essere disfattisti, bisogna ammettere che la strategia italiana ha la necessità di un cambio di rotta: vedremo quanto l’effetto dissuasivo dell’annuncio sulla legge su Omicidio e Lesioni stradali e quello puramente repressivo sulla condotta dei conducenti italiani potrà contribuire ad invertire la tendenza del nostro paese che, come ricordiamo, è già cambiata proprio a partire dal 2014, quando il numero dei morti sulle nostre strade è diminuito rispetto al 2013 di uno scarno 0,6%, ricordando a tutti che l’avanzata della vita, dopo 12 anni di inarrestabile miglioramento, era probabilmente conclusa. Il rapporto parziale ISTAT pubblicato a sorpresa a dicembre 2015 e relativo al primo semestre dello scorso anno risuona come un sinistro requiem sull’ottimismo di chi ancora non ci credeva: le vittime sono cresciute del +1% e in mancanza di una nuova tattica crediamo che difficilmente potremo centrare l’obiettivo del 2020.

Quindi, cosa fare? La Pubblica Amministrazione è Centrale e Periferica e grazie agli Enti Pubblici Territoriali (Regioni e Comuni), basterebbe partire da questo: perché non mettere insieme un Comitato Nazionale della Sicurezza Stradale, ovviamente presieduto dal ministro dell’Interno o da quello delle Infrastrutture e Trasporti, e scendere poi sul Territorio con le linee d’indirizzo fatte applicare in chiave preventivo-repressiva dalle Prefetture e in chiave preventivo-educativa da Regioni, Comuni e Scuola?
Perché anche se la Legge 41/2016 (Omicidio e Lesioni stradali) è entrata in vigore (e questo statene certi, avrà il suo effetto), noi preferiremmo celebrare la vita, piuttosto che i processi. (ASAPS)

 

Giovedì, 14 Aprile 2016
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