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Sollecito di pagamento e ruolo si possono impugnare

(Commissione Tributaria Provinciale Reggio Calabria, 26 febbraio 2014, n. 855/7/14)

Nel caso in cui il contribuente sia venuto a conoscenza delle pretese del concessionario attraverso il ricevimento di un sollecito di pagamento, egli lo può impugnare anche se tale atto non è previsto espressamente dalla legge tra quelli autonomamente opponibili.

 

A tali conclusioni è giunta la Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria la quale, con la sentenza 26 febbraio 2014, n. 855/7/14 (Presidente, Dott. Vincenzo Tripodi; Relatore, Dott. Andrea Pastore), ha chiarito che “… l’evoluzione giurisprudenziale, anche del Giudice di legittimità, ha portato all’allargamento delle ipotesi di ricorribilità anche oltre quelle elencate dall’art. 19 Dlgs n. 546/92… sono impugnabili davanti alla Commissione tributaria tutti gli atti dell’Ente impositore con i quali si porta comunque a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria nei suoi confronti ... Si è infatti ritenuto che una interpretazione costituzionalmente corretta della norma su cit., prendendo come necessari parametri il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e quello del diritto alla tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.), debba comportare che non sia necessario attendere che la pretesa tributaria sia ricomunicata al contribuente, con qualcuno degli atti elencati nell’art. 19 cit., perché l’interessato possa adire le vie giudiziarie, sussistendo già il suo interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., in quanto ormai a conoscenza della sussistenza del carico tributario (Cfr., per es., di recente, Id. Sez. V, 5-10-2012 n. 17010)”.

 

I giudici, dunque, pur ritenendo di non accogliere nel merito le doglianze del contribuente, hanno voluto esprimersi su un tema ancora non del tutto chiaro e relativo a quegli atti provenienti dall’Agenzia delle Entrate e/o dal concessionario della riscossione la cui impugnabilità risulta tuttora dubbia poiché non prevista espressamente dalla legge (nel caso di specie, come già anticipato, trattasi di un sollecito di pagamento proveniente da Equitalia e dagli estratti di ruolo sottostanti).

 

Per la Commissione Tributaria, quindi, alla luce di quanto sopra illustrato “l’elencazione di cui all’art. 19 cit. si deve ormai ritenere non tassativacon la conseguenza che, nel caso qui in esame, il sollecito di pagamento de quo fosse ben impugnabile …. contenendo sia l’esplicita volontà impositiva dell’Ufficio finanziario, sia il richiamo a precedente iscrizione di ipoteca”.

 

Tale sentenza, pertanto, non può che essere accolta con piacere dal contribuente poiché sostanzialmente viene ampliata la platea degli atti ai quali è possibile opporsi così come anche le possibilità di difesa.

 

(Nota di Matteo Sances)

 

 

Commissione Tributaria Provinciale

Reggio Calabria

Sentenza 31 gennaio - 26 febbraio 2014, n. 855-7-14

 

...omissis...

IN FATTO ED IN DIRITTO

 

Con ricorso depositato il 13-9-2012 T. P. ha proposto opposizione nei confronti di Equitalia E.Tr. S.p.a. avverso 21 cartelle di pagamento per tributi vari, di cui asseritamente aveva avuto cognizione dopo che gli era pervenuto, nel giugno 2012, un sollecito di pagamento, contenente gli estratti di ruolo ad esse relative.

 

Ha dedotto, a sostegno del ricorso, l’omessa (o irregolare) notificazione delle cartelle stesse, per cui le pretese tributarie sarebbero irrimediabilmente prescritte e/o decaduto l’Ente impositore. Ha ricavato la nullità dalla circostanza della notifica effettuata direttamente dal Concessionario, invece che dalle categorie di soggetti a ciò abilitati. Ha poi aggiunto che Equitalia, su sua richiesta, aveva rilasciato solo copie fotostatiche delle notifiche in questione che, a suo giudizio, non erano conformi ai modelli di autentificazione voluti dalla legge, quindi senza valenza probatoria; che inoltre gli estratti di ruolo non erano chiari in ordine anche al calcolo degli interessi.

 

Ha infine contestato la legittimità dell’iscrizione di ipoteca, indicata nel sollecito di pagamento come avvenuta in data 26-11-2004, asserendo che si riferiva a cartelle mai notificate o notificate in modo irregolare e comunque iscritta senza il rispetto dell’art. 50, II comma, D.P.R. n. 602.

 

Ha quindi concluso per la nullità o inesistenza delle cartelle in questione, per quella degli estratti di ruolo ad esse riferite, nonché della successiva iscrizione ipotecaria; il tutto, con rifusione delle spese e competenze del giudizio.

 

Equitalia Sud S.p.a., succeduta ad Equitalia E.Tr. S.p.a., nel costituirsi, ha eccepito l’inammissibilità dell’opposizione perché concernente un sollecito di pagamento ed estratti di ruolo, atti cioè non compresi tra quelli impugnabili.

 

Ha pure eccepito la tardività delle censure mosse alla sottostanti cartelle esattoriali, evidenziando come l’iscrizione ipotecaria era riferita a crediti non tributari con conseguente carenza di giurisdizione della C.T.P.

 

Nel merito ha dedotto la regolarità delle notifiche effettuate direttamente dal Concessionario e la validità degli atti.

 

Indi il giudizio, dopo la discussione alla pubblica udienza del 31-1-2014, è stato deciso come da dispositivo.

 

L’opposizione è infondata e va pertanto disattesa per le ragioni di seguito indicate.

 

In via prodromica va disattesa l’eccezione formulata da Equitalia Sud, secondo cui sarebbe inammissibile l’opposizione perché avanzata contro un sollecito di pagamento contenente un estratto di ruolo, trattandosi, a suo parere, di due atti interni, non ricompresi nell’elenco di cui all’art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992.

 

A tal proposito è necessario chiarire che l’evoluzione giurisprudenziale, anche del Giudice di legittimità, ha portato all’al- largamento delle ipotesi di ricorribilità anche oltre quelle elencate dall’art. 19 cit.

 

Si è detto, in via generale, che sono impugnabili davanti alla Commissione tributaria tutti gli atti dell’Ente impositore con i quali si porta comunque a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria nei suoi confronti. L’atto ovviamente deve essere idoneo allo scopo, quindi deve contenere tutte le indicazioni che servono al contribuente per rendersi conto delle ragioni di fatto e di diritto sottostanti alla pretesa impositiva. Si è infatti ritenuto che una interpretazione costituzionalmente corretta della norma su cit., prendendo come necessari parametri il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e quello del diritto alla tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.), debba comportare che non sia necessario attendere che la pretesa tributaria sia ri-comunicata al contribuente, con qualcuno degli atti elencati nell’art. 19 cit., perché l’interessato possa adire le vie giudiziarie, sussistendo già il suo interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., in quanto ormai a conoscenza della sussistenza del carico tributario (Cfr., per es., di recente, Id. Sez. V, 5-10-2012 n. 17010).

 

E così già si era consentita, a suo tempo, l’opposizione al provvedimento di revoca dell’accertamento con adesione (Cass. Civ. SS. UU. 26-3-1999 n. 185) o avverso il diniego di annullamento in autotutela (Id., SS.UU., 27-3-2007 n. 7388).

 

Si è pure ammessa, di recente, l’opposizione agli estratti di ruolo, sia pur con qualche oscillazione (per la impugnabilità, per es., Cass. Civ., Sez. V, 19-1-2010 n. 724: “In tema di contenzioso tributario, anche l'estratto di ruolo può essere oggetto di ricorso alla commissione tributaria, costituendo esso una parziale riproduzione del ruolo, cioè di uno degli atti considerati impugnabili dall'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.”; contra, Id., 28-1-2010 n. 1837: “In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la prescrizione del diritto alla riscossione per essere stata la cartella esattoriale notificata oltre il termine, previsto dall'art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione, deve essere fatta valere con l'impugnazione della cartella stessa e non con quella dell'estratto di ruolo di seguito notificato, il quale non esprime una pretesa tributaria autonoma da quella portata dalla cartella, sulla quale soltanto si fonda l'azione esecutiva”; ancora, con altra prospettazione, Cass. Civ., Sez. V, 15-3-2013 n. 6610: “In tema di contenzioso tributario, l'estratto di ruolo, che è atto interno all'Amministrazione, non può essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnato unitamente all'atto impositivo, notificato di regola con la cartella, in difetto non sussistendo interesse concreto e attuale ex art. 100 cod. proc. civ., ad instaurare una lite tributaria, che non ammette azioni di accertamento negativo del tributo).

 

Su tale indirizzo, ancora Id. 25-2-2009 n. 4513 e Id 11-5-2012 n. 7344: “In tema di impugnazione di atti dell'amministrazione tributaria, nonostante l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, i principi costituzionali di buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.) e di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) impongono di riconoscere l'impugnabilità di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno specifico rapporto tributario. Ne consegue che anche la comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario”.

 

Pertanto l’elencazione di cui all’art. 19 cit. si deve ormai ritenere non tassativa (o, se si vuole, comunque passibile di interpretazione estensiva), con la conseguenza che, nel caso qui in esame, il sollecito di pagamento de quo fosse ben impugnabile davanti a questa Commissione, contenendo sia l’esplicita volontà impositiva dell’Ufficio finanziario, sia il richiamo a precedente iscrizione di ipoteca.

 

Peraltro, anche a voler applicare l’arresto di Cass. Civ. n. 6610 cit., il T. col ricorso qui in esame ha altresì censurato (oltre che gli estratti di ruolo) sia la cartella di pagamento che l’iscrizione ipotecaria al sollecito sottostanti; di talché, anche sotto tale aspetto, l’opposizione è ammissibile.

 

Ciò posto, la pretesa violazione dell’art. 26 del D.P.R. sulla riscossione, con conseguente inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento de quibus, è del tutto infondata. Quest’ultima norma statuisce che la cartella di pagamento può essere notificata anche dagli ufficiali della riscossione, oltre che da altri soggetti abilitati dal Concessionario stesso. Aggiunge poi che la notifica può essere effettuata con “invio di raccomandata con avviso di ricevimento”. Se ne inferisce, come peraltro ritenuto anche dalla Giurisprudenza di legittimità (Cfr., Cass. Civ., Sez. V, 27-5-2011 n. 11708), come sia valida la notificazione effettuata direttamente dal Concessionario, senza cioè l’intermediazione degli ufficiali notificatori; resta ferma la necessità di ricorrere all’ufficio postale, essendo espressamente indicata la modalità dell’invio della raccomandata con avviso di ricevimento. È infatti appena il caso di ricordare, senza necessità di approfondimento, non essendocene motivo per il caso qui in esame, che, come espressamente disposto dall’art. 4, comma V, D. Lgs. 22-7-1999 n. 261, il soggetto abilitato alla spedizione della raccomandata in questione è soltanto l’Ente Poste e non anche le società di posta private.

 

Consegue altresì che, trattandosi di notificazione non per mezzo degli ufficiali a ciò abilitati (ufficiali giudiziari, messi notificatori) non vi può essere spazio alla relata di notificazione, che è prevista nei casi di notifica appunto a mezzo di quegli agenti notificatori.

 

Ha però altresì contestato la regolarità delle copie fotostatiche degli avvisi di ricevimento, prodotte da Equitalia Sud, sostenendo che non fossero conformi alle disposizioni del D. Lgs. n. 82 del 2005 e succ. mod., sul presupposto che la documentazione in questione costituisca “copie analogiche di documenti informatici”.

 

Ma erroneamente il ricorrente ha ricondotto le predette copie fotostatiche a quelle su supporto informatico. Si tratta infatti di mere riproduzioni fotostatiche di avvisi postali di ricevimento, redatti e rilasciati quindi da terzi, non inviati certamente ad Equitalia con le forme della spedizione telematica con firma digitale, e che il destinatario del documento, che deve conservare in originale cartaceo, si limita a produrre in copia.

 

Ne discende allora che si tratta di copie soggette al regime di cui al codice civile.

 

A tal proposito, è noto come la giurisprudenza di legittimità sia attestata nel ritenere che non basti, per togliere valenza probatoria ad un documento prodotto in copia fotostatica, disconoscerne la conformità all’originale; occorre piuttosto che la parte indichi specificamente le ragioni per le quali la copia fotostatica non sarebbe conforme all’originale, dovendo comunque il Giudice poter delibare tali circostanze (Cfr, per es, Cass. Civ, Sez. II 30-12-2009 n. 28096: “In tema di prova documentale, l'onere di disconoscere la conformità tra l'originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l'uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell'efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive”; Id, 5-5-2010 n.10855: “Qualora venga prodotta in giudizio la copia fotostatica di una scrittura privata, l'esigenza di accertarne la conformità all'originale con tutti i mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni, insorge, ai sensi dell'art. 2719 cod. civ., solo in presenza di una specifica contestazione della parte interessata alla conformità medesima, e non anche quando sia in discussione esclusivamente l'efficacia probatoria dell'atto in relazione al suo contenuto”).

 

Nel caso in esame, l’opponente ha contestato, come in precedenza esposto, soltanto la violazione della normativa sulle copie telematiche, mentre non ha specificato in cosa consistesse la non conformità delle copie prodotte.

 

Vieppiù, l’esame di tutti gli avvisi de quibus fa emergere il contrario: non vi sono infatti segni di abrasione o sovrascrittura; non vi sono indizi di fotomontaggio; le copie sono leggibili in ogni loro parte.

 

Posto allora che va ritenuta la validità delle copie dell’avviso postale di notifica delle cartelle di pagamento se ne deve inferire che ogni eventuale censura al procedimento di riscossione, fino ad allora espletato, andasse proposta con opposizione alle predette cartelle ed è pertanto in questa sede del tutto tardiva.

 

La validità delle notificazioni in parola, cui consegue la conoscenza della pretesa tributaria da parte dell’interessato, fa sì che perdano di significato le contestazioni circa gli estratti di ruolo in quanto comunque si deve ritenere che la cartella di pagamento contenesse tutte le indicazioni idonee a metterlo in condizioni di conoscere la pretesa tributaria de qua, comprese quelle relative al calcolo degli interessi praticati.

 

Ed in ogni caso non appare conducente il richiamo alla sentenza della S.C. n. 4516 del 2012.

 

Ritiene invero questa Commissione tributaria di dover precisare gli esatti termini ed effetti dell’arresto giurisprudenziale- richiamato spesso in sede di opposizione a cartella di pagamento e posto anche dal ricorrente a base di un motivo di opposizione- di Cass. Civ., Sez. V, 21-3-2012 n. 4516. Si sostiene da più parti, e lo ha pure sostenuto il ricorrente, che la S.C. abbia in quella decisione posto il principio della nullità delle cartelle esattoriali allorquando il calcolo degli interessi imposti al contribuente sia per lui criptico, oltre modo difficoltoso, mancando la specificazione di come si sia arrivati all’importo indicato come interessi dovuti. Ma l’attento esame del decisum della Corte di Cassazione evidenzia (punto 5. della motivazione) come essa non abbia preso posizione alcuna sull’argomento, non si sia pronunciata, per la semplice, decisiva ragione che ha ritenuto il motivo di ricorso, spiegato sul punto dall’Agenzia delle Entrate, inammissibile per non aver colto nel segno. A fronte infatti della motivazione dell’impugnata sentenza della Commissione tributaria regionale, nella parte in cui, quella sì, aveva ritenuto la nullità della cartella di pagamento per mancata indicazione dei criteri con i quali si era addivenuti all’importo degli interessi ivi indicati, con violazione dei diritti del contribuente, la S.C. si è limitata a prendere atto che tale ratio decidendi non risultava minimamente “incisa” dal motivo di doglianza dell’Ente ricorrente che si era invece (erroneamente) soffermato sulla non necessità di motivare la cartella e sulla pretesa applicazione dell’art. 20 D.P.R. sulla riscossione, quindi sulla spettanza degli interessi, e non invece sulla loro modalità di calcolo. Il risultato, secondo la Corte, è stato che “il motivo, privo di specifica attinenza al decisum, (andava), quindi, dichiarato inammissibile, in conformità con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui i motivi per i quali si richiede la cassazione devono presentare, a pena, appunto, d'inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata” (Cass. Civ. cit. passim).

 

La sentenza di che trattasi, allora, lungi dall’aver esaminato il merito della censura alla statuizione della Commissione tributaria regionale, ha soltanto dichiarato inammissibile il motivo di gravame per non “riferibilità alla decisione impugnata”, senza prendere alcuna posizione sull’argomento. A parere di questo Collegio l’equivoco è dato dall’aver, da più parti, dato come per massima del Giudice di legittimità una considerazione che invece era del Giudice di secondo grado, con ogni conseguenza in ordine al c.d. principio di nomofilachia che, come è noto, spetta soltanto al primo. Tale conclusione è indirettamente asseverata, per esempio, dai siti internet “Italgiureweb” o “Dejure.it”, che riportano, quale massima della sentenza in questione, un altro argomento in essa svolto, e cioè la non necessità della indicazione del responsabile del procedimento ai fini della validità delle cartelle di pagamento emesse prima dell’1-6-2008.

 

Anche le contestazioni relative all’iscrizione ipotecaria risultano tardivamente proposte in questa sede.

 

Una volta assodato che dell’iscrizione in questione era stata data comunicazione al contribuente con raccomandata regolarmente ricevuta il 9-2-2005, ogni contestazione ad essa andava proposta nel termine di sessanta giorni da quella data; proponendola col presente ricorso la parte è incorsa in decadenza.

 

Il rigetto dell’opposizione comporta, per il noto principio della soccombenza, che le spese del giudizio siano a carico di parte ricorrente.

 

Esse vanno liquidate, come in dispositivo, secondo i nuovi parametri voluti dal D.M. n. 140 del 2012, emanato ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 2012 n. 27, trattandosi di attività defensionale ancora in corso al momento della sua entrata in vigore. Come è noto le nuove disposizioni, oltre ad aver superato la distinzione tra diritti di procuratore ed onorari di avvocato, hanno rideterminato i criteri di liquidazione, in base alle “fasi” del giudizio (studio della controversia, fase introduttiva, fase istruttoria, fase decisoria, fase esecutiva) e non più in relazione alla singole prestazioni del difensore. La novella poi, per esplicita volontà dell’art. 41 D.M. cit., si applica a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, quindi anche a quello qui in esame, in cui l’opera defensionale non era ancora esaurita al momento della decisione, essendosi conclusa soltanto con la pubblica udienza di trattazione (Cfr., in termini, Cass. Civ., SS.UU., 12-10-2012 n. 17405: “In tema di spese processuali, agli effetti dell'art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all'art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di "compenso" la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata.”, Id., Sez. III, 18-12-2012 n. 23318: “Il giudice che deve liquidare le spese processuali relative ad un'attività difensiva ormai esaurita (nella specie, cassando con decisione nel merito), deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l'attività stessa è stata compiuta, sicché, per l'attività conclusa nella vigenza del d.m. n. 127 del 2004, deve applicare le tariffe da questo previste e non i parametri sopravvenuti ai sensi dell'art. 41 del d.m. n. 140 del 2012”).

 

Le spese di lite vanno poi liquidate, tenuto conto dei criteri adottati dall’art. 11 D.M. su cit., cui va aggiunto quanto dovuto per C.P.A. ed I.V.A. come per legge.

 

P.Q.M.

 

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI REGGIO CALABRIA, SEZ. VII:

 

Rigetta il ricorso;

 

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida complessivamente in € 900,00, oltre accessori se dovuti.

 

REGGIO CALABRIA, 31-1-2014

 

IL RELATORE
(ANDREA PASTORE)

IL PRESIDENTE
(VINCENZO TRIPODI)

 

Depositata in Segreteria il: 26 febbraio 2014.

 

 

 

da Altalex

 

 

 

 

 

Mercoledì, 07 Maggio 2014
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